Siamo studiosi e studiose, scrittori e scrittrici, preoccupati dal dilagare dell’odio nei media italiani. Odio verso le donne, i migranti, i figli di migranti, la comunità Lgbtq. Un odio che è ormai il piatto principale di moltissimi talk show televisivi nei quali vige da tempo la politica dei microfoni aperti, senza nessuna direzione o controllo. E spesso le parole che escono fuori da alcuni dibattimenti televisivi sono parole che mettono fortemente in crisi o addirittura contraddicono l’essenza stessa della nostra Costituzione, il richiamarsi a un patto antifascista e democratico.
L’attentato di Macerata, dove un simpatizzante neonazista ha cercato la strage di uomini e donne africani, è qualcosa che ci interroga nel profondo. Le vittime sono diventate il bersaglio di un uomo la cui azione terroristica si è nutrita della narrazione tossica veicolata non solo da internet ma anche dal mainstream mediatico. Dopo quello che è successo non possiamo restare in silenzio. Serve una maggiore assunzione di responsabilità, serve un nuovo patto fra chi fa comunicazione e i cittadini.
Le parole di odio, lo abbiamo visto chiaramente, possono tradursi in atti di violenza omicida. Azioni che, acclamate e imitate, rischiano seriamente di innescare una spirale di violenza. Per noi è evidente che il nodo mediatico ha contribuito a produrre e legittimare lo scatenarsi delle pulsioni peggiori. Per questo chiediamo ai media di non prestare più il fianco alla propaganda d’odio, ma di compiere anzi uno sforzo nel contrastarla. Intere fette di società (per esempio i migranti e i figli di migranti) nella rappresentazione mediatica esistono pressoché solo come stereotipo o nei peggiori dei casi come bersaglio dell’odio, contraltare utile a chi fa di una propaganda scellerata il suo lavoro principale.
Sappiamo che nei media lavorano seri professionisti che come noi sono molto preoccupati per la piega degli eventi. Servono contenuti nuovi, modalità diverse, linguaggi aperti e trasparenti. Non possiamo permettere che nel 2018, ad 80 anni dalle leggi razziali, ritornino quelle parole (e quegli atti) della vergogna. Dobbiamo cambiare ora e dobbiamo farlo tutti insieme. Ne va della nostra convivenza e della nostra tenuta democratica.
Quello che chiediamo non è un superficiale politically correct. Chiediamo invece una presa in carico di un mondo nuovo, il nostro, che ha bisogno di conoscersi e non odiarsi.
Antonio Gramsci scriveva: Il vecchio mondo sta morendo. Quello nuovo tarda a comparire. E in questo chiaroscuro nascono i mostri. Dipende da noi non lasciar nascere questi mostri. Dipende da noi evitare che torni lo spettro del fascismo nelle nostre vite. Per farlo però dobbiamo lavorare in sinergia e cambiare i mezzi di comunicazione. E dobbiamo farlo ora, prima che sia troppo tardi.
Vanessa Roghi
Helena Janeczek
Igiaba Scego
Sabrina Varani
Christian Raimo
Paolo di Paolo
Michela Monferrini
Frederika Randall
Graziano Graziani
Francesca Capelli
Shaul Bassi
Loredana Lipperini
Shulim Vogelmann
Amin Nour
Reda Zine
Sabrina Marchetti
Amir Issa
Alessandro Triulzi
Francesco Forlani
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Ilda Curti
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Attilio Scarpellini
Filippo Tuena
Francesco M.Cataluccio
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Gianfranco Pannone
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Franco Buffoni
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Caterina Bonvicini
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Emanuele Zinato
Andrea Inglese
Andrea Raos
Maria Grazia Meriggi
Alessandra Di Maio
Roberto Carvelli
Francesco Fiorentino
Grazia Verasani
Caterina Venturini
Alessandra Carnaroli
Lorenzo Declich
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Marco Belpoliti
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Marco Missiroli
Alessandro Robecchi
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Jamila Mascat
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Rino Bianchi
Carola Susani
Roberto Carvelli
Isabella Perretti
Rosa Jijon
Davide Orecchio
Antonella Lattanzi
Simone Giusti
Simone Siliani
Alberto Prunetti
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Francesco Fiorentino
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Tommaso Giartosio
Attilio Scarpellini
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Giuliano Santoro
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Alessandro Mari
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Società italiana delle Storiche
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Emanuele Plasmati
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Paolo Soraci
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Letizia Perri
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