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Nove libri per Natale: i consigli della Balena

Si avvicina il Natale e, come ogni anno, arrivano i consigli di lettura della Balena Bianca, scelti dalla redazione e dai più stretti collaboratori. Sono tutti libri usciti nell’anno che si sta per concludere e, da oggi, sono in bella esposizione alla libreria Virginia e co. di Monza (dove è anche possibile ammirare, tastare e acquistare le insostituibili borse della ciurma). Per chi a Natale non vedrà l’ora di ritagliarsi un po’ di spazio personale immergendosi nella lettura e per i fortunati che godranno di vacanze lunghe e oziose, ecco i nove consigli balenieri.


 

Laurent Mauvignier, Intorno al mondo, Feltrinelli [Giacomo Raccis]

Cosa è accaduto nel mondo quando la prima onda dello tsunami dell’11 marzo 2011 si è frantumata sulle coste giapponesi? Un solo istante, quattordici storie; personaggi distanti tra loro, calati in nazioni, contesti e dimensioni diversissimi, ma accomunati nelle loro piccole vicende dal fatto di aver condiviso, pur nella totale inconsapevolezza reciproca, un istante importante, decisivo. Mentre in Francia esce il nuovo romanzo, Continuer, Feltrinelli pubblica la penultima fatica di Laurent Mauvignier, che dopo aver esplorato i tanti traumi senza nome disseminati negli angoli più impensati della quotidianità (su tutti Storia di un oblio), amplia la prospettiva e, sulla scia del capolavoro Degli uomini, passa dal singolo alla collettività, includendo nel proprio campo visivo la storia collettiva. Restituita però sempre attraverso sguardi singoli, incomunicanti. Alla silenziosa mano del narratore e alla complicità del lettore spetta così il compito di individuare una trama laddove l’unica forza in grado di muovere le cose sembra essere il caso.


Jérôme
Ferrari, Il principio, edizioni e/o [Michele Turazzi]

Jérôme Ferrari non ha ancora avuto in Italia il giusto riconoscimento, ed è un vero peccato. Un esempio? Prendete Il principio, uscito pochi mesi fa: Ferrari ripercorre la vita di Werner Heisenberg – il papà della fisica quantistica – dalla scoperta del principio di indeterminazione all’ambiguo rapporto con il nazismo, dai contrasti accademici con Einstein negli anni Trenta a quelli politici ed esistenziali con Bohr in un’Europa ormai devastata dalla guerra. Nel farlo, però, l’autore corso (che nel 2012 ha vinto il Goncourt) non cede alla tentazione della biografia, della semplice concatenazione dei fatti: Il principio non racconta l’uomo che sta dietro all’indeterminazione, racconta l’indeterminazione in sé, le sue implicazioni filosofiche ed esistenziali. Perché Ferrari non si ferma mai alla superficie delle cose; indaga, scandaglia, mescola e rimescola, alla ricerca di quello che fa diventare una storia qualcosa di più. (Ps: su Heisenberg e sul famoso incontro tra lui e Bohr del 1941 esiste anche un bel testo teatrale di Michael Frayn. Si intitola Copenaghen ed è la mia bonus track.)


Charles D’Ambrosio, Perdersi, minimum fax [Carolina Crespi]

