Prima di iniziare a parlare di Come fossi solo di Marco Magini vorrei fare una breve parentesi sulla collana di Giunti in cui viene pubblicato. “Italiana” ha, a mio avviso, il grande pregio di aver delimitato il suo campo di azione e la sua identità non solo in base alla provenienze degli autori ma anche in base ad altre caratteristiche. Leggendone i testi si capisce che non si tratta solo della semplice selezione di giovani autori italiani, ma anche della ricerca di opere che tentino di dare una testimonianza ma soprattutto un’interpretazione della storia, della malattia, dell’economia, di cosa voglia dire essere un ladro globale, della guerra, dell’infanzia, della legge, della paternità. Insomma un tentativo di interpretare molti degli aspetti che caratterizzano l’essere umano senza timore di impegnarsi su argomenti temi e modalità molto rischiose (della stessa collana abbiamo parlato di Come vivevano i felici di Massimiliano Governi).
Come fossi solo è un libro di esordio, ma sin dalle prime pagine dimostra di non aver bisogno di nascondersi dietro questa attenuante: di piccoli difetti ce ne sono (qualche vicenda superflua, qualche passaggio troppo ingessato, una scarsa caratterizzazione e varietà stilistica e linguistica), ma il testo va diritto per la sua strada senza inciampi consistenti.
Il libro è strutturato e diviso in capitoli in base alle tre voci dei protagonisti: il magistrato spagnolo Romeo, il casco blu olandese Dirk e Dražen soldato della milizia serbo-bosniaca, unico imputato del battaglione che si rese protagonista del massacro di Srebrenica (per tutti i documenti sul caso di Dražen Erdemović si può far riferimento al sito del Tribunale penale internazionale). Questa alternanza delle tre parti funziona bene sia dal punto di vista del mantenimento della tensione narrativa sia come giusta via di mezzo tra il racconto anche crudo e brutale dei fatti (Dražen e in parte Dirk) e la riflessione (Romeo).
Poco fa ho detto che il testo va diritto per la sua strada e che i pochi inciampi stilistici non intralciano questo percorso, ma qual è questo percorso? Magini lotta su due fronti strettamente collegati: quello storico e quello di indagine dell’umanità.
Dal punto di vista storico Magini racconta uno degli angoli più oscuri della storia europea degli anni 90: le guerre di disgregazione della Jugoslavia e in particolare i comportamenti delle milizie comandate da Ratko Mladić (arrestato solo il 26 maggio 2011 dopo 16 anni di latitanza). Il libro si concentra sul massacro di Srebrenica, uno degli episodi più efferati di tutta la guerra (anche se purtroppo non l’unico, basti pensare al campo di concentramento di Omarska) e probabilmente uno degli episodi più gravi di violazione dei diritti umani e di genocidio dopo la seconda guerra mondiale.
Già la fascetta del libro ci pone una domanda scontata ma fortemente significativa «Ma noi dove eravamo?». Nel mio caso, come forse anche nel caso di Magini di cui sono coetaneo, la domanda è piuttosto dove mi avevano portato visto che avevo 10 anni appena compiuti. Ma la vera domanda, che da questa scaturisce normalmente, è: Ma com’è che ci siamo completamente dimenticati di questa guerra e completamente disinteressati delle sue conseguenze?
Perché le guerre di disgregazione della Jugoslavia sono completamente passate nel dimenticatoio (nonostante l’Italia abbia anche partecipato alla guerra del Kosovo consentendo l’attacco aereo e i bombardamenti). Forse perché, come dice bene il giudice Romeo nel libro «quando qualcosa dovrebbe interessare tutti finisce per non interessare a nessuno».
Come abbiamo fatto a dimenticare del tutto che nel luglio 1995 mentre si era al mare a giocare al di là di quello stesso mare era in atto una pulizia etnica e una delle guerre più mostruose che l’umanità abbia regalato al ‘900?
Ma l’aspetto più interessante del testo è l’indagine che l’autore compie dell’essere umano attraverso le tre voci narranti. Romeo incastrato in un ruolo, in un processo e finanche in una vita che gli va stretta e di cui non si sente e non è veramente al timone; Dirk che si trova inutile spettatore e che nonostante il casco blu che porta sulla testa non può salvare le persone che dovrebbe proteggere; Dražen che si arruola per poter mantenere moglie e figlia e si trova ad essere strumento e arma diretta di un genocidio (anche se come ammetterà il giudice Romeo Gonzáles dopo la condanna «A Srebrenica l’unico modo per restare innocenti era morire»).
Tutti e tre i protagonisti si trovano di fronte a una realtà con cui combattono, che fanno del loro meglio per cambiare ma da cui vengono sconfitti. Tutti e tre sono pedine di una storia che si muove in qualche modo contro la loro volontà, pedine attive di azioni più o meno ignobili ma, come dice bene il giudice Romeo, «Il motore della Storia sono i milioni di uomini che lottano con le loro inadeguatezze, con le loro paure e le loro ambiguità. Persone che non prendono decisioni nette, ma che fanno del loro meglio.»
Questo libro non solo ha l’importante funzione di riportarci alla memoria un episodio tra i più tragici e dimenticati della storia recente ma, soprattutto, mira all’essenza che fa muovere la storia. Mira alla malvagità umana, a ciò che fa compiere le decisioni e arriva addirittura a mettere in discussione la possibilità stessa di compiere decisioni in determinate situazioni. Questo intento di indagare la natura umana (intento esageratamente ambizioso) risulta in gran parte ben sviluppato, sono pochi i tratti umani dei personaggi a risultar scarsamente credibili, pochissimi i loro pensieri a sembrarci dissonanti. In tutto ciò la struttura letteraria regge, il tessuto narrativo non collassa sotto il peso dell’indagine e gli strumenti narrativi dell’autore (pur sotto alcuni aspetti piuttosto limitati) funzionano solidi.
Dopo essere stato finalista al premio Calvino (menzione speciale della Giuria) sarà molto probabilmente candidato al premio Strega con pieno merito; Magini non solo ci ricorda un fatto tragico ma ci consente di immedesimarci negli esseri umani che ne sono stati artefici, ci consente di toccare con mano tutta l’assurda umanità della tragedia. Un libro da leggere sia per il valore letterario che per quello storico documentario.
Marco Magini, Come fossi solo, Giunti Editore, Collana Italiana, 14 €