Anche quest’anno è arrivato il momento di prendersi una pausa per l’estate: partire, portare a spasso le fiammeggianti borse baleniere, prendersi del tempo per leggere al riparo delle incombenze quotidiane. E, come ogni anno, la ciurma del capitano Achab ha pensato di non abbandonare i propri lettori allo spaesamento del tempo libero: ecco quindi una scelta di letture per le vacanze, selezionate appositamente da redattori e collaboratori della Balena Bianca. Ce n’è per tutti i gusti, dal romanzo al fumetto, dalla saggistica alla poesia. Non avete che da scegliere e poi partire: e leggere.
Mario Vargas Llosa, Crocevia Einaudi 2016 (Alessandro Mantovani)
Ultimo romanzo del premio nobel Vargas Llosa, Crocevia, il cui titolo originale è Cinco esquinas, mette a fuoco fin da subito due aspetti importanti: l’originale spagnolo si riferisce ad una zona degradata e pericolosa del Barrio Alto di Lima, grande ventre e sfondo dell’azione, dove lungo tutto il romanzo si intrecciano personaggi appartenenti ai più svariati strati sociali; la traduzione italiana, invece, perde il toponimo reale a favore di una marcatura tesa ad evidenziare proprio l’entropia che sta alla base della narrazione. Le storie infatti sono molte, gestite da meccanismi d’intreccio complessi al cui centro è la vicenda dell’ingegnere Enrique Cardenas, ricattato attraverso foto compromettenti da un rotocalco al soldo del dittatore Alberto Fujimori. La Lima degli anni ‘90 diviene dunque lo specchio, tra intrighi ed erotismo, dei meccanismi contorti di un regime che, sotto la falsa bandiera della sicurezza, distrugge ogni tipo di opposizione.
Tra temi di attualità come il ruolo della stampa, fake news, libertà sessuale, il binomio sicurezza-libertà, Vargas Llosa propone un’avvincente e attuale summa dei propri temi maggiori.
Roberto Bolaño, Tre, Sur 2017 (Carolina Crespi)
«Ho sognato che era la fine del mondo. E che il solo essere umano a osservarla era Franz Kafka». Sguazza, gode e soffre nel caos il detective-poeta schiavo del dettaglio: per lui – già lo sappiamo – l’indizio invece di rischiarare, occulta. Perché l’infrarealista già a vent’anni vive poesia, la pratica ogni giorno; così accade che a trenta ne ha la vita inquinata, invece di attaccare la sopporta, come una rivoluzione, come una malattia; a quaranta si chiama fuori, va a combatterla altrove, nella letteratura dell’incubo che l’ha mangiato, e là, nel cuore del labirinto, a cinquant’anni, moribondo padrone di se stesso, ci saluta dall’abisso.
Bolaño come Perec, di più. Bolaño come Rimbaud, di più. Ma è il di più dell’Oltre e non della quantità. Il di più di chi attende Altro e invece è solo di nuovo l’alba. Prosa dell’autunno a Girona, I Neochilenos, Una passeggiata per la letteratura sono “tre” che cosa? Metamorfosi. Poesia che transustanzia in narrativa che transustanzia in sogno che transustanzia in ricordo. Lettura perfetta per sabotare la tua estate, o illuminarla, come un paesaggista inglese.
Hisham Matar, Il ritorno. Padri, figli e la terra fra di loro, Einaudi 2017 (Giacomo Raccis)
La vicenda di Hisham Matar è il simbolo di come, nel nostro tempo, la globalizzazione sia l’esito non solo dell’apertura delle frontiere e della liberalizzazione dei consumi, ma anche di conflitti stratificati e vicende storiche complesse, che non si esauriscono entro i confini di una nazione. Come tanti altri giovani scrittori provenienti dal Secondo e Terzo mondo (penso a Cole, Wainaina o Hamid), Matar fonda la sua scrittura su un’identità ibrida, divisa tra il paese che gli ha dato i natali (Libia), quello in cui è cresciuto (Inghilterra) e quello che è diventato il punto di convergenza per la sua famiglia (Egitto). Dopo due romanzi – Nessuno al mondo (2006) e Anatomia di una scomparsa (2011) – Matar sceglie l’autobiografia: Il ritorno intreccia il racconto biografico – incentrato sulla scomparsa del padre, oppositore al regime di Gheddafi, e sulla diaspora familiare – alla tragedia nazionale di un paese dilaniato prima dal colonialismo e poi dalla dittatura. Prendendo respiro nei fragili squarci di umanità che il suo paese offre all’indomani della rivoluzione (ma già nell’incombenza della guerra civile), Hisham Matar fa ricorso a una prosa limpida e a un simbolismo diretto ma mai banale per illuminare l’anima di un popolo in cui il destino dell’oppresso è inestricabilmente legato a quello del suo oppressore.
