Non farò discorsi ispirati sulla dolce sensazione della carta sotto le dita o sull’inebriante profumo dei libri nuovi (adoro l’odore dei VOC la mattina) e nemmeno sulla soddisfazione di finire un tomo da 5000 pagine e guardarlo sulla mensola guardato con timore dai tuoi amici. Vorrei invece considerare qui, a parte l’affezione per la carta e la volontà di bullizzare gli ospiti a cena, altri aspetti meno palesi degli e-book su cui però mi sembra valga la pena riflettere.
Dietro la fisicità, dietro la possessività legata all’oggetto libro si cela una realtà più profonda, una realtà che percepiamo anche a livello istintuale quando pensiamo agli e-book: quando compri un oggetto l’oggetto è tuo, quando compri una cosa dematerializzata non possiedi niente.
Ora, non vorrei sembrare l’accumulatore seriale di libri che sono, e nemmeno fare il vecchio barbagianni affezionato ai metodi di una volta, ma la verità è che all’idea di dematerializzare le cose (libri, musica, ecc) ho sempre reagito male. Forse non mi sono mai abituato a consumare tutto in fretta e andare avanti, forse sono un po’ “vecchio dentro”, non so, ma sta di fatto che ho sempre reagito come il Mazzarò di Verga: «Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la sua roba, per pensare all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: “Roba mia, vientene con me!”»
Mi piace possedere libri e CD, cose mie che riproducono testi e musiche che hanno formato una parte di me e che aspettano solo di servirmi ancora. Fedeli e quieti mi aspettano a casa. Cose che posso vendere o regalare, cose che nessuno mi può portare via (tranne futuribili roghi o prestiti sconsiderati). I libri e gli album che ho comprato erano quelli che ritenevo valesse la pena avere a casa e mi sembra una cosa meravigliosa possedere una copia di un opera d’arte! Una copia seriale, non numerata, ma pur sempre la mia copia di un opera d’arte con la sua piccola parte di aura.
Certo comprare libri/musica senza supporto può essere più comodo, risparmia spazio, salva gli alberi, ecc. … ma sappiamo cosa implica? Cosa significa alla fine dei conti?
Mi ero sempre fermato alla fobia verso la dematerializzazione senza una vera riflessione a riguardo, finché non ho letto del tentativo di Bruce Willis di lasciare in eredità gli mp3 comprati su iTunes e sull’impossibilità legale di gestire questi file come proprietà. Come mai non si può? Perché, anche se sei un VIP, semplicemente non ne sei il proprietario. L’acquisto su iTunes, come è chiaro dalle note che si accettano all’iscrizione, non è altro se non un “noleggio” a lunghissimo termine, un usufrutto senza nessun diritto sulla proprietà.
E per i libri? Per gli e-book è lo stesso? Sì, vale lo stesso discorso anche per i testi acquistati, per esempio, su Amazon: quando si compra un e-book si compra solamente il diritto di accedere al prodotto e non il suo possesso. Puoi consultare il testo, ma non ne sei proprietario. Non solo ma la tua fruizione di questi testi dipende da un aggeggio chiamato e-reader che li legge solo in base a determinate regole che ti impegni a rispettare nel momento dell’acquisto. Non essendo un esperto per gli aspetti tecnici come tipologia di formato, codici DRM e protezioni applicate rimando a siti specializzati.
Ma proviamo a fare un passo indietro per capire le origini di questa situazione cercando di non semplificare troppo. Alla base troviamo un principio giuridico talmente radicato nella nostra cultura da apparirci banale, infatti quando compri un libro compri 2 cose: il corpus mysticum (elemento immateriale di una creazione intellettuale) e il corpus mechanicum (elemento fisico). In parole povere compri sia il diritto di fruire del materiale intellettuale che il supporto fisico che lo contiene. Naturalmente non diventi proprietario del diritto intellettuale sull’opera che è proprietà dell’autore ma diventi proprietario di un oggetto fisico. E di quell’oggetto fisico puoi fare quel che vuoi, regalarlo, venderlo, accenderci il fuoco … così come puoi fare quello che vuoi con la lavatrice, il comodino o lo scolapasta.
Il supporto fisico porta con sé la licenza d’uso del suo contenuto e nessuno gliela può togliere, di conseguenza pago per avere una serie di cose: la fruizione di un prodotto d’intelletto, una forma curata da un editore, una veste grafica e un prodotto fisico. Pago per possedere queste cose, ne entro in pieno possesso e ne posso godere finché il supporto non marcisce o io non decido di vendere, distruggere o abbandonare l’oggetto.
Invece comprando un e-book per cosa pago? Pago per avere la possibilità di accedere a un’opera d’ingegno di carattere creativo su un supporto di mio possesso (reader). Per fare un esempio pratico: se compro un e-book su Amazon questo e-book rimane proprietà di Amazon. E se un domani l’azienda dovesse decidere di chiudere io non potrei più avere accesso ai testi così comprati e in compenso rimarrei con una piastrella nera con scritto Kindle.
Non tutti sentono il bisogno di portarsi dietro l’enorme peso di libri che non rileggeranno mai e il cui valore è irrisorio. Lo capisco. A molti, forse più liberi di pensiero, basta leggere senza dover ingabbiare le opere letterarie in un meccanismo di possesso. Capisco anche questo. Però forse alcuni di noi in questa cavalcata verso il progresso stanno dando troppe cose per scontate, forse non ci siamo chiesti seriamente cosa succede quando pigiamo «Compra con un 1-click».
Credo sia invece importante, anche nell’ottica di un ragionamento serio sul futuro e la trasformazione della forma libro, cercare di riflettere su questi aspetti tecnico/materiali perché se è vero che la forma libro si sta evolvendo e che non ha senso fare i passatisti è pur sempre vero che come diciamo noi giovani: sai quello che lasci ma non sai quello che trovi.