Non c’è dubbio: il pubblico adora le donne guerriere. Se il pubblico femminile tende a immedesimarsi con questi personaggi, è evidente che quello maschile trovi qualcosa di affascinante nel vedere ragazze molto belle prendere a calci uomini grandi il doppio di loro. Dopo che Ridley Scott e James Cameron hanno aperto la strada alle eroine femminili con le pioniere Ripley (Alien) e Sarah Connor (Terminator), negli ultimi vent’anni gli Studios si sono letteralmente innamorati di donne senza paura, forti come e più degli uomini, protagoniste di film d’azione più o meno riusciti come Tomb Rider o Ultraviolet, Resident Evil o Doomsday, fino ad arrivare ai casi più recenti, come la Vedova nera di Avengers o la vampira Selene di Underworld, oltre all’appena uscito Ghost in the Shell con la sempre risoluta Scarlett Johannson. Non solo, le prossime uscite ci porteranno in dote Atomica bionda con Charlize Theron agente segreto e Wonder Woman, con Gal Gadot nei panni della donna guerriera per eccellenza. Ed è notizia degli ultimi giorni che la DC, oltre a Gotham City Sirens (con Catwoman, Harley Quinn e Poison Ivy), ha appena messo in cantiere Batgirl, per la regia nientemeno che di Joss Whedon, l’ex regista principe dell’odiata rivale Marvel.
C’è un (doppio) filo rosso che unisce tutti questi personaggi e che ci dice molto sulla nostra cultura (e forse anche sulla nostra natura di esseri umani). Le eroine di celluloide presentano quasi sempre due caratteristiche in apparenza contrastanti: primo, sono sexy, secondo, sono asessuate.
Ma partiamo da questa dichiarazione di Jessica Chastain rilasciata un paio di anni fa:
“If you look at films like Elektra and Aeon Flux, the problem that studios have is that they try to make kickass women very sexualised. They have to be in some catsuit. But if you look at the most incredible female roles, like Ripley in Alien, she is a very sexy woman but she’s not wearing a lot of make-up. She’s in a T-shirt and jeans. What’s sexy about her is how capable she is”
Sostanzialmente Chastain afferma, in modo ovviamente critico, che Hollywood vuole che le sue eroine, anche le più violente e agguerrite, debbano comunque sprigionare sensualità ed erotismo grazie alla loro bellezza, al trucco, al costume. Poi fa l’esempio della Ripley di Alien, individuando il suo essere sexy non nell’aspetto o nella mise, ma nella sua grinta e nel suo coraggio. Il paradosso è che persino Chastain sembra inconsapevolmente confermare la concezione, tutt’altro che femminista, che ciò che conta veramente per un’eroina è essere sexy, in un modo o nell’altro. Intendiamoci: la Ripley di Sigourney Weaver, in controtendenza con le sue epigone , rifugge la sensualità ; il suo dimostrare grinta e coraggio non la rende sexy, semmai la connotano come eroina. In realtà con le sue affermazioni, Chastain sembra affermare un principio che appare inconsciamente condiviso dal grande pubblico, cioè che l’unica caratteristica che una eroina debba veramente avere è quella di essere sexy, e che tutte le sue sotto-qualità, come l’essere coraggiosa o particolarmente abile nel combattimento, confluiscano inesorabilmente nel calderone della sessualità.
Ma è veramente così? E cosa vuol dire essere sexy per un’eroina? Si ritorna così a riflettere sulla natura paradossale di questo personaggio, costruito a partire da modelli stereotipati di sensualità e al contempo privo di una vera sessualità. Tranne sporadici casi infatti la carica erotica dell’eroina rappresenta più un ostacolo che un’arma a suo vantaggio, quasi fosse un tabù. Pensiamo alle grandi eroine del cinema: Ripley non ha alcuna storia d’amore, e il suo rapporto col il caporale Hicks è decisamente virile; Alice della saga di Resident Evil, al di là di alcuni sguardi di intesa con il personaggio di Carlos Oliveira, non elargisce una carezza o un bacio in sei film (e le altre eroine della saga, Jill Valentine e Claire Redfield, menchemeno); stessa storia per la Furiosa di Mad Max Fury Road o la Eden Sinclair di Doomsday. Un caso oltremodo esemplificativo è quello dell’altra grande eroina di James Cameron, la Sarah Connor di Terminator. Se nel secondo film segue la regola della rinuncia al sesso, nel primo episodio si innamora di Kyle Reese e ci finisce a letto. Il motivo è presto detto: nel prototipo della serie Sarah Connor non è ancora un’eroina tutta d’un pezzo, ma appartiene ancora all’archetipo della donzella in pericolo; il vero eroe è Reese, è solo in Terminator 2 che Sarah si trasforma nella donna d’acciaio in grado di usare ogni tipo di arma da fuoco.
