Forse è vero, perché quando tu pensi una cosa, dopo, se ti viene un’altra cosa che può cambiare la prima, ti si leva la prima (Francesca, 10 anni).

Si parla molto, attualmente, di innovazione nella scuola. Se n’è parlato anche a Mantova, durante i giorni del Festivaletteratura, dove Franco Lorenzoni ha presentato la sua cronaca di un’avventura pedagogica, tra i banchi di una quinta elementare. Lorenzoni è maestro di scuola a Giove, in Umbria, e il suo libro è il racconto fedele di un anno scolastico che è stato tutto un esperimento, durante il quale il maestro ha condotto i suoi allievi per mano alla scoperta, non tanto del mondo, quanto della loro stessa curiosità e voglia di decifrarlo.

Il racconto nasce dai diversi argomenti trattati in classe con gli alunni e confluisce nello spettacolo teatrale di fine anno, costruito passo dopo passo insieme a quelli che, in fondo all’anno scolastico, il maestro definisce “i suoi ragazzi”. E sono femmine e maschi svegli, pieni di domande e prolifici di risposte, che provano a dare una soluzione a tutti i dubbi che il maestro Franco instilla nelle loro menti.

Lorenzoni 2

La copertina

Quelle che il maestro mette in atto sono lezioni per lo più dialogate: perché nel dialogo sta l’essenza di ogni pratica educativa, e non dovremmo dimenticarlo mai (p. 49). Con i bambini discute di pittura, di scienza, di matematica, di geometria, di letteratura; ogni volta allaccia le esperienze concrete dei bambini alle riflessioni che intende proporre loro e ogni capitolo racconta uno dei temi affrontati e riporta i dialoghi così come sono avvenuti in classe. Il suo approccio è quello di chi, conscio anche dei propri limiti, si avvicina alla verità per tentativi pur senza volerla trovare a tutti i costi: …penso che lasciare delle domande aperte fa bene ai bambini, ma anche perché molte cose che insegno io non le so e davvero ho bisogno di prendere tempo per ricercarle insieme a loro (p. 39).

La questione del metodo, infatti, è centrale. Pensiamo ai problemi che attualmente ha la scuola: l’inadeguatezza degli spazi, la presenza/assenza di programmi ministeriali, il mancato aggiornamento degli insegnanti sono tra i più discussi. Eppure, Lorenzoni li riassume tutti nella necessità di spostare la nostra attenzione sull’apprendimento degli alunni, a ogni livello, ovvero l’aspetto che negli anni ha perso sempre più la nostra attenzione. E allora propone di usare la creta, materiale antico e semplice quanto estremamente concreto, per stimolare i bambini a dare una forma ai propri pensieri; trova collegamenti e li rende a loro manifesti, come la lingua che per nominare lo zero ha chiesto aiuto al vento, prendendo il suono dal latino zephyrum (p. 33); sottolinea l’importanza di proporre anche ai bambini della scuola primaria di ragionare intorno alla Costituzione, che è un compito a cui la legge richiama la scuola; è cosciente della necessità di variare la proposta didattica e di far entrare in contatto diretto i ragazzi con le fonti storiche; restituisce al corpo la sua potenzialità conoscitiva e si domanda perché la scuola ne sia così diffidente: ore e ore seduti e incastrati dentro scomodi banchi, quando è evidente che muoversi nello spazio aiuta i movimenti dei pensieri (p. 236).

Quello che Lorenzoni propone, in definitiva, è una riappropriazione del ruolo di insegnante da parte di quanti svolgono questo lavoro, perché non trasmettano solo delle conoscenze ma affinché siano quelle guide che, senza abusare del grande potere di cui sono depositari, conducono gli alunni verso una vera conoscenza prima di se stessi e poi di questo mondo. Penso che anche un giovane albero, di fronte a un giardiniere che volesse orientare e piegare a suo piacimento la forma dei suoi rami, scapperebbe via di corsa, se potesse. Perché allora mettiamo così tanto accanimento, a volte, nell’inseguire il desiderio onnipotente e vano di piegare a nostro piacimento l’orientamento e la crescita dei bambini che abbiamo di fronte? Il nostro ruolo ci dà un potere così assoluto che ci viene facile, troppo facile, abusarne. E lo dico a me stesso prima di tutto, perché mi interrogo spesso sui limiti del nostro diritto a educare, che dovrebbe essere sempre, come dice la parola, un portar fuori e non portare dove vogliamo noi (p. 89).

lorenzoni (internazionale)

Franco Lorenzoni

Ecco il compito di un insegnante: dare modo ai ragazzi di trovare la propria personale strada verso la conoscenza e fornire loro il proprio aiuto in maniera discreta; lasciare che le loro menti accolgano il nuovo e lo ricevano secondo le proprie possibilità. Che, poi, è ciò che ha detto anche quella Francesca citata a inizio articolo (alunna di Lorenzoni) parafrasando, tanto senza volerlo quanto in maniera cristallina, una delle più importanti teorie pedagogiche contemporanee.

F. Lorenzoni, I bambini pensano in grande. Cronaca di un’avventura pedagogica, Palermo, Sellerio, 2014, 264 pp., 14 €.