Ho il vizio di farmi sedurre da certi titoli “gironzoloni” che fanno della mancanza e dell’esplorazione il loro punto di forza. Il merito è di Ernesto Ferrero che una mattina del 2012 mi ha spiegato che ci sono poche cose al mondo che hanno la libertà cucita addosso come certi saggi, sfuggiti senza appello al controllo di generi letterari e scaffali di librerie. Dopo letture prive di bussola quali Non possiamo saperlo (in cui Natalia Ginzburg ne ha un po’ per tutti e ci racconta di Calvino, Landolfi, crocifissi e se stessa), L’importanza di non capire tutto (in cui Grace Paley condanna e assolve genitori e Christa Wolf) ecco un altro titolo-calamita che ho subito infilato nella mia collezione di aporetico self-help: Perdersi di Charles D’Ambrosio. Il piacere è in parte anche maggiore dal momento che si tratta di uno scrittore di racconti poco incline allo spreco di parole, di cui possediamo solo due (geniali) raccolte e di cui aneliamo la terza da anni. Il titolo originale è Loitering (“ciondolare”) e si tratta di saggi autobiografici che spaziano dalla caccia alle balene alle indicazioni su come viaggiare sui treni merci, dalla Seattle prima di Kurt al suicidio dopo Seymour, da Kierkegaard ai boschi del Montana, via Lutero, Dante e autocritica senza redenzione. Datemi retta: leggete tutto quello che trovate di D’Ambrosio prima che ne facciano prefazioni e postfazioni; godete dei dialoghi tra personaggi arrivati dal nulla a minare ciò di cui si sta parlando e fidatevi delle sue digressioni: farete presto pace con il suo disordine e godrete liberamente e appieno di ogni singola briciola.


Leonardo Becchetti, Capire l’economia in sette passi, minimum fax [Davide Saini]

Ho sempre diffidato dei prontuari, ma per fortuna mi sono lasciato convincere da questo breve libro del prof. Becchetti (La felicità sostenibile). Ma perché regalarlo? La persona a cui lo regalerete troverà la ricetta per salvare il mondo? Assolutamente no. Diventerà un brillante economista? Neanche per sogno; ma, diciamocelo, al momento parliamo di economia con la stessa competenza con cui al bar si parla di Bundesliga. Avrà qualche cognizione in più delle dinamiche che governano il mondo e le nostre vite? Sì, questo sì. Acquisirà mezzi in più per far andare le cose nella direzione in cui crede, non abbandonandosi a un pigro fatalismo? Sì, ma soprattutto gli sarà più chiaro come ogni acquisto facciamo possa spostare gli equilibri: spendere o non spendere un euro in più per un prodotto che inquina meno o che viene prodotto in maniera sostenibile rispettando i diritti della terra e dei lavoratori non è uguale. Un libro che ci ricorda le nostre responsabilità nei confronti della società e del mondo in cui viviamo: informarci, capire.


Han Kang, La vegetariana, Adelphi [Davide Valtolina]

La vegetariana di Han Kang è un libro splendidamente irrisolto. Pubblicato per la prima volta in Corea del Sud nel 2007 e vincitore del Man Booker International Prize 2016 (premio al libro tradotto in inglese da Deborah Smith), è allucinato e oscuro, costellato di pieghe che si scoprono solo per un attimo, chiudendosi prima che l’intuizione si solidifichi in un significato. Mette in scena l’estatico cupio dissolvi di Yeong-hye, una donna che sceglie di seguire fino in fondo il cammino di trascendenza distruttiva dettato da un sogno indecifrabile, che le impone il divieto di mangiare carne. Ma nel romanzo – e qui sta la sua forza – non c’è traccia di una spiegazione al comportamento di Yeong-hye. In una architettura perfetta e al tempo stesso sfuggente, la scrittura limpida e visionaria di Han Kang evoca una sensazione disturbante, di indescrivibile instabilità: il valore più grande di un libro che misura la corsa ansiosa verso il precipizio che chiude l’esistenza.


Paolo Cognetti, Le otto montagne, Einaudi [Matilde Quarti]

Nel mio immaginario il Natale e le montagne sono sempre strettamente legati, ma questa non è che una scusa per regalare Le otto montagne di Paolo Cognetti, anche perché le vette e le valli boscose che vengono raccontate nel romanzo sono quelle soleggiate e splendenti del pieno dell’estate. In questa storia, poetica e lieve ma pregna di contenuti e turbamenti, non si consuma nessun evento straordinario, solo la vita. C’è la montagna, che lega due esistenze altrimenti inconciliabili, quelle di due amici che crescono insieme, si toccano simbiotici per pochi mesi e poi si dividono, uno resta, l’altro è comunque destinato al ritorno. C’è la storia di una famiglia, di un padre che non sa comunicare con suo figlio se non facendogli scoprire le cime che ama e di una madre che silenziosa e mai invasiva tesse i fili delle esistenze di quelli che la circondano. C’è anche un secondo nucleo familiare, una famiglia nuova, che conduce una vita semplice ma un’esistenza interiore complessa.
E se il Natale lo odiate, Le otto montagne va bene ugualmente, per comprarlo per sé e restare a casa a leggere mentre fuori impazzano i brindisi.


