Limonov di Emmanuel Carrère è stato pubblicato in Italia ormai da alcuni mesi ed è un libro su cui molto è già stato detto e scritto.

Consapevoli di ciò e dell’inevitabilità di ripetere taluni concetti già espressi altrove – ma al contempo volendo evitare di dare già tutto per scontato, sottinteso e acquisito – iniziamo a parlarne ritornando su alcune delle principali caratteristiche dell’opera.

 1) Il contenuto (“Cosa”)

“Di che cosa parla” Limonov? Dell’eccezionale vicenda biografica e umana di Eduard Savenko, “in arte” Eduard Limonov.

Chi è costui? Qui la risposta non può che essere ben più lunga e articolata: del resto, l’intero volume – nel corso delle sue 356 pagine – può essere letto come il tentativo di rispondere a tale interrogativo (e la risposta sarà tutt’altro che netta e definitiva).

Il libro, come detto, racconta la storia di Limonov, scandendola per tappe, luoghi e “ruoli” di volta in volta ricoperti dal protagonista: teppista e piccolo delinquente nella plumbea periferia sovietica degli anni ’50 e ’60, poi scrittore e sarto, nonché animatore della “bohème” di Char’kov (Ucraina); poeta “underground” a Mosca nei primi anni ’70; a New York, in soli 5 anni (1975-80), rispettivamente: giornalista, frequentatore di eventi del jet-set, sbandato alcolizzato, disoccupato, omosessuale occasionale, senzatetto, nuovamente scrittore, domestico di un miliardario; autore ormai affermato (ma comunque squattrinato) nella Parigi degli anni ’80; “soldato” schierato a fianco dei miliziani serbi (i cetnici di Karadžić) nelle guerre balcaniche; nel caos della Russia post-sovietica, fondatore del “rossonero” partito nazionalbolscevico; prigioniero, nei primi anni 2000, nelle più terribili carceri russe, “salvato” dalla meditazione e dalla scrittura; figura di primo piano dell’opposizione democratica a Putin nella Russia di oggi.

Appare subito ben evidente come il “personaggio” risulti essere complesso e non inquadrabile in facili categorie ed etichette di comodo; in questo “avventuriero” (forse la parola più efficace per definire una figura tanto inafferrabile e romanzesca) convivono aspetti mutevoli, contraddittori e contrastanti: cinismo e idealismo, carisma e fragilità, culto della forza e candore, spregiudicatezza e lealtà, simpatie totalitarie (di destra o di sinistra non fa differenza: vedasi la bandiera nazbol) e spirito anarchico, disprezzo per i dissidenti dell’epoca sovietica e sostegno all’attuale dissidenza anti-Putin… E l’elenco potrebbe continuare ancora a lungo.

2) L’autore e la sua “presenza” nell’opera

Lo stesso Carrère (che di Limonov parla avendolo conosciuto personalmente) non perviene a una “definizione” totalizzante dell’uomo di cui scrive, né giunge a una conclusione definitiva su cosa dover e poter pensare di lui. Per l’autore, Limonov può essere tanto una “carogna” (parole sue) quanto un eroe, un individuo spregevole capace delle peggiori nefandezze e insieme una figura dotata di slanci, coraggio e passioni che non possono far altro che suscitare ammirazione. Fondamentale nel testo è il continuo confronto tra il personaggio e lo stesso Carrère: un confronto mai “neutro” e indifferente, caratterizzato da sentimenti forti e da considerazioni ben salde e individuabili ma, proprio per l’impossibilità di pervenire a un “giudizio” definitivo sulla figura di Limonov, in grado di lasciare libero il lettore di pensare ciò che crede e di formarsi una propria opinione. (È probabilmente superfluo aggiungere che anche il lettore oscillerà continuamente tra attrazione e ripulsa per il personaggio, senza giungere a emettere una “sentenza” che chiuda una volta per tutte la questione)

3) Genere e stile (“Come”)

Emmanuel Carrère, romanziere e sceneggiatore francese, è un autore la cui cifra stilistica si colloca prevalentemente al confine tra l’invenzione e la realtà, tra il racconto (auto)biografico e la fiction narrativa: parlando di lui si è spesso utilizzato il termine di biofiction, mentre è sua la definizione della propria arte come quella di un “ritrattista”.

