Naturalmente, come mi è proprio, ho iniziato questa lettura pieno di pregiudizi: la copertina, il vestirsi sempre di nero di una ragazzina, ecc. tutto sembrava indicarmi questo libro come un libro sull’adolescenza problematica, sulla femminilità e la crescita … e l’insistenza del risvolto di copertina aumentava i sospetti: quella specificazione “in cui ciascun lettore” che sembra prevenire il pregiudizio che non sia testo per tutti e che non fa che aggravarlo.

Bene, non è così. Sofia si veste di nero di Paolo Cognetti non è di certo un libro solo per ragazzine, ragazze o donne. Anzi. Nel fascino della protagonista e nella sua complessità credo si possano riconoscere in molti. Riconoscersi e forse anche innamorarsi un po’.

Appena iniziato il libro ci si rende subito conto di quanto Cognetti sia bravo a scrivere, e lo è davvero. Mantiene uno stile semplice ma allo stesso tempo divagante e immaginifico, che gli consente di rappresentare situazioni, riflessioni e sentimenti con figure poco abituali ma decisamente efficaci, solo due esempi:  “indeciso se trovarla bellissima o mostruosa, come succede con i neonati e gli anfibi tropicali” (pag. 9); “Io pensavo che i fumatori potrebbero dividersi in due categorie, quelli che fanno attenzione al destino della loro cenere e quelli che non ci badano per niente. I secondi di solito hanno il vizio di gesticolare. I primi tendono a rovinarsi la vita preoccupandosi troppo delle opinioni altrui, e delle conseguenze delle proprie azioni.” (pag. 187). Non cito oltre per non rovinare il piacere della lettura che si nutre anche di questa visione tanto personale e creativa quanto sintetica, molto utile per rendere in poco spazio il modo di vedere di chi parla, protagonista o narratore che sia.

Una scrittura che può, d’altro canto, dare l’impressione di essere un po’ “alla moda”  e tendente a girare le situazioni a favore del proprio narratore, ma non c’è niente di male in tutto ciò. Anche perché questa tendenza è davvero funzionale allo svolgimento del testo e si rivela piacevole (siamo pur sempre all’interno di una sospensione dell’incredulità).

Sembra anche di avvertire un approccio da parte del narratore piuttosto circospetto allo svolgimento dell’argomento del testo, ma a questo punto si tratta anche di sensibilità personali e appunto di una” lettura. Come sapesse che il suo testo avrebbe potuto cadere nel cliché  al minimo passo falso dello stile.

Questo stile e questa consapevolezza consentono al testo di passare sopra ad alcuni potenziali limiti, o difetti, di argomento abbastanza evidenti. La protagonista potrebbe risultare a uno sguardo freddo, pur rielaborata, espressione di una figura di ragazza piuttosto stereotipata, un po’ lisa ed abusata. Anche la tensione alla tristezza forzata, al personaggio inquieto e dannato che si muove eroico in questo mondo freddo e inospitale risulta un po’ abusato (da poco dopo i Nirvana). Per essere proprio cattivi si può dire che Sofia potrebbe ricordare per alcuni versi, sempre a questo sguardo freddo, Daria Morgendorffer più sexy e più italiana.

Ma grazie allo stile della sua scrittura e alla struttura complessiva del testo lo scrittore riesce a condurre il lettore attraverso queste asperità (o meglio potenziali piattezze), che potrebbero presentarsi come problematiche, senza incidenti. Anche questa osservazione del resto, come per la lingua, risulta rientrare nella volontaria sospensione dell’incredulità, e il narratore con la sua lingua riesce a far sì che l’incanto non si rompa, riesce a mantenere attiva l’attenzione che tenderebbe invece a scemare naturalmente. Insomma il lettore, persino quello più sospettoso e riottoso (come me) riesce a lasciarsi andare e a seguire la narrazione.

Cognetti riesce anche a inserire frequenti riferimenti all’attualità, alla storia dei periodi in cui sono ambientate le vicende, note sociali, storiche, geografiche che rendono più realistico il racconto. Caratterizzando l’hinterland, la periferia milanese, Milano o New York nello stesso vivido modo. Un lettore nato negli ottanta, lombardo o che ha vissuto a  Milano (come me),  fa fatica a non sentire come vicina questa storia, a non percepirla come plausibile se non reale; un collage di vicende vissute da persone conosciute o comunque conoscibili.

A rimanere impressi comunque, oltre alla protagonista sono gli altri personaggi. E in fondo, finito  l’innamoramento impossibile per Sofia il lettore si trova a esserle “riconoscente come a un tramite, qualcuno che ti ha presentato a qualcun altro, una di quelle persone che ti aprono una porta e poi levano il disturbo” per usare parole del testo (pag. 185). Poi dipenderà  dalla sensibilità, dalla storia personale se a rimanere più impressa sarà la figura dell’ingegnere padre di Sofia, della madre, della zia, dell’infermiera, di Oscar … o di uno dei molti altri personaggi ben tratteggiati e che rimangono vividi in cuore e mente del lettore.

La forma dei 10 racconti semi-collegati è davvero ben sfruttata. Le vicende raccontate in ognuno di questi racconti si riallacciano, si richiamano, riuscendo a dipingere uno spaccato di vita e una realtà sociale seguendo in vario modo alcuni episodi della vita di Sofia. Forse, unica pecca strutturale, ad apparire meno sicuro è l’ultimo racconto, in cui il tono sembra cambiare, risultando non del tutto uniforme al resto del testo e forse un po’ forzato.

Concludendo si tratta decisamente un buon libro, molto piacevole da leggere. Un libro ben fatto, che costruito all’interno di una struttura già vista riesce a realizzarla in modo magistrale; un libro che sviluppa tematiche a rischio cliché senza tradirsi e cosa più importante senza tradire il lettore.

Non sono tanti i libri che riescono a combinare una visione della realtà sociale e famigliare in cui viviamo con un piacere di lettura così perfetto. Si legge tutto d’un fiato, ma non finisce tutto lì col piacere del momento, i postumi rimangono e sono i postumi che solo i buoni libri sanno lasciare: ricordi di personaggi che sembra di aver conosciuto, idee, sensazioni, emozioni e pensieri.

Paolo Cognetti, Sofia si veste sempre di nero, Minimum Fax, Roma 2012, 14 euro