Cosmopolis è il tredicesimo romanzo di Don DeLillo, pubblicato nel 2003 da Scribner in America, uscito in Italia, nel medesimo anno, per Einaudi in un’ottima traduzione di Silvia Pareschi. Di recente il regista David Cronenberg ne ha tratta una versione per il grande schermo che sarà presentata al 65esimo festival di Cannes e di cui speriamo di poter parlare prossimamente.

Tutti gli avvenimenti del testo si collocano all’interno di un’unica giornata e la narrazione, che ne rende conto, si caratterizza da subito come inceppata. A incrociarsi sono due racconti, quello di una giornata di Eric Parker, principale protagonista del romanzo, e quella del misterioso personaggio chiamato Benno Lenin.

Eric Parker è un giovane miliardario, arricchitosi con la speculazione in borsa, che trascorre questa particolare e caotica giornata dell’aprile 2000 quasi tutta a bordo della sua Limousine. Il lento movimento della macchina, simbolo essa stessa del lusso, è il tentativo di attraversare una congestionatissima New York da parte a parte, per realizzare il desiderio del miliardario di tagliarsi i capelli dal barbiere che serviva suo padre nel quartiere popolare di Hell’s kitchen. Molti sono gli eventi che si inseriranno in questa vicenda e molti anche i personaggi a salire sulla macchina o ad apparire all’improvviso. Un’Odissea. Siamo di fronte a un protagonista decisamente fuori dalla norma, non solo tycoon di enorme successo a soli 28 anni, ma anche uomo di grande cultura e possessore di una mente matematica e iper-filosofica, come ci dimostrano molte sue riflessioni.

Ma non solo, questo libro sembra collocarsi su un discrimine sociale, infatti per chi ben ricorda l’aprile 2000 è stato il mese in cui si è sgonfiata la bolla tecnologica, causando grandissime perdite di titoli che sembravano essere destinati a salire per sempre di valore. Un libro che vuole, quindi, sancire la fine di un mondo fondato sul culto del denaro e del potere, che inizia la sua decadenza. Sembra particolarmente interessante da leggere, a distanza di oramai quasi dieci anni, questa lucida visione di DeLillo, proprio nel momento in cui ci rendiamo conto di come questa società abbia continuato a vivere facendo finta di nulla, non prendendo atto di un capovolgimento inevitabile e irreversibile. Una affresco, dunque, di una civiltà in stallo, i cui valori sembrano perdere di senso e che nel frattempo continua a fare finta di nulla. Nel testo possiamo trovare anche la paradossale riformulazione del motto iniziale del Manifesto del partito comunista: «C’è uno spettro che si aggira per il mondo, lo spettro del capitalismo.»

Il protagonista Eric è descritto senza simpatia da parte del narratore, portatore all’ennesima potenza della cultura del denaro e dell’ostentazione, della caduta totale dei valori e dell’umanità (non basta certo il tentativo di ritornare al barbiere e il relativo tentativo di rimettersi in contatto con il padre a riabilitarlo). Ma anche quello che potremmo chiamare l’antiprotagonista, Benno Lenin, non è meglio. Ex impiegato licenziato dello stesso Eric, lo odia profondamente, ma soltanto perché vorrebbe essere come lui e non ci riesce. Tra i due personaggi la differenza risiede solamente nel successo avuto, o meno, nella vita. Entrambi sono alla deriva, senza valori né ideologie, nella loro vita il dolore è diventato predominante.

Il narratore, onnisciente, dimostra nel testo di non voler semplicemente raccontare una storia, ma di volerci portare a riflettere, accompagnarci in una passeggiata in cui si gode una buona vista su alcuni lati dell’essere umano e della nostra civiltà. Toccando anche aspetti metafisici, ma, soprattutto, mostrandoci senza via di scampo la mancanza di valori della nostra società.

In questo libro, dedicato a Paul Auster (altro autore che ha saputo narrare New York anche se in modi completamente differenti), DeLillo dimostra di essere in grado di descrivere il mondo contemporaneo, proprio a partire dalla città di New York, ancora non colpita dall’attentato, e dall’emblema del successo, il giovane miliardario. La cupio dissolvi di quest’ultimo e le sue nevrosi, la minaccia incombente, la manifestazione no global, l’uomo che si dà fuoco per protesta. Tutti aspetti che cercano di analizzare, di dare una chiave di lettura di un mondo e di una civiltà in cui viviamo, ma capendoci sempre di meno. Naturalmente non c’è da aspettarsi risposte univoche o ricette, non son cose per la nostra epoca.

Credo si tratti di un ottimo libro, in cui solo a tratti le riflessioni metafisiche diventano un poco troppo pesanti, un poco troppo lunghe per mantenere un equilibrio con il piacere di lettura. Lo stile di scrittura appare freddo, gelido, a rispecchiare il contesto di completa vuotezza morale, non solo del protagonista ma della società in cui si muove, dinamizzata unicamente dalle ragioni dell’interesse.

Non fatevi ingannare dalla mole, relativamente ristretta: è un libro denso, profondo, realisticamente legato al vero attraverso, però, l’assurdo. Un libro da consigliare assolutamente, che coniuga il piacere della lettura alla rappresentazione del mondo in cui viviamo e della civiltà di cui facciamo parte, il tutto con un occhio freddo ma riflessivo.

Don DeLillo, Cosmopolis, Einaudi, 10,00 €