Tempo fa girava su Facebook un trafiletto comico in cui si associavano le case editrici italiane al loro lettore ideale. Neo Edizioni aveva «Wildboys che preferiresti non incontrare di sera» e gli editori avevano commentato «Neo è esattamente dove dovrebbe essere». E in effetti questo divertissement non era molto lontano dalla realtà, dato che la collana Iena, a cui Cometa (Neo Edizioni, 2018) appartiene, sembra puntare su trame pronte a mettere in discussione la morale comune. Nella stessa collana hanno pubblicato anche Paolo Zardi e Gianni Tetti, due che non si fanno problemi a raccontare gli atti terribili a cui può giungere l’essere umano. Ma sbaglierebbe chi associasse questa predilezione per le tinte forti ad un desiderio di sconvolgere il lettore per divertimento, come per superiore intelligenza che si diverte a prendersi gioco di chi ancora è costretto da tabù morali. E sbaglierebbe anche chi percepisse questi romanzi come narrative puramente di genere, dove l’elemento splatter, o erotico, o thriller è il filo conduttore e valore principale dell’opera. I romanzi Neo infatti utilizzano elementi forti, certo, ma parlano comunque della natura umana. Il libro di Gregorio Magini (ritorno al romanzo per lo scrittore fiorentino co-fondatore del progetto SIC e già autore de La famiglia di pietra) rientra perfettamente in questa definizione, come vedremo.
«Non lavorare, non aspettare, non invecchiare»
L’incipit del romanzo fornisce un preavviso di stile e temi della narrazione:
I miei genitori scopavano sempre e mi piaceva guardarli. Il mio primo ricordo è mamma in ginocchio che sussulta sotto i colpi del bacino di papà. Mi godevo lo spettacolo e mi succhiavo le gengive. C’è chi sostiene che non posso avere ricordi così lontani, e argomenta con certi dati sullo sviluppo della guaina mielinica degli assoni neuronali, ma è gente insulsa che nella vita non gli è mai capitato niente, hanno sprecato la prima infanzia fissando il fiore di legno sopra la culla, sporadicamente osando avventurare lo sguardo fino al soffitto, ma era già troppo imprudente, gli dava un senso di vertigine. Io invece ricordo bene i miei primi mesi perché guardavo i miei genitori scopare ogni giorno.
A parlare, è Raffaele, uno dei due protagonisti, un ragazzo con una fissazione per il sesso, che ricerca ossessivamente il coito come obiettivo per dare un senso alla propria esistenza. Avendo vissuto da sempre in un’atmosfera di libidine e desiderio (esemplare il racconto della scuola elementare, in cui la tensione erotica sfiora l’orgia tra bambini e bambine), una volta cresciuto e approdato in società, inizia ad interessarsi alla politica per avere più successo con le donne. Per riuscire a conquistarle le tenta tutte: modifica il suo abbigliamento e le sue idee, si iscrive al collettivo FAP (acronimo per “Frenocomio Autonomo Perenne”, ma anche onomatopea per la masturbazione maschile) e partecipa al G8 di Genova per fare colpo su una ragazza. È nel racconto di quest’ultimo episodio che Magini dimostra di sapersi muovere su più piani, ampliando lo sguardo oltre il suo protagonista e riuscendo a sintetizzare in poche righe la situazione sociale di quel decennio e di quelli a venire:
Il motivo di tale confusione, come fu chiaro solo qualche anno dopo, era che i tempi stavano cambiando: la classe media si sfaldava, tornava a dilatarsi la faglia storica tra chi apparteneva a famiglie dotate di rendite immobiliari, azionarie e obbligazionarie e chi – come dire – no. Agli abbienti interessa la libertà garantita dai diritti, ai poveri quella garantita dai soldi, l’uguaglianza. Diventando sempre meno eguali, era naturale che lo Stato, che era sempre rimasto saldamente in mano ai ricchi, diventasse sempre meno indulgente nei confronti di chi lottava per l’uguaglianza, e sempre più alleato di chi reclamava più libertà. Ai primi toccarono dunque botte e condanne, ai secondi nulla che non avessero già, che non è molto, ma è già meglio di botte e condanne.
In questo senso il personaggio di Raffaele, che vive secondo i comandamenti del nonno «Non lavorare. Non aspettare. Non invecchiare», si fa simbolo di tutti i suoi coetanei, persi dietro a sterili rivendicazioni, dediti ad un erotismo egocentrico, ad uno spirito d’avventura che non svolta nell’impegno civile, ma soltanto nella vacua celebrazione di se stessi. Come nella scena conclusiva della manifestazione, in cui si trova circondato da un gruppo di manifestanti violenti, di cui ammira l’azione distruttrice, ma che, si rende conto, porteranno più danni che effetti positivi:
Ma non avrei mai avuto, come il biondo, il coraggio di ingoiare come necessità, e quindi soverchiare con lo slancio della superiorità vitale, il patto fra l’ordine e il caos che era stato stretto per rendere possibile il grande evento coronato dal sacrificio umano. La vera anarchia, l’unica vera, ce l’avevano solo il biondo e i pochi come lui capaci di sopportare consapevolmente e con disperata allegria l’idea che scambiavano un pomeriggio di libertà per sé con il massacro fisico e mentale di un’intera generazione di spiriti ingenui e democratici. Io stesso, che mi ero sempre dedicato all’estirpazione delle mie speranze e della mia moralità, non sarei mai stato capace di tanta splendida corruzione.
