Mickey. Uomini e topo di Tito Faraci, pubblicato da add Editore, esce domani, giovedì 17 novembre e il 19 sarà protagonista dell’incontro Tito e Topolino, nel quadro dell’edizione 2016 di Bookcity Milano.
Sembrerà strano, ma ho le orecchie flessibili come tutti.
Wu Ming, Anatra all’arancia meccanica
Perché l’autore di Mickey, Uomini e topo debba subito sospettarmi, faccio parte del disprezzabile novero di chi leggeva sempre Topolino e, a ripensarci, non so bene perché ho smesso. Di certo Topolino è una cosa seria ed ecco che non l’ho mai portato in bagno, e se Tito Faraci scrive che «Fa sempre bene all’ego ipertrofico di noi autori sapere che i nostri presunti capolavori saranno letti in quel posto», in fondo non gli credo.
Inimicatomi il più celebre degli odierni fumettisti nostrani, parlerò del suo Mickey (Add Editore, collana “Incendi”) che rivela Topolino e Topolino dal di dentro e diventa subito un bellissimo metaracconto da una redazione milanese di “uomini di topi” o dalle stanze della casa editrice torinese. Un libro che mischia il dialogo interiore ai disegni di una tavola nell’ipertesto del fumetto, del cartone animato e di una chiamata senza risposta con prefisso americano:
Sono sicuro che non se la tira. È rimasto uno di noi. Topolino sarebbe un working class hero, se avesse un lavoro fisso. Faceva il giornalista. Ogni tanto lo fa ancora. Ce ne dimentichiamo perfino noi che scriviamo le sue storie. Noi che inventiamo la sua vita. La sua biografia fantastica. No, Topolino non si è mai montato la testa. Non è possibile. Anche se l’ho visto in televisione, mentre stringeva la mano al presidente. Ho pensato che lui, Topolino, era il più nero dei due. Lui è uno che ha cominciato nel 1928 come mozzo su un battello a vapore in viaggio su un fiume di qualche Stato del sud. A ben vedere, non era un lavoro da bianchi. (p.11)
Ci vuole un fisico bestiale o almeno antropomorfo, bisogna tenere gli occhi aperti e avere le orecchie grandi come quelle di Topolino. Si deve armare l’istinto dalla faretra dell’esperienza, prendere una mira di rivalsa, puntare al pregiudizio, iniziare dal bersaglio più grande nel poligono dei luoghi comuni: perché chi dice che Topolino è roba per bambini lo colpirebbe perfino un bambino:
Caro autore, i bambini sono disposti a seguirti su strade sconosciute e sorprendenti. Se esci dai soliti schemi, non si spaventano. Perché quegli schemi ancora non li conoscono, non li hanno metabolizzati. Non ne sono dipendenti. Loro sono impegnati tutto il giorno a capire gli schemi. Figuriamoci se li scoraggia soffermarsi un attimo in più, per capire una storia. Non hanno sviluppato quella pigrizia mentale, tipica degli adulti. Di “certi” adulti. Non di quelli che leggono ancora “Topolino”. (p.96)
Come i franchi tiratori s’allontanano per vedere meglio, prende le distanze Tito Faraci e i piattelli si rompono a ogni sparo. Però per carità che si parla anche di pennuti! Niente fucili e niente trappole del confronto Topolino/Paperino. O Casty contro Faraci che animali non sono ma nemmeno rivali, e si smarcano da chi li vuole su un ring (a forma di vignetta) con due stimate e impareggiabili ipotesi narrative – dalla lezione di Romano Scarpa o il realismo del contesto di Giorgio Cavazzano – bevendo delle birre pubbliche e, se proprio, spiandosi le rubriche telefoniche in cerca della doppia emme.
Mickey è la confessione dell’autore sulla via interrotta verso Topolinia. Uomini e topo è la scelta del fumettista al servizio del racconto e dello svago – che mica è una parola brutta – del potere dell’evocazione e all’uopo del divertimento, del verismo delle piccole cose e del gusto dell’impresa, di una libertà narrativa conquistata, dal genere Disney come nessun altro, con una «Meravigliosa e benefica rivoluzione»:
Lo avrete notato: nelle storie disneyane, ci sono animali antropomorfi e animali-animali. Così il migliore amico di Topolino è Pippo, animale antropomorfo. Però Topolino che dobbiamo considerare alla stregua di un uomo, ha anche un cane, Pluto. E, come è noto, il cane è il miglior amico dell’uomo. Pippo e Pluto, quindi, sono entrambi cani ed entrambi migliori amici di Topolino. Logico, no? (p.45)
Anche a costo di finire Dalla parte sbagliata per “salvare” Gambadilegno o cambiare prospettiva per (la) stima del commissario Manetta, o creare un poliziotto texano con la fama del castigamatti che si chiama Rock Sassi: «Si sentiva il bisogno di un po’ di “veri” sbirri in quella centrale. Uno sporco lavoro, che qualcuno doveva fare. E io mi sono offerto volontario» (p.41).
È la mise en abyme di Tito Faraci, che da del tu a Topolino con una squisita voce timorata e insieme confidenziale, che racconta la sua vita con Topolino tra invenzione e realtà. Un po’ alla maniera avanguardista del Tito Turbina, un po’ scherzando di metatesto come Le entusiasmanti avventure di Max Middlestone e del suo cane alto 300 metri (Tito Faraci e Sio, Feltrinelli 2016), un po’ dal gusto immaginifico d’un Magical Mistery Mickey Mouse, o Mickey Mouse Mistery Magazine ma comunque MM(MM). Scherzi a parte, un libro da leggere per chi legge, leggeva sempre o non ha mai letto Topolino. Parola di chi è colpevole di un posto nel mezzo.