Storia delle diverse fortune di due compagni bocconiani, La cospirazione delle colombe di Vincenzo Latronico è un romanzo compatto e dal ritmo serrato, incentrato sui temi dall’ambizione, dell’incomunicabilità e del tradimento. Alfredo Cannella, figlio di un ricco palazzinaro veneziano, fallito il tentativo di iscrizione ad Harvard ripiega su Milano, dove conosce Donka Berati, albanese orfano di padre, già brillante studente ad Harvard, ma da lì cacciato per uno scandalo di tesine vendute. Folgorante l’incipit del testo:

Nasce ogni tanto un uomo o una donna che un giorno concepirà in cuore il progetto di conquistare il mondo; e poco dopo averlo concepito partirà, in cerca di un luogo dove affilare i coltelli. C’è stata la scuola ufficiali, c’è stata la corte, c’è stata la strada che dal seminario conduce alla mitra. Ma il tempo passa, le mode cambiano: in mancanza di meglio, in un secolo che ignora gli eserciti, ride del papa e ricorda i suoi re solo sui rotocalchi, il primo passo per la conquista del mondo è l’ammissione alla Harvard Corporation of America.

L’ingranaggio narrativo scatta dalle primissime pagine giocando di rimbalzo sul percorso binario dei due amici, e gradualmente diverge offrendo spazio a figure di contorno ben delineate, che danno vita alla trama di relazioni che intesse la vicenda. Tra Alfredo e Donka nasce subito un rapporto di stima e rivalità. È Donka, infatti, a divenire il prediletto del relatore comune, il prof. Corradini, barone locale, che gli fa ottenere l’ambito posto come dottorando alla Statale di Milano, con grande scorno di Alfredo il quale, sfumata la carriera accademica, dovrà impiegarsi nell’azienda di famiglia facendo i conti con un padre ingombrante e con le proprie frustrazioni.

Ma le sorti si ribaltano in un breve giro di giostra quando, dopo qualche colpo menato a vuoto, Cannella, sempre più ansioso del successo per dimostrare al padre di non essere un perdente, riesce ad affermarsi nel ramo dell’intermediazione edilizia e finanziaria. A Donka, il predestinato ora in ombra, sembra invece assegnato un destino di umilianti ripieghi finché, alla morte di Corradini, non rimane definitivamente escluso dalle nuove logiche di potere accademiche. Rimasto solo in una terra bruciata, Donka abbandona l’università e si lascia convincere dall’amico Eltjon Thika (e dai successi di Alfredo) a far fruttare le proprie competenze nel libero mercato. Più nello specifico, nel business del money transfer.

In un continuo andirivieni tra Francoforte, Cambridge, New York, Venezia e Milano, e seguendo una felice concatenazione di piani temporali calata in una narrazione dal piglio cronachistico, osserviamo così la regolare Bildung dei due protagonisti, fatta di piccole conquiste e smacchi improvvisi, e riallacciamo la vicenda del presente, che gravita attorno alle trasformazioni urbanistiche del quartiere Isola, alle fila che si diramano dall’università americana. Scopriamo così gli ambigui rapporti tra la croata Drina, ora consulente motivazionale per manager intristiti, e il ricchissimo Miles, con cui Donka e Alfredo, a loro volta, hanno a che fare in momenti cruciali della loro vita. Rapporti che imploderanno, esacerbati dalle reticenze, nel coup de théâtre finale messo in atto dal narratore, nel frattempo emerso dalle quinte del racconto in terza persona e assurto al ruolo di personaggio attivo con ampi tratti di autofiction. Già, perché a romanzo ben avviato, troviamo improvvisamente una voce che dice “io”. E il gioco dell’autofiction è felicemente ordito da Latronico senza imbarazzi, in maniera del tutto scoperta, risultando infine efficace perché strutturalmente funzionale alla vicenda. È l’occhio privilegiato del narratore che può seguire i percorsi degli amici/rivali e può intrusivamente setacciarne i pensieri perché, in fondo, è uno di loro.

