Ormai da molti anni il postumano è diventato un tema urgente e costante della discussione culturale. Il rapporto tra uomo e macchina ha stimolato innanzitutto l’immaginario narrativo, con una narrativa sci-fi che per anni si è nutrita di futuribili scenari elaborati dall’estetica. Oggi il tema è uscito dalla nicchia e ha conquistato l’attenzione di fette sempre più ampie di osservatori (e anche di narratori, dalla letteratura alle serie TV); anche perché le innovazioni tecnologiche hanno mostrato una capacità di condizionare la vita umana in maniera sempre più dirompente, dall’esplosione del media digitali agli esperimenti sull’intelligenza artificiale, dalle guerre meccanizzate e cibernetiche alle nuove frontiere della medicina. Accade così che in molte società sviluppate (e non) i problemi centrali del postumano siano oggi all’ordine del giorno, tanto che ci si potrebbe chiedere se la cultura postumana sia all’avanguardia rispetto agli stati di cose o, viceversa, si affanni per star dietro a cambiamenti sempre più rapidi e resistenti alla comprensione?

In mezzo a questi interrogativi, rimangono alcune certezze: è impossibile pensare all’uomo senza abbattere i confini delle vecchie categorie, in direzione della sfera tecnologica e di quella del bios animale e “cosmico”. Proprio per questo, alle avanguardie culturali rimane un difficile e “doppio” compito: alimentare di continuo la speculazione, inseguendo i cambiamenti e provando, al tempo stesso, a diffonderli presso un pubblico sempre più vasto (cominciando magari dal far comprendere quali siano state le profetiche implicazioni di un film come Blade runner, che tutti hanno conoscono).

Anche quest’anno, come l’anno scorso, La Balena Bianca parteciperà al Festivaletteratura di Mantova, proponendo insieme ai colleghi di Il lavoro culturale, un piccolo ciclo di incontri intitolato Prossimamente: il focus di quest’anno sarà proprio la configurazione del rapporto tra uomo e tecnologia, dal punto di vista delle scienze umane. Prima di svelare i nomi degli ospiti di quest’anno, per iniziare a masticare un po’ di teoria e presentarsi preparati a settembre, vi proponiamo cinque libri da cui partire per comprendere caratteri, implicazioni e declinazioni di quell’oscuro universo chiamato postumano.


 

Il postumano. La vita oltre l’individuo, oltre la specie, oltre la morte (2013), Rosi Braidotti, Derive Approdi 2014

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Il testo forse più importante delle recenti teorie postumane è quello della filosofa Rosi Braidotti. Partendo da fenomeni come il cibo geneticamente modificato, la robotica, protesi sempre più avanzate e tecnologie riproduttive, la studiosa italo-australiana pone le basi concettuali di una nuova società che supera il confine tra umano e non-umano, dimostrando l’ormai non-naturale struttura dell’uomo contemporaneo. Lontana da qualunque forma di distopia, l’opera di Braidotti prende le mosse dall’uomo vitruviano di Leonardo – il simbolo universale dell’umanesimo – per raccontare ascesa e declino della teoria umanista, con l’avvento degli studi post-colonialisti e l’esigenza di dare senso alle nostre nomadi e multiple identità. Fra i temi centrali di questo testo c’è la nuova etica zoe-centrica, un modello etico che valorizza una sorta di forza vitale generica, non specificamente umana, che porta al decentramento dell’“uomo” da questioni di etica e incoraggia a fare scelte che tengano conto di tutte le forme di vita.

Simians, Cyborgs and Women: The Reinvention of Nature, Donna Haraway, Free Ass. Books 1991

HarawaybookFilosofa, femminista e divulgatrice scientifica, Donna Haraway è tra le figure imprescindibili per chi voglia comprendere il nuovo corso degli studi del postumano. Il Manifesto cyborg (contenuto in questo libro del 1991) annuncia la fine della separazione tra uomo e animale, tra animale-uomo e macchina e infine  tra fisico e non fisico. L’immagine del cyborg è quindi una metafora per dimostrare il superamento di tutta una serie di dualismi, a partire dalla nozione di gender e dai conflitti generati da queste nozioni. «A cyborg is a cybernetic organism, a hybrid of machine and organism, a creature of social reality as well as a creature of fiction. Social reality is lived social relations, our most important political construction, a world-changing fiction. The international women’s movement have constructed ‘women’s experience’, as well as uncovered or discovered this crucial collective object […] the cyborg is a matter of fiction and lived experience that changes what counts as women’s experience in the last twentieth century». Nel 2016 il documentarista Fabrizio Terranova ha realizzato una lunga intervista alla filosofa, presentata al Torino film Festival.

Homo deus. Breve storia del futuro (2016), Yuval Noah Harari, Bompiani 2017

homo deusGiunto dopo l’inatteso successo di Sapiens – finito nel book club di Mark Zuckerberg e tra i consigli letterari di Barack Obama- questo nuovo lavoro dello studioso israeliano specialista in storia medievale militare è divenuto in poco tempo un caso letterario. Homo Deus è un testo ambizioso che tenta di delineare un probabile futuro in cui la civiltà umana, dopo aver quasi debellato malattie e carestie, punterà a sconfiggere il più grande degli ostacoli: la morte. A un sistema capitalistico che prevede una crescita infinita serve del resto un piano infinito. Innesti e nanomacchine trasformeranno gli individui in una collezione di “sottosistemi biochimici” controllati da reti globali che ci informeranno secondo per secondo sul nostro stato di salute. Ma se la Corea del Nord trovasse il modo di hackerare questi sistemi?

Il virtuale (1995), Pierre Lévy, Cortina 1997

VIRTUALE_LEVYSe il posthuman spaventa o alletta con le sue radicali e ormai prossime rivoluzioni, si rende necessario coltivare un pensiero della continuità, che scongiuri il tecnopanico e le infatuazioni futuriste. Il virtuale di Pierre Lévy offre interessanti strumenti filosofici per pensare le novità del post come tappe “normali” del processo di ominazione. Dalla ruota alla protesi, dunque, senza abbandonare le vie maestre dell’«avventura umana»: distacco dalla contingenza, estroflessione del corpo e del pensiero, costruzione di vaste macchine collettive. Il virtuale, lungi  dal coincidere con ciò che è possibile, finto o derealizzato, si presenta come il contrario dell’attualità: un modo dell’essere che sposta l’attenzione dal qui e ora al fascio di problemi e di forze sottese alle entità e agli eventi. Percepire una continuità tra “umano” e  “post” non significa minimizzare le rotture epocali della tecnica. Impianti neurali, innesti, corpi di silicio, intelligenze sempre “più” connesse: tutto questo  nella sua portentosa novità  sarà pur sempre figlio dei desideri, dei metodi, delle pulsioni che spingono il vecchio essere umano.

Nello sciame. Visioni del digitale (2013), Byung-Chul Han, Nottetempo 2015

nello-sciame-d449L’opera di Byung-Chul Han, edita in buona parte da Nottetempo nelle traduzioni di Federica Buongiorno, raggiunge in Nello sciame il suo vertice di sintesi. Partendo da un’acuta disamina dell’homo digitalis e della sua società, Han analizza gli impatti delle nuove tecnologie sullo sviluppo dell’individuo e della realtà. Tra filosofia, sociologia e psicologia (da Hegel a Lacan), Han ha poi come obbiettivo finale l’illustrazione delle conseguenze politiche derivanti da tali sviluppi, che espone con accorta preoccupazione: una massa fatta sciame, trasparente e narcisistica, inamovibile, ma costantemente ciarliera, offre il fianco alle peggiori forme di controllo.