Arriva il Natale, che lo sappiamo in fondo è sempre più la festa del consumismo. Ma non piangiamoci addosso, è anche un’ ottima occasione per fare un po’ di guerriglia culturale: travestire una buona lettura da regalo natalizio. Perciò io e la mia ciurma abbiamo deciso di proporvi una selezione di libri consigliati da redattori e collaboratori. Ce ne dovrebbe essere per tutti i gusti, tanto lo sappiamo: la maggior parte non li legge mica. Se qualche consiglio non vi convince, scrivetecene di vostri qua sotto. Ché i consigli servono anche a noi. (Achab)

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Luca Ghirimoldi, David Foster Wallace, INFINITE JEST (Einaudi 2006)

Un libro di cui tutti hanno parlato e che (forse) alcuni hanno letto; ma la “sfida” più appassionante è abbandonare la disamina critica e cedere al fascino, ambizioso e seducente, della scrittura di Foster Wallace, immergersi nel suo pindarico volo attraverso quella tragicommedia umana che si svolge in un certo futuro dalle parti di Boston. E capire perché il tennis ci può dire qualcosa di più di «game, set, match». Non avrete bisogno né di un dizionario medico né di un InterLace ultimo modello (anche se le due cose potrebbero aiutarvi in certi momenti, al pari delle ‘drine di Hal…), ma solo di un po’ di tempo: e se poi scopriste che Wallace è davvero bravo come dicono?!?

Cortazar cronopios

Michele Turazzi, Julio Cortázar, STORIE DI CRONOPIOS E DI FAMAS (Einaudi 2005)

Ci sono libri che fanno riconciliare con la letteratura. Compaiono inaspettati sul comodino e si fanno spazio tra una gridata novità editoriale («È il nuovo Carver: devi leggerlo ora») e un imprescindibile mattone ottocentesco («Ma come? Ancora non l’hai letto?»). Sono libriccini brevi e intensi, dove tutto è esattamente come deve essere. Storie di cronopios e di famas, pubblicato da Cortázar nel ’62, è uno di questi. È un inno alla fantasia, alla potenza creatrice della parola scritta: Cortázar dà infatti vita a mondi perfettamente razionali, ma fondati su principi assurdi, in cui l’unica regola è la libertà dell’autore e gli unici valori sono il gioco e l’inventiva. E allora, nei brevissimi sketch che compongono i vari racconti, si potranno di volta in volta trovare istruzioni per salire le scale («Le scale si salgono frontalmente, in quanto all’indietro o di fianco risultano particolarmente scomode»), famiglie che costruiscono strumenti di tortura in giardino, aggeggi meccanici del tutto inutili («il fissatigre»), uomini che vendono grida e molto altro. Ma soprattutto, nel racconto che presta il nome alla raccolta intera, Cortázar inventa i Cronopios e i Famas, curiosi esseri balzati di diritto nella storia della letteratura. L’autore non si cura di spiegarci che cosa siano; semplicemente esistono. «C’era una volta un fama che ballava tregua e ballava provala davanti alla vetrina di un negozio pieno di cronopios e di speranze», così inizia il tutto.

Giacomo Raccis, Louis Ferdinand Céline, COLLOQUI CON IL PROFESSOR Y (Einaudi 2009)

Per conoscere un fenomeno della letteratura contemporanea come Céline non è necessario, almeno non subito, immergersi (con il rischio di non ritornare più) nei flutti del Viaggio al termine della notte o nell’antiepopea della Trilogia del Nord. Si può cominciare con questo libricino (del 1955) che, nella sua brevità, è un capolavoro. Cento pagine in cui un paranoico e logorroico “Céline” trascina nel proprio delirio un intervistatore incontinente, il Professor Y. Si comincia con un’invettiva contro Gallimard, si passa attraverso la denuncia dell’invidiosa persecuzione contro il suo genio artistico (lo «stile emotivo», i «tre puntini») e si finisce con un’anarchica dichiarazione di indipendenza dal mondo. Gianni Celati, nella Nota che scrisse nel 1970 e che ancora accompagna il testo, ha parlato di «disagio e conseguente recriminazione eletti a ideologia»: quel che tutti noi facciamo. Ma non lo ammetteremo mai.