È proprio la riuscita miscela tra narrazione in terza e in prima persona l’aspetto singolare del romanzo, l’elemento di coesione necessario che conferisce al narratore un ruolo insieme demiurgico e testimoniale. Perché fra le pieghe della narrazione si adattano anche brevi excursus storico-sociali, come quello sul fallimento delle finanziarie piramidali albanesi negli anni Novanta, e più distesi spazi metanarrativi che esplicitano il senso dell’operazione della voce narrante a partire dalla Teoria dei giochi, secondo cui una società di colombe in cospirazione contro i falchi risulta tanto efficace da suggerire ai falchi, alla lunga, di fingersi colombe per prosperare:

[…] I “falchi”, che in un incontro tendono a massimizzare il proprio profitto a discapito dell’altro, e le “colombe”, che preferiscono cooperare anche a costo di rimetterci qualcosa. […] Un risultato noto della teoria dei giochi è che la selezione naturale tende a privilegiare i gruppi di colombe. Benché nel singolo incontro il falco abbia la meglio, infatti, alla lunga le colombe riterranno più efficace interagire solo con altre colombe. […] I falchi, emarginati, non troveranno più nessuno disposto ad accordarsi con loro, e finiranno per estinguersi.

In questo scenario di rivalità, costellato di speculazioni edilizie e finanziarie, truffe, corruzioni, tradimenti, le figure scarnamente tratteggiate da Latronico emergono piuttosto per i loro connotati psicologici attraverso triangolazioni, come quella, amorosa, fra Alfredo, Donka e Drina, o quella, più surrettizia, tra Alfredo, Donka e il narratore. Ed è il confronto-scontro fra due personaggi l’architrave di una narrazione in cui non compaiono quasi mai scene collettive, ma dove i rapporti personali si vanno componendo in confronti tête-à-tête per ambiguità e omissioni, salvo poi rivelarsi così opachi da relegare tutte le figure in una profonda, sostanziale solitudine. Si può dunque rintracciare in questa scelta narrativa la spia che meglio ci informa della reale portata della vicenda, al di là dell’altalena di successi e cadute professionali dei due protagonisti. Attraverso questa trama di aleatorie venture, Latronico ci racconta la miseria dei rapporti umani in un gruppo di individui ossessionati dal successo.

Ed è in Donka che si condensano le suggestioni speculative di una narrazione che, come detto, inesorabilmente incede seguendo la traccia di una teoria. Un mondo alla rovescia dove le colombe, spogliate di ogni connaturata responsabilità sociale, si rivelano degli insospettabili falchi. È lui stesso a prefigurare quel che poi accadrà in uno scambio verbale col narratore: “Io sono un falco che finge di essere una colomba” (p. 153). Accade così che, consumato il tradimento di Donka nei confronti di Eltjon e Alfredo, nel finale sia Drina, forse le figura più enigmatica del libro, a stabilire la chiave di lettura dell’intera vicenda:

Quando pensiamo alla responsabilità pensiamo a un legame causa-effetto: x preme il grilletto, y viene colpito. X è responsabile del ferimento di y. Ma se accanto a x ci fosse una schiera di x1, x2,…, xn, tutti pronti a sparare al posto del primo a ogni sua esitazione, diremmo che è veramente colpa di x? […] Y sarà ferito comunque. Ma se sarà ferito comunque, non può essere la sua decisione la causa. Non sarà responsabile. […] La teoria dei giochi […] definisce “cospirazione delle colombe” una comunità che costringe i propri membri a essere massimamente responsabili delle proprie azioni. Ribaltando i termini […] quella messa in atto da x1, x2,…, xn, […] e presente ogni giorno nella nostra società, potrebbe essere detta una cospirazione dei falchi.

A colpire, della Cospirazione, è senza dubbio la scorrevolezza del testo, cui contribuisce la buona partitura di un dialogato che fa leva sulle diffuse reticenze dei personaggi, anche se ci spiace dover registrare in alcune clausole un’invadenza non attesa da parte del narratore, ai limiti dell’artificioso, così come qualche forzatura nell’impianto narrativo. Detto questo, Latronico (alla seconda prova dopo Ginnastica e rivoluzione, Bompiani, 2008) è in grado, con sorprendente maturità stilistica, di distribuire un calibrato stile semplice in una prosa smagliante e mai frivola, sfumando le ampie campiture della narrazione con un’ironia tanto sobria quanto pervasiva: il sorriso beffardo del narratore sempre più burattinaio della vicenda.

Latronico, in questo romanzo che trova nel variegato ambiente post-universitario il proprio pubblico elettivo, tocca in molti punti la carne viva dei nostri crucci, sparigliando le carte della fiction a uso e consumo del lettore, senza ombelicismi né velleità estetizzanti, consegnando di questo spicchio di società un quadro cupo non privo di umana comprensione.

Un romanzo che rimane, un autore da seguire.

Vincenzo Latronico, La cospirazione delle colombe, Milano, Bompiani, 2011, pp. 392, € 15.