David Hume, Libertà e moderazione. Scritti politici, a cura di S. Pupo, Rubbettino 2016 (Paolo Caloni)
Con il volume Libertà e moderazione. Scritti politici, per la prima volta, sono messi integralmente a disposizione del lettore italiano i saggi politici di David Hume, pubblicati originariamente fra il 1741 e il 1742, con un’ottima introduzione e commenti approfonditi di Spartaco Pupo.
Intrecciando la riflessione critico-filosofica e la solida indagine storica, le bon David, col suo stile colto, pacato e riflessivo, si dimostra un precoce e accorto critico dell’Illuminismo politico. Anticipando di qualche decennio il più noto padre del conservatorismo politico, Edmund Burke, Hume sostiene posizioni moderate e conservatrici: l’esperienza alla guida del governo, “l’autorità derivante dalla tradizione” come fondamento del potere politico, il valore della proprietà, la libertà delle idee come fonte di ricchezza, l’importanza del commercio, l’amore per l’ordine sociale e per la tradizione monarchica.
Fra sfolgoranti incipit e saggi di un’intelligenza rara (fra i quali L’origine del governo, basato su una geniale fenomenologia della distanza), il volume permette di riflettere in modo rigoroso ed equilibrato sul senso della politica, nonché di discostarsi dal razionalismo asfittico e dall’esoterismo della biopolitica.
Li Kunwu e P. Otié, Una vita cinese. Il tempo del partito, Add editore 2017 (Matilde Quarti)
Le vacanze sono il momento giusto per leggere vecchi classici o libri impegnativi e corposi, per cui durante l’anno non si sente di avere abbastanza energie. Per chi è abituato a questo genere di letture estive, il mio consiglio è di recuperare Il tempo del Partito, il secondo volume di Una vita cinese, imponente graphic novel in pubblicazione da Add (l’ultimo volume, Il tempo del denaro, è previsto per questo Novembre) e firmata da Li Kunwu e P. Otié. I due autori tratteggiano con una precisione – per certi versi molto dolorosa – la parabola della Cina maoista, attingendo all’autobiografia di Kunwu che coincide in maniera quasi chirurgica con le diverse fasi del comunismo cinese. Di pensiero unico in pensiero unico, alla morte di Mao è il Partito, con le sue diverse fazioni, a prendere le redini di una società spaesata, che non sa più come muoversi dopo la perdita della sua unica guida. I nuovi leader negano la rivoluzione culturale, con il suo carico di orrori, e riabilitano vecchi nemici del popolo, ma per quanto la vita sembri riprendere il suo vecchio corso, le maglie del controllo non si allentano mai veramente. Una vita cinese. Il tempo del Partito, non guarda la Cina comunista in modo assolutorio, ma cerca di raccontare una condizione umana, più che un credo politico, in cui un intero popolo si è trovato completamente immerso per diversi decenni.
Witold Gombrowicz, Cosmo, il Saggiatore 2017 (Paolo Bonari)
Un’alternativa al poliziesco da ombrellone, “una specie di racconto giallo”, ma anche “un romanzo sulla formazione della realtà”: così, l’autore polacco definiva la propria opera, che avrebbe coronato una delle esperienze letterarie più significative dell’intero Novecento. In edizione originale del 1965, tradotto in italiano da Feltrinelli un anno dopo e ripubblicato nel 1990, Cosmo è adesso disponibile nella nuova traduzione di Vera Verdiani grazie al Saggiatore. La stessa di ventisette anni fa è invece la curatela di Francesco M. Cataluccio, al quale dobbiamo anche una densa postfazione: e nessuno, compreso chi scrive, che sia ancora riuscito a capire con che cosa abbiamo a che fare. Una detective story metafisica? Però, la consistenza delle cose, qua, è iper-fisica, il materialismo in atto non è dialettico, bensì erotico, e il caos al quale si tenta di dare un ordine è ostinato, oggettuale, osceno: dando il via al gioco dell’investigazione, impresa più grande della coppia di novelli Sherlock Holmes e di tutti noi, innescando la ricerca degli indizi, non si sa mai dove si possa andare a finire né che si possa anche non finire, o finire in una camicia di forza. Romanzo gnoseologico, che la dice lunga anche sulle Colonne d’Ercole da non oltrepassare nella costruzione sociale della realtà, Cosmo riuscì a mettere d’accordo lettori come Luigi Baldacci, Giuliano Gramigna, Renato Barilli, Alberto Arbasino ed Edoardo Sanguineti, piacque tanto ai neoavanguardisti che ai tradizionalisti, ed è divertentissimo: svela per l’ultima volta la faccia dispettosa di Gombrowicz, l’immaturo per eccellenza.