Marco Bellardi, Francesco Targhetta, PERCIÒ VENIAMO BENE NELLE FOTOGRAFIE (Isbn 2012)

Frustrazioni post-universitarie raccontate in versi dal ritmo incalzante in un romanzo dalla tensione corale, una narrazione del quotidiano dove rivivono esperienze cruciali della storia letteraria del Novecento, dove il verso, abbassato prosasticamente il proprio voltaggio, illumina la realtà di un precariato ormai dato per acquisito. In una «Padova topaia» epicentro delle disillusioni più feroci, i ragazzi qui rappresentati si dibattono nelle storture degli anni Zero, in una trincea generazionale dove «non si muove nessuno», dove l’accusa implicita verso i padri si riflette sui figli nell’epifania «all’alimentari rumeno»: «biscotti / di marche oscure fatte a somiglianza / dei Mulino Bianco ma assai più / convenienti, pensandoci / a nostra volta brutte copie viventi, / duplicati scadenti dei padri». Libro poco natalizio, ma fatevi un regalo, leggetelo.

10.GR-_Gabriele_Basilico,_Valencia_04,_1998Davide Saini, Francesco Bonami, GABRIELE BASILICO (Phaidon 2007)

Un libro che parla di città e di evoluzione urbana, un libro che fornisce attenta anatomia di uno dei fenomeni sociali più importanti del nostro secolo tramite un occhio d’eccezione. Non solo. Oltre a mostrare questo sviluppo spiega anche come e perché questo sguardo si sia fissato in un determinato modo, quali siano state le riflessioni dietro le scelte nella rappresentazione. Si tratta di un libro di fotografia, un libro che raccoglie alcune fotografie significative della lunghissima carriera del fotografo Gabriele Basilico. Questi campioni dei vari periodi della sua arte, sempre concentrata sull’urbanità, vengono affiancati da brevi ma incisive spiegazioni del fotografo stesso che dà ragione delle sue scelte e del significato che hanno. Alla bellezza delle immagini, all’importanza culturale di questo sguardo sulla modernità si somma, quindi, una riflessione lucida sulle modalità e le scelte artistiche di realizzazione. Francesco Bonami ha curato, ormai qualche anno fa, questa meravigliosa carrellata tra paesaggi urbani in bianco e nero in cui l’umano è tanto più presente in quanto ad essere assente è l’uomo. Disponibile in libreria a un prezzo più che accessibile (12.95€).

Paolo Caloni, Ennio Flaiano, DIARIO NOTTURNO (Adelphi 2012)

Ennio Flaiano fu un lucido osservatore dei costumi e dei comportamenti degli italiani. Diario Notturno  raccoglie prose brevi, aforismi e taccuini (dal ’46 al ‘56) che ci offrono frammenti di vita collettiva e singolare, in particolare dalla capitale: una Roma viziata e vissuta, stupenda e popolare, riemersa da poco dalla guerra. Ai racconti grotteschi e alle prose surreali (Lo sbadiglio, Il tunnel, Un marziano a Roma) si uniscono le riflessioni fulminee e spiazzanti di chi sapeva leggere con ironia, accompagnata dal sentimento di una perdita, l’Italia: un paese di intellettuali, commendatori, ministri, notabili e persone comuni che si nutrono e navigano nella contraddizione di una vita piena di luci, ma sottilmente inquietante. La tentazione di riportare qualche esempio è molto forte ma mi limito a segnalare solo un caso, tratto da un’intervista fittizia ad un benpensante: «Definisca scherzosamente la situazione politica in Italia. La situazione politica in Italia è grave ma non è seria». L’anno è solo il 1954.