Stanti questi dati essenziali, ci si accorgerà come Limonov non faccia eccezione.

Con una particolarità da precisare, però: qui di inventato non c’è sostanzialmente nulla; ciò che è realmente e profondamente “romanzesco” è la vita stessa del protagonista, che l’autore riesce a raccontarci (ripetiamolo: senza inventare nulla) con una forza narrativa e una scrittura limpida, diretta ed efficace che potrebbero essere quelle di un romanzo “d’avventura”.

L’unica possibile definizione di genere dell’opera in questione potrebbe essere quindi quella di “biografia romanzesca” (ma non “romanzata”!), ammesso e non concesso che abbia un senso e possa essere ritenuta accettabile.

Infine, l’autore sostiene di essere ricorso a uno stile “allegro vivace”, e non possiamo che essere d’accordo: le quasi 400 pagine di questo volume scorrono rapidamente, piacevoli e avvincenti. L’unico appunto che si può forse muovere è l’indulgere, in alcuni momenti, in un certo sensazionalismo iperrealistico un po’ compiaciuto: «Dopo un po’ Eduard si cala i pantaloni e lo slip, offre il culo a Chris come faceva Tanja con lui, e gli dice: ‘Fuck me‘. Chris si sputa sul cazzo e glielo infila. Anche se il cazzo è più grosso della candela, a Eduard l’allenamento è servito: non sente troppo male» (p. 127). Ma si tratta comunque di peccato veniale e, nella descrizione di certe situazioni, è effettivamente difficile pensare di utilizzare termini, concetti e stile differenti da quelli impiegati da Carrère (salvo ricorrere a eufemismi o “autocensurarsi”).

Questo per quanto riguarda gli aspetti fondamentali (e senz’altro già trattati e discussi da altri) del testo.

Ma si può aggiungere ancora qualcosa? Probabilmente sì, o almeno ci proveremo.

Molti dei contributi critici apparsi all’uscita di Limonov in Italia ne auspicavano (o addirittura, “profeticamente”, ne prevedevano) il successo. Quello che non potevano fare (per forza di cose!) era soffermarsi sull’effettivo, straordinario successo che il libro avrebbe poi ottenuto.

æèçíü îïîçèöèèAttenzione: parlando di “successo”, in questo caso non si intende il “semplice” proliferare di recensioni entusiastiche, l’aver suscitato dibattiti tra specialisti e addetti ai lavori, l’aver ricevuto premi letterari (per inciso: con Limonov Carrère ha ottenuto il Prix Renaudot in Francia e il Premio Malaparte in Italia), ecc.; bensì – oltre chiaramente a tutti questi aspetti – ci si riferisce a un grande riscontro in termini di vendite e al conseguimento di un consenso mediatico trasversale e vastissimo.

Per quanto riguarda il successo commerciale dell’opera, per settimane Limonov è stato in cima alle classifiche dei libri più venduti, online (ad esempio su ibs.it e lafeltrinelli.it) e non solo; per l’altro aspetto, basti pensare al peso degli endorsement di colossi come Corriere e Repubblica o (per la trasversalità dei consensi) al fatto che libro e autore siano stati entusiasticamente elogiati tanto da una testata come Il Giornale che da una trasmissione televisiva come Che tempo che fa.

Inevitabilmente sorge una domanda: com’è possibile che la biografia di un outsider russo (non certo noto a chissà quante persone in “Occidente”) abbia ottenuto un tale successo?

Chiaramente non si potrà dare qui una risposta definitiva e completamente esaustiva a una questione tanto complessa (chi scrive, e non per falsa modestia, non ha certo gli strumenti per risolvere hic et nunc un tale rompicapo).