Emily Berry, Stranger, Baby, Faber & Faber 2017 (Alessandra Scotto di Santolo)
Dopo il debutto di Dear Boy, il sequel dal sorprendente successo della Londinese Emily Berry, Stranger, Baby è una raccolta di poesie dedicate a sua madre e al loro rapporto prima che morisse. Berry è sarcastica, faceta e pungente. La sua poesia è sì elevata ma anche moderna, intelligente, scherzosa. L’acqua veste il ruolo di protagonista in quasi tutte le 35 poesie della raccolta e lo stile della Berry culla il lettore come farebbero le onde del mare. Stranger, Baby è un libro che va letto l’ultimo giorno d’estate, in riva al mare, per assecondare quella nostalgia che accompagna le prime piogge di settembre.
The mood of the sea is catching
Your eyes wear out from all the glitches
I sat there watching it and I can assure you it is so
Its colour became the colour of my eyes and the salt made me cry oceans.
«The Flr», Desire/Desiderio, issue 2 2017 (Michele Turazzi)
L’estate può essere il periodo giusto per leggere quei lunghi romanzi per troppo tempo procrastinati (capito, Bolaño, Melville, Foster Wallace?), ma può anche diventare il momento giusto per scoprire quei progetti che vivono nel sottobosco del mondo letterario: le riviste. Una delle migliori tra quelle nate da poco è senza dubbio «The Flr», curata da un gruppo di addetti ai lavori fiorentini capitanati da Alessandro Raveggi. L’ambizione è dar voce numero dopo numero alla “nuova” letteratura italiana, e con una semplice occhiata al sommario di questo numero due ci si rende conto che i nomi sono davvero interessanti: racconti di Marco Rossari, Sergio Nelli, Alessandra Sarchi, Alcide Pierantozzi, Claudia Durastanti, Edgardo Franzosini, poesie di Antonella Anedda e Antonio Turolo. Come spesso succede per le riviste, poi, ogni numero ruota attorno a un tema (in questo caso, il desiderio) ed è tutto illustrato da un disegnatore (qui, Adam Tempesta). Ultima cosa, visto che si sta parlando di vacanze: se volete farvi alfieri della letteratura di casa nei vostri viaggi oltreoceano, sappiate che «The Flr» è rigorosamente bilingue (italiano-inglese).
Giacomo Magrograssi, Le carezze come nutrimento, Baldini & Castoldi 2017 (Davide Saini)
Le carezze come nutrimento di Giacomo Magrograssi, recentemente riedito da Badini & Castoldi, è un libro che parla di qualcosa di fondamentale di cui troppo spesso ci dimentichiamo: i riconoscimenti reciproci che gli uomini e le donne si danno determinano la qualità della loro vita.
Partendo dai metodi dell’Analisi Transazionale Magrograssi ci parla di come nasca la nostra dieta di carezze e di come spesso non siamo in grado di accettare o di cercare ciò di cui invece avremmo più bisogno. In questo libro non ci solo comprensione e consapevolezza (che già non son poco), ma anche possibilità di cambiamento, speranza per il futuro.
Pascale Robert-Diard, La deposizione, Einaudi 2017 (Davide Valtolina)
Un assassino costringe al silenzio la sua famiglia, finché uno dei suoi figli, con una lacerante «deposizione», ne sancisce la condanna dopo quarant’anni dall’omicidio della giovane amante. Una «deposizione» giudiziaria e simbolica: dichiarazione processuale e rimozione ultima dell’autorità paterna. Perché «il segreto uccide più della verità». Su questa superficie incrinata si muove il libro di Pascale Robert-Diard, giornalista che dal 2002 tiene una rubrica di cronaca giudiziaria su «Le Monde» e ha seguito direttamente il caso di Maurice Agnelet, per decenni irrisolto, completamente dominato da una personalità spietata e eccezionalmente persuasiva. Questo è lo scatto prospettico che traduce la vicenda processuale in tragedia antica, cominciata nei lontani anni Settanta in Costa Azzurra. L’autrice si impossessa di una cronaca disturbante e riesce a svelarne il nocciolo che pulsa dietro lo sfondo iniziale fatto di «pantaloni a zampa d’elefante, sciarpe lavorate ai ferri e khol sugli occhi»: il terrore ipnotico, l’attrazione feroce, la rivolta definitiva.