Lorenzo Cardilli, Trevanian, SHIBUMI. IL RITORNO DELLE GRU (Bompiani 2011)

Shibumi è un libro assurdo e avventuroso. Come il suo autore: Rodney William Whitaker, alias Trevanian, fu lustrascarpe, ambulante, istruttore della marina, attore, scrittore e accademico. Con Shibumi (1979), Trevanian ha dato vita a personaggio fin troppo riuscito. Nikolaj Hel, nato nella Shanghai degli anni 30 da un’esule russa e un conte prussiano, cresce coltivando un’eccezionale disciplina fisica e spirituale. È un esperto di go, gioco tradizionale giapponese vagamente simile agli scacchi, e del “nudo uccidere”, un’arte che trasforma scatole di fiammiferi o fogli di carta in armi mortali. Dotato di una percezione quasi mistica e di una spiccata vocazione filosofica, diventa il killer più pagato del mondo, senza mai abbandonare una complicata ricerca interiore a metà tra l’estetica e l’ascesi. Ormai quasi in pensione, Nikolaj si trova a fronteggiare una pericolosa miscela di terrorismo, servizi deviati e vendetta personale. L’ambientazione spazia con disinvoltura da Tokyo ai Paesi Baschi, senza però la frenesia a cui ci abitua l’azione del grande schermo. Un thriller magistrale dal passo lento e insieme spregiudicato. Proprio come lo shibumi: «un’affermazione così precisa che non ha bisogno di essere ardita».

 

La finestra SoldatiFrancesca Salamino, Mario Soldati, LA FINESTRA (Sellerio 2005)

Fine anno, tempo di bilanci. Anche di ripescaggi. Come questo “libricino” (che è parte, in realtà di una trilogia, insieme con La giacca verde e Il padre degli orfani) ricco di domande. Un uomo e una donna, con un passato indefinito in comune, si ritrovano a Londra dopo molti anni. Da un inizio luminoso ci si ritrova in un meccanismo oscuro e inceppato, fatto di sentimenti che non sanno darsi un nome, mutati scenari urbani, vecchi ricordi, nuovi misteri, emozioni in un’età che non vi è più abituata. Non si riesce a voler male al burbero nostalgico, alla vecchina sempre ribelle e all’enigma artistico che li condurrà alla fine della vicenda. «Se pensavo a Twinkle come l’avevo lasciata vent’anni addietro e poi sempre ricordata, schietta, arguta e di gusti così semplicemente nobili che parevan popolareschi, non credevo, guardandomi attorno, ai miei occhi. Eppure, la sua lunga solitudine, popolata dalle fantasie e dal rimorso, mi spiegava anche questa corruzione; e anche di questa mi commuovevo». Da tutto ciò è possibile uscire solo affrontando i fantasmi del passato e gli interrogativi che esso porta con sé nel presente. Un po’ come questo dicembre, puntuale da buon fine anno, costringe noi a fare.

Elena Quaglia, Bruno Osimo, DIARIO AFFETTIVO DELLA LINGUA EBRAICA (Marcos y Marcos 2011)

Un bel libro da regalare per Natale. Da regalare magari a chi legge un paio di capitoli prima di crollare addormentato: i ricordi autobiografici dell’autore si dispongono in ordine sparso secondo brevi voci di dizionario. Da regalare a chi è cresciuto a Milano tra gli anni Cinquanta e Sessanta e ancora ricorda i vecchi biglietti del tram e gli autobus ordinati per lettera. Da regalare a chi voglia percorrere, tra ironia e malinconia, una ricerca identitaria. C’è di tutto in questo libro, dalla riflessione su cosa significhi essere ebrei prima e dopo la Shoah, a quella sull’infanzia, dal gusto del passato (ricette di cucina comprese) a quello per le lingue: l’ebraico, il russo (l’autore è traduttore dal russo), il “mammese”. Dovendo scegliere, regalerei questo libro proprio ad una mamma.