In attesa del settantesimo anniversario della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo, pubblichiamo alcuni brani di romanzi che hanno provato a raccontare un momento storico che ha segnato per l’Italia l’inizio di una nuova stagione, che oggi ricordiamo, tra rimpianti, contraddizioni e speranze.


Andai io di persona a ricevere l’ottava armata quando si decisero a entrare a Padova. Ero in pattuglia tra il Santo e il Bassanello, un po’ prima di mezzanotte. Ai posti di blocco avvenivano scene curiose. Le parole d’ordine erano tutte diverse, a rigore avremmo dovuto spararci tra noi ogni trenta metri; solo l’euforia generica impedì, credo, una strage universale interna. Dicono che l’euforia promuove gli spari; ma di certo non promuove la mira.

Avevo passato l’ultimo posto di blocco con la mia pattuglia (c’era anche la Simonetta col mitra) e si camminava nel buio pesto della periferia oscurata, un lungo stradone fra le case, che portano fuori Padova, verso sud. Non c’era nessuno nella strada, naturalmente; si sapeva che gli alleati erano vicini, ma reparti tedeschi continuavano a passare nei dintorni, alcuni arrendevoli, altri compatti e feroci. Ecco dunque come finisce una guerra. Prima parte un esercito, poi ne arriva un altro; ma questa non è veramente la fine. La guerra finisce negli animi della gente, in uno un po’ prima, nell’altro un po’ dopo; è per questo che ci sono ancora queste sparatorie insensate.

Da in fondo allo stradone cominciava ad arrivarci uno strepito di grossi motori; era una cosa compatta, intensa.

«Sono inglesi» dissi alla Simonetta per buon augurio; e mi domandavo quante probabilità c’erano invece che fosse l’ultima colonna tedesca. Decisi meno del trenta per cento.

«Sei sicuro?» disse lei.

«Sicurissimo» le dissi, e lei mormorò: «Sembra un sogno».

Sembrava infatti letteralmente un sogno. In fondo erano solo due anni che li aspettavamo, ma pareva una cosa lunga lunga. Io ho una certa esperienza di cose che pare non vogliano più finire, e a un certo punto si crede che non finiranno più, e poi quando finiscono tutto a un tratto, pare ancora impossibile, e si ha fortemente l’impressione di sognare.

Camminavo in mezzo alla strada, andando incontro all’ottava armata, almeno al settanta per cento. Il rumore diventava sempre più grande, e noi in mezzo alla strada buia sempre più piccoli. S’incominciavano a distinguere confusamente i volumi scuri dei carri armati: erano enormi. Quando fummo a cinquanta metri feci fermare la pattuglia; avevamo due pile, e ci mettemmo a fare segnalazioni. Poi andai avanti un altro po’ con la Simonetta.

Com’è strana la vita, sono arrivati gli inglesi. Benvenuti. Questi carri sono nostri alleati. Con queste loro gobbe, con questi orli di grandi borchie ribattute, questi sferragliamenti, queste canne, vogliono quello che vogliamo noi. L’Europa è tutta piena di questi enormi alleati; che figura da nulla dobbiamo fare noialtri visti da sopra uno di quei carri! Branchi di straccioni; bande. Banditi. Certo siamo ancora la cosa più decente che è restata in Italia; non lo hanno sempre pensato gli stranieri che questo è un paese di banditi?

piccoli maestri2L. Meneghello, I piccoli maestri (Rizzoli 1964).