Olivier Bourdeaut, Aspettando Bojangles, Neri Pozza [Francesca Salamino]

Josephine, Marylou, Georgette: tanti nomi diversi quante possono essere le sfaccettature di una madre. È un esordio compiuto sulle note di Nina Simone e della sua Mister Bojangles, quello di Olivier Bourdeaut, scrittore francese che sceglie di dipingere il ritratto di una donna fuori da qualsiasi schema, attraverso gli occhi di suo figlio. Questo bambino probabilmente non capirà mai se le stranezze di sua mamma siano dovute al rifiuto di assumersi le responsabilità di un adulto, alla passione di “vivere la vita e andare sempre avanti” o a una vera malattia mentale, scoprirà però da subito che la vita è fatta in gran parte di percorsi irregolari e stranezze e che tanto vale considerare questi come normalità, in ogni caso ogni risvolto risulterà inatteso…


Wu Ming 1, Un viaggio che non promettiamo breve, Einaudi [Alessandra Scotto di Santolo]

Se del movimento No Tav conoscete solo quello che negli ultimi venticinque anni avete letto sui quotidiani e sentito al telegiornale, leggere l’ultima inchiesta di Wu Ming 1 vi mostrerà il vero mondo della lotta valsusina. Raccogliendo tre anni di interviste, programmi radio, discorsi, ritagli di giornale, volantini che invitano a partecipare alla lotta e a donare fondi per l’acquisto del primo camper contro le trivellazioni, Wu Ming 1 trasforma un controverso argomento di cronaca in parere schierato e al contempo “oggettivo”, grazie a un linguaggio versatile e pluralistilistico che supera ogni aspettativa. E se alla fine del libro pensate ancora di unirvi alla schiera nemica, leggerlo vi avrà se non altro regalato un senso di comunità e di partecipazione senza pari. Un viaggio che non promettiamo breve e che non è ancora terminato.


Laura Pugno,
La ragazza selvaggia, Marsilio [Lorenzo Cardilli]

Il quinto romanzo di Laura Pugno, La ragazza selvaggia, è un sicuro antidoto alla stucchevolezza delle feste. La biologa Tessa lavora al progetto ormai in declino di una riserva deantropizzata e lasciata in preda all’azione libera della natura. La sua storia s’intreccia a quella di Giorgio Held, ricco imprenditore funestato da una serie di catastrofi, tra cui una figlia in coma e l’altra smarrita da piccola nella wilderness. La Pugno  maestra delle atmosfere opache e “in sordina” dove però si concentrano acuti dolori  combina in modo piuttosto efficace “tiro” drammatico e senso di oppressione, tra ferite personali, decadenza della provincia e disumanità del precariato scientifico. Su tutto, spiccano alcune vive suggestioni tematiche, tra cui il legame empatico, e il puer ferus: il bambino “regredito” a uno stato brado in seguito all’adattamento a una vita in condizioni estreme e ferine. La ragazza selvaggia si gioca in gran parte sui luoghi di confine: tra uomo e animale, esistenza e inesistenza, io e altro. Siamo tuttavia lontani chilometri dal buonismo edulcorato alla Mowgli (a cui allude, in salsa borghese, la copertina): con una penna lucida, crudele e triste, l’autrice dà nuova linfa alla sua vena post-umana, sviluppata ad esempio, con finezza spudorata, in Sirene (2007).