Avete presente quando capitate su quel brano della vostra playlist che non riuscite a togliere dalla selezione, il pezzo di quella band che ascoltavate tempo fa, nulla di originale, ma cavolo se suona ancora bene, tanto che non potete evitare di alzare il volume in cuffia? Stranger things 2 è esattamente questo: un buon vecchio brano che non smette di emozionarti, suonato da un gruppo di bravi musicisti.

Conclusa la visione di una prima stagione sorprendente per capacità di rielaborazione di materiali altrui e intelligenza narrativa, avevo archiviato la serie come il caso eccezionale di una produzione incappata in un successo inatteso. La storia, per quanto ben scritta e con un finale maliziosamente tenuto semi-aperto, sembrava avesse esaurito il suo potenziale e l’annuncio di una seconda stagione suonava come una forzatura dettata unicamente da – sacrosante – logiche di profitto. In effetti questo secondo capitolo sulle strane vicende della città di Hawkins è senza dubbio frutto di uno studio accurato del target e dei suoi gusti, ma anche di un pregevole lavoro d’archivio. La ricetta è la stessa del primo capitolo: un mashup perfettamente campionato di miti anni 80 che spaziano dalla cinematografia ai videogames, passando per la musica. Il livello di citazionismo è, se possibile, ancora più articolato e pervasivo rispetto al precedente capitolo. L’abilità dei fratelli Duffer consiste nel rimescolare le carte quel tanto che basta per evitare una stucchevole serie di omaggi, lasciando una persistente – ma piacevole – sensazione di déjà vu.

Stranger things 2 risulta così un piccolo miracolo senza il bisogno di compierne alcuno. Tutto ciò che è servito a rendere questo sequel un prodotto efficace è stato il totale rispetto della storia, con l’inserimento di ben ponderate nuove linee narrative. C’è quindi spazio per nuovi personaggi, come Mad Max, una misteriosa ragazzina dai capelli rossi formidabile giocatrice di videogames, accompagnata da un fratellastro violento: un convincente villain umano in una storia di mostri extradimensionali. L’introduzione di nuovi personaggi è sintomo spesso di debolezze strutturali o di effettive mancanze di idee, ma nel caso di Stranger Things si rivela un’operazione vincente. La novità portata da Mad Max e Billy permette ai Duffer Brothers di sviluppare trame e personaggi minori, distogliendo l’attenzione da quella che era stata l’icona della prima stagione: Eleven, la bambina dai poteri soprannaturali, che per motivi di copione avrà poca libertà di manovra. Ma Mad Max e il fratello uscito da una pubblicità di Jeans Carrera non sono le uniche new entry. La prima puntata si apre infatti sulle imprese di una nuova ragazzina dai poteri stroardinari e facciamo la conoscenza di Bob, il mite compagno di Joyce, la madre coraggiosa del piccolo Will interpretata da Winona Ryder. Ogni nuovo elemento nella compagine della cittadina di Hawkins si incastra perfettamente, preparando il terreno a un nuovo scontro con il sovrannaturale, quest’ultimo non più sotto forma di bestiale creatura solitaria, ma di senziente minaccia pronta a invadere la realtà con un potenziale devastante. Dalla macchina assassina in stile Alien si passa quindi all’immaginario di Lovecraft e ai suoi demoni dai tratti indefiniti. Il Male si presenta sotto forma di un gigantesco aracnoide, che ricorda vagamente gli alieni del classico “la guerra dei mondi” ma anche la l’ultima trasformazione di IT. Ancora una volta è quindi la riattivazione di miti collettivi a rendere questa serie irresistibile. Non c’è spazio per novità o rischiose scelte registiche: il mito del genio e dell’ispirazione viene definitivamente annichilito, in un progetto che non lascia nulla al caso.

Alien,  l’Esorcista, i Guerrieri della notte. L’immaginario anni 80 torna a essere rimasticato e rielaborato in un design perfettamente contemporaneo, superando infine il pregiudizio di chi vedeva in Stranger Things – me compreso – una semplice trappola per nostalgici. La storia supera egregiamente la prova del sequel, mettendo in campo una convincente maturazione di tutti gli elementi della storia. Ogni cosa cresce, anche fisicamente. Il gruppo di ragazzini che giocavano a Dungeons and Dragons nel seminterrato sono ora alle soglie dell’adolescenza, con tutto ciò che questo travagliato periodo dell’esistenza comporta, compresi conflitti e primi amori. Ma anche il nemico subisce un’evoluzione e una delle maggiori trovate della stagione – nonché forse la più palese delle citazioni – consiste in un cucciolo di Demogorgon allevato da Dustin, che lo scambia per un curioso animaletto. Inutile dire come andrà a finire.

Stranger Things

Stranger Things

Il fenomeno della metamorfosi investe ogni aspetto della storia: c’è chi finisce per ospitare nel proprio corpo delle presenze indesiderate, chi accetta la trasformazione in atto di una relazione, chi decide di cambiare atteggiamento nella propria vita, affrontando un terribile passato. Mentre nel sottosuolo di Hawkins si sviluppano radici maligne di un altro mondo, di cui si temono gli inquietanti fiori.
Difficile immaginare quale potrà essere lo scenario della terza stagione, ma i Duffer Brothers hanno di certo conquistato gli scettici e dimostrato di poter condurre la storia in totale controllo.
Di questo passo Stranger Things potrebbe ambire alla longevità – e al ritorno economico – di un più sinistro Harry Potter, con la serie che segue la crescita dei protagonisti fino all’età adulta, diventando l’imperdibile classico di Halloween.