Risolviamo subito e brevemente due aspetti (più o meno) acquisiti, sicuri e poco problematici.

Primo: Limonov è un libro di assoluta qualità, riuscito, efficace, ben scritto, coinvolgente e assolutamente (si perdonerà l’utilizzo di un aggettivo piuttosto banale) interessante.

Secondo: dell’opera di Carrère, come detto, si è parlato molto; dai quotidiani alla tv, dalle riviste letterarie al web, il libro ha goduto indubbiamente di un supporto utile, massiccio, importante.

Stante tutto ciò resta (a parere di chi scrive) una questione da affrontare.

Per trattare del libro di cui si va parlando e, in questo caso, per inquadrarne il successo, è più utile soffermarsi sul “cosa” (contenuti: storia, personaggio, vicende) o sul “come” (stile, genere e, aggiungiamo pure, autore) di Limonov?

Rispondiamo subito: qui pare contare in maniera inequivocabilmente maggiore il “cosa”.

Ci sentiamo infatti di escludere con una certa sicurezza che il successo – attenzione: non il valore e la qualità, ma il successo – dell’opera sia attribuibile:

a) alla “forza d’attrazione” del nome di Emmanuel Carrère (alzi la mano chi lo conosceva prima di Limonov…);

b) alla scelta del genere/forma della biografia, o all’interesse suscitato dai dibattiti sulla biofiction e sul suo apparente e discusso prevalere sulla narrativa romanzesca;

c) alle effettive, singole, minute scelte stilistiche adottate dall’autore.

Quello che realmente pare abbia potuto fare da “calamita” tra i lettori (ripetiamolo: tanti lettori) è l’eccezionale “storia” che questo libro ci racconta.

Assunto banale, semplicistico, poco specialistico e “scientifico”? Sicuramente. Ma i termini della questione non cambiano.

Ad attrarre, in questo splendido libro, è proprio la figura straordinaria, controversa, unica del suo “eroe”: un vero e proprio personaggio “da romanzo” che è però reale e vivo, che seduce e disgusta, che attrae e respinge, di cui forse vorremmo seguire l’incredibile vicenda con distacco e un filo di sufficienza, finendone invece inevitabilmente e totalmente coinvolti.

Probabilmente vicende simili ci avrebbero attratto anche in un ambito di fiction romanzesca; il fatto che siano invece le reali esperienze di un individuo “vero”, non può che accrescere l’interesse e la disponibilità a conoscerle. (Certo, che la storia – per quanto eccezionale – di Limonov abbia alimentato interesse e curiosità su così larga scala, questo resta probabilmente il principale, insondabile “mistero” di fondo).

Limonov con bandiera 2Va toccato, in conclusione, un ultimo importante punto finora non considerato.

Parlando di Limonov, Carrère offre anche un eccezionale affresco di oltre mezzo secolo di vita e realtà russa; nel libro è infatti fondamentale e imprescindibile una componente che si potrebbe definire “saggistica”, con la quale l’autore tratta uno dei contesti in assoluto più affascinanti, complessi e problematici del globo. Dal secondo dopoguerra alla Russia di oggi, passando per il “Far West” successivo al crollo dell’Unione Sovietica, sono numerosi gli spunti di approfondimento storico e di riflessione che l’autore offre sulla realtà russa, spingendo il lettore a liberarsi da preconcetti acquisiti e a interrogarsi senza pregiudizi su problemi tutt’altro che risolti e chiariti una volta per tutte.

Anche tali aspetti storico-saggistici (anch’essi parte del “cosa”) contribuiscono ad accrescere il fascino e l’efficacia di un libro il cui successo è stato, ed è, tanto grande quanto certamente meritato.

Emmanuel Carrère, Limonov (traduzione di Francesco Bergamasco), Adelphi, Milano, 2012, pp. 356, € 19