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Il problema di Hume tra fanta-, extra- e super-scienza

Per quale ragione siamo portati a credere che il futuro assomiglierà al passato? Ecco una domanda da Nobel per la filosofia, se solo tale riconoscimento fosse esistito nel XVIII secolo e se i problemi, più che le risposte, potessero contare come delle scoperte. Una palla da biliardo rotola verso un’altra. Fingiamoci empiristi per un attimo: l’esperienza ci dà un’informazione diretta e certa solo nel momento in cui determinati eventi sono oggetto della nostra percezione (presente o passata). Ma perché questa conoscenza si estenderebbe al futuro e ad altri oggetti, che possono essere simili, per quanto ne sappiamo, solamente in apparenza? Cosa mi fa credere che la prima palla, colpendo la seconda, la farà muovere in avanti? Cosa mi fa inclinare a priori verso quest’opzione, rispetto ad altri esiti ugualmente concepibili (la seconda palla rimane immobile, si muove all’indietro, svanisce nel nulla)? Questa e una serie di domande molto simili sono passate alla storia (della filosofia) sotto il nome di “problema di Hume”. Nonostante questo “problema” abbia ormai quasi trecento anni c’è chi sostiene che esso non sia mai stato veramente compreso.

In Métaphysique et fiction des mondes hors-science (2013) il filosofo francese Quentin Meillassoux lo spiega facendo ricorso alla letteratura e tracciando una distinzione tra due regimi di finzione: la science fiction e la finzione di mondi extra-scientifici. Mentre la science fiction ci trasporta in un futuro possibile della scienza attuale, il secondo tipo di finzione ci chiede di immaginare un mondo dove la scienza sperimentale è impossibile per principio. I filosofi (Karl Popper in primis) hanno trattato il problema humiano come un caso di science fiction, mentre Hume ci domandava in realtà di spingerci a concepire un mondo extra-scientifico.

Il racconto La palla da biliardo (1967) di Isaac Asimov è science fiction allo stato puro. Il Professor James Priss, è uno dei maggiori fisici viventi, insignito (lui sì) del premio Nobel, per la teoria del campo antigravitazionale, implicante, a livello teorico, la possibilità di annullare qualsiasi campo gravitazionale tramite un campo elettromagnetico sufficientemente forte. Si sospetta che Priss sia l’autore dell’assassinio di Edward Bloom, suo vecchio compagno di studi, privo di attitudine teorica ma dotato di grande talento applicativo e spirito d’iniziativa: Bloom realizza materialmente le tecnologie rese concepibili dai teorici e gode perciò di una grande popolarità, nonché di un notevole successo economico. La rivalità tra i due, mascherata dall’abitudine di ritrovarsi settimanalmente per una partita di biliardo, sembra sul punto di venire alla luce quando Bloom annuncia l’invenzione di un dispositivo in grado di verificare la teoria di Priss, ritenuta irrealizzabile tecnicamente. Il dispositivo consiste in due placche che creano un campo elettromagnetico attorno (guarda caso) ad un tavolo da biliardo. Bloom invita Priss ad eseguire l’esperimento, che consiste nel far rotolare una palla attraverso la regione del tavolo dove il campo gravitazionale dovrebbe risultare azzerato dal suo dispositivo tecnico. Le aspettative sono però disattese: la palla, anziché mettersi a fluttuare nell’aria, assume una traiettoria aberrante ed un’accelerazione spaventosa. Bloom è colpito mortalmente come da un fulmine che lo attraversa e che continua la sua corsa ben oltre la stanza dove avviene l’esperimento. Alla fine Asimov, attraverso il personaggio di Priss, dà la chiave (cioè la spiegazione fisica) dell’evento: in un campo a gravità zero un corpo perde la sua massa e si muove quindi alla velocità della luce. Pur riacquistando la massa all’uscita dal campo, l’accelerazione impressa al movimento del corpo rimane elevatissima. Questo fa rientrare il racconto nella logica della science fiction: una tecnologia futuribile, un fenomeno imprevisto, un’induzione fallita, una nuova spiegazione scientifica. Non è ciò che Hume intendeva, secondo Meillassoux, e bisogna guardare a Barjavel, anziché ad Asimov, per capirlo.