Insomma, le eroine non fanno sesso. Non solo, nemmeno si innamorano, e se hanno avuto un amato questo è spesso relegato al passato, in un tempo in cui l’eroina magari non era nemmeno veramente tale, si veda per esempio Beatrix Kiddo di Kill Bill o Lara Croft di Tomb Raider. Ci sono ovviamente alcune eccezioni, come ad esempio Jessica Jones, che però è un personaggio molto particolare, ben scritto, e finalmente originale rispetto ai soliti schemi. Jessica è sì un’eroina, ma molto sui generis, praticamente una anti-eroina, raccontata come una normale ragazza della porta accanto con tutti i problemi che questa potrebbe avere, dai guai lavorativi agli scazzi amorosi, il tutto sapientemente declinato nel genere supereroistico (che altro sarebbe il villain Killgrave se non una rappresentazione del marito violento e possessivo?).
Eroine bellissime e supersexy, dunque, ma allo stesso tempo algide e irraggiungibili, ben lontane dalle loro controparti maschili sul campo erotico e sentimentale. Ma perché questa differenza così marcata? La spiegazione può essere cercata nel concetto di “forza”. L’ eroe per definizione deve dimostrare di essere forte, in un modo o nell’altro. Naturalmente la forza può essere raggiunta attraverso un percorso, è anzi provato che più l’eroe si trova in difficoltà e più i suoi nemici sono temibili, aumentando il grado di empatia con lo spettatore. Ma alla fine l’eroe dovrà comunque trovare il modo per superare le difficoltà e sconfiggere il proprio antagonista. Ed è qui che subentra il discorso sui rapporti tra sessi nell’ambito nel corteggiamento amoroso, vera chiave per sbrogliare l’intrigo: Il cinema d’avventura si limita spesso a rappresentare le schermaglie sentimentali sfruttando un’usurata metafora di caccia, in cui il maschio riveste il ruolo (attivo) del cacciatore e la donna quello (passivo) della preda. La donna non può cacciare, ma limitarsi a interpretare il ruolo di bersaglio, preda, trofeo, tanto difficile da conquistare quando prezioso da sbandierare, una volta ottenuto. Prendendo a prestito qualche spregevole metafora figlia di questa cultura, l’uomo sessuato è dunque la chiave universale o il cacciatore formidabile (quindi forte, di successo), la donna sessuata è la serratura fragile o la preda impotente (quindi debole, inaffidabile).
Tutto ciò si riflette dunque nella caratterizzazione delle eroine sullo schermo, i cui sceneggiatori sono restii a permettere loro il legittimo sfogo delle proprie pulsioni sessuali, terrorizzati di mostrare una presunta debolezza che possa mettere in crisi la loro credibilità. Il paradosso è che questa visione del sesso come strumento in grado di ridimensionare la statura di una donna è spesso condiviso anche dalle interpreti stesse. Leggiamo cosa dichiarò Gal Gadot in merito al proprio personaggio in occasione dell’uscita di Batman V Superman:
“For BvS it was important for me that we show how independent she is. She is not relying on a man, and she’s not there because of a love story. She’s not there to serve someone else”
Insomma, ancora e sempre la figura della donna sessuata è legata a un’obsoleta immagine di sottomissione e dipendenza (un personaggio come Daenerys di Game of Thrones davvero dimostra che è possibile il contrario). Nel film solista su Wonder Woman in arrivo questa estate il mondo dell’amazzone, che fino ad allora aveva sempre vissuto con le proprie compagne in un sempiterno percorso di addestramento marziale, verrà sconvolto dall’incontro con il pilota statunitense Steve Trevor, interpretato dal bel Chris Pine; vedremo come verrà trattato il rapporto tra i due. Nel trailer di Atomica bionda si vede finalmente Theron impegnata in una bollente copula, ma non a caso la partner è Sofia Boutella, donna e molto più giovane di lei. A pensar male si fa peccato ma raramente si sbaglia, e non posso non credere che gli sceneggiatori abbiano voluto rappresentarla in quella scena in un ruolo di forza e dominazione, un ruolo maschile, dunque, almeno secondo i canoni attuali del mercato: e per farlo, hanno sentito la necessità di darle in pasto una ragazzina.
Si dice che oggigiorno l’uomo è la nuova donna. Speriamo allora che la donna sappia essere il nuovo uomo e che venga rappresentata come merita. Decretiamo dunque il bando delle bamboline fredde e impalpabili, e proclamiamo la necessità della carne e della passione: c’è bisogno di più donne capaci di prendersi ciò che spetta loro di diritto, non solo sul campo di battaglia.