Ravage (1943), di René Barjavel, è il prototipo di finzione di mondi extra-scientifici: nel 2052, dal giorno alla notte, il fenomeno dell’elettricità smette semplicemente di prodursi, di manifestarsi, di accadere. Barjavel non presenta alcuna spiegazione per questo fatto sconcertante, offre solamente il racconto delle catastrofi e dei cataclismi che ne conseguono.

Noi viviamo in un mondo che crediamo immutabile perché l’abbiamo sempre visto obbedire alle stesse leggi, ma niente impedisce che tutto possa mettersi a cambiare bruscamente all’improvviso, che lo zucchero diventi amaro, il piombo leggero, e che una pietra si libri nell’aria, anziché cadere quando la mano la lascia. Noi non siamo niente, mio caro amico, noi non sappiamo niente…

Il mondo fa i capricci, le leggi della natura funzionano a intermittenza, eppure rimaniamo coscienti di ciò che ci accade intorno: gli oggetti, gli individui e i fenomeni sono sufficientemente permanenti per poterli distinguere. In un mondo di tal fatta la scienza galileiana, come noi la conosciamo, sarebbe però impossibile. Le leggi della natura perderebbero il loro carattere necessario, diventando simili a quelle regolarità che sembrano caratterizzare i comportamenti sociali (Hume li chiamerebbe “morali”) degli uomini, sulla cui base nessuna previsione certa è mai possibile. Per Meillassoux è possibile pensare ad un mondo, quello immaginato da Hume e da Barjavel, in cui la scienza è abolita ma dove la coscienza è possibile. Tale mondo è speculativamente interessante, perché ci spinge a porci il vero “problema di Hume”: è possibile pensare la regolarità senza la necessità? Métaphysique et fiction des mondes hors-science, trascrizione di una conferenza pronunciata nel 2006 (di cui il video integrale è disponibile su youtube), è d’altronde uno spin-off di Dopo la finitudine (2006; trad. it. Mimesis, Milano 2012) in cui Meillassoux rifletteva proprio sulla necessità della contingenza: noi viviamo in un mondo dove le leggi sono necessariamente contingenti.

Questo mi fa pensare ad un altro caso di fiction, che forse non rientra nitidamente nei due regimi di Meillassoux. Nell’arci-noto film di Harold Ramis, Ricomincio da capo (1993) il personaggio interpretato da Bill Murray si rende conto di vivere lo stesso giorno ogni volta che si sveglia. All’improvviso, e senza alcuna ragione, il tempo è diventato perfettamente circolare e il ciclo è di 24 ore. Gli eventi che si susseguono all’interno di quel giorno sono tutti contingenti, eppure, avendoli già vissuti, egli è in grado di prevederli. Ciò vale tanto per gli eventi naturali (lo spuntare del sole dietro alle nuvole) quanto per gli eventi morali, legati cioè al comportamento umano o sociale (il passare di quell’automobile in quel preciso istante). Questo non è chiaramente un caso di science fiction, né di mondo fuori-scienza, ma forse di finzione di un mondo super-scientifico, dove ogni fenomeno è totalmente regolare – e quindi perfettamente conoscibile – pur non essendo necessario. L’idea humiana che è possibile trarre è che l’assenza di necessità non impedisce di prevedere ciò che succede. Una delle motivazioni di fondo della speculazione di Hume risiedeva infatti nella possibilità di dar conto nella maniera più univoca possibile delle regolarità della natura umana, imitando ciò che Newton aveva fatto con il principio di gravitazione universale. E la “scoperta” di Hume è appunto che nel campo dei fenomeni mentali è la causalità a svolgere la funzione che la gravità riveste per i fenomeni naturali. Più che paventare catastrofi al fine di farci diffidare della costanza della natura e delle sue leggi, l’obiettivo di Hume sarebbe allora quello di farci osservare quanto la mente umana sia straordinariamente “naturale” e regolare.

A quale di questi tre casi (Asimov, Barjavel, Ramis) assomiglia di più l’esperimento mentale di Hume? Stabilirlo non è così facile come sembra e ciò dimostra come il problema di Hume sia, non solo, come tutti i problemi filosofici, impossibile da risolvere, ma anche difficile da comprendere. Allenarsi con gli immaginari della fanta-, extra- o super-scienza può essere d’aiuto ed è sicuramente merito di Meillassoux l’avercelo suggerito.


 

Quentin Meillassoux, Métaphysique et fiction des mondes hors-science, Éditions Aux forges de Vulcain, Paris 2013, 108pp., 10€