«Il ragioniere dei ti amo, sei. Non ti vergogni?»
Controparte di Raffaele è Fabio. Le sue ossessioni riguardano l’universo informatico: è infatti il classico nerd che passa le giornate al pc, prima con i videogiochi e poi con i social network, senza riuscire a costruire relazioni sociali stabili con i suoi compagni. Con le donne vive un rapporto ambiguo e malsano, poiché le desidera senza però capirle e perciò si troverà invischiato in una relazione senza sesso e piena di litigi contorti e sfiancanti:
A quel punto poteva iniziare la questione vera e propria, come la volta che Fabio non le disse ti amo per quattro giorni: Non mi dici mai ti amo.
Non è vero.
Non me lo dici mai
Questa è una bugia
Allora quand’è che me l’hai detto l’ultima volta.
[…]Giovedì, venerdì, che differenza fa? Va bene, te l’ho detto sette giorni fa, non sei. Ti sembra che sia mai? Non è mai. Mai sarebbe sei mesi fa.
Questa poi.Tre?
Tsè.Va bene, un mese fa sarebbe mai. Una settimana fa è spesso. È normale.
Tutto mi sarei aspettata nella vita, fuorché un uomo che si mette a fare la contabilità dei ti amo. Il ragioniere dei ti amo sei. Non ti vergogni? Vergognati.
La sua vita sembra arrivare ad una svolta quando conosce Raffaele, aiutandolo a realizzare una bizzarra installazione artistica e poi ideando insieme a lui un progetto rivoluzionario: Comeetr.
Definito come «il social network che avrebbe reso obsoleti i social network», è l’idea per un sistema di collegamento tra utenti bisognosi di compagnia in base ai loro interessi:
Immagina. È sera, vuoi uscire, ti senti solo, tutti i tuoi amici sono emigrati o stanno a letto a piangere. Vai sul sito, metti i tuoi dati e bam, tempo dieci minuti trovi compagnia, ma non uno stronzo qualsiasi, trovi qualcuno che fa per te, che ti capisce, che ci tiene. – Un’anima gemella. – Sì. – Un appuntamento al buio. – No! Niente di piccante. Una cosa sociale. – E come fai ad assicurarti che due persone si vogliano bene? – Incroci i dati. Fai vedere alle persone gli aspetti delle persone che piacciono alle altre persone.
Per conoscere l’esito del progetto bisogna leggere la seconda metà del libro, ma si può anticipare già che il fulcro della storia non è nell’esito o meno del progetto. Infatti Comeetr è un’idea che ha valore non solo di per sé, come esasperazione del meccanismo dei social network (e perciò come rivelazione delle sue meccaniche di base), ma anche come simbolo di una generazione, sempre più connessa e sempre più sola. Cometa vuole essere quindi una fotografia del nostro recente passato e del nostro presente sempre più ricco di stimoli. Tramite i due protagonisti si mostrano due caratteri differenti, due modi di affrontare la vita in una contemporaneità che ci sembra sempre più manipolabile e sfuggente al tempo stesso.
Il contraltare di questa solitudine? L’affetto, anzi l’amore, per cui soffrono sia lo spavaldo Raffaele che il disadattato Fabio, e che è declinato sia nella componente erotica che in quella romantica, con un ampio campionario di comportamenti estremi da entrambe le parti: dalla pervasività della pornografia nelle relazioni («Tornai a casa e mi feci una sega guardando il video della nostra ultima scopata […] Da un lato il porno era l’unico modo che avevo di pensare a lei senza soffrire, dall’altro continuava a piacermi, mio malgrado più dei video con le attrici […] ») all’esasperazione delle pretese sentimentali:
Matilde infatti era abituata a non pretendere una virgola di meno che i miracoli. […]
Concepiva l’amore come una faccenda in cui si viene innalzati all’empireo da un essere straordinario simile a Gesù, dopodiché si fa una famiglia e si muore vecchissimi.
Lo stile è per la maggior parte del romanzo scattante, rapido ed evocativo allo stesso tempo, ed è l’ideale per tragicomiche avventure o dialoghi incisivi, di cui il libro è pieno. Allo stesso tempo però, risulta un difetto nelle sequenze onirico-allucinatorie (di cui sono protagonisti alternativamente Raffaele e Fabio) che così diventano difficili da seguire per il lettore.
Il finale è volutamente elusivo, ricorda il David Foster Wallace de La scopa del sistema e il McCarthy di Satin Island, e lascia i lettori alla pari dei personaggi, in attesa di una svolta che sembra sempre dietro l’angolo e non arriva mai.
Ma forse una conclusione più definita non era possibile e sarebbe sembrata quasi semplicistica. Se è vero che la modernità è la convinzione «che il cambiamento è l’unica cosa permanente e che l’incertezza è l’unica certezza», allora anche il modo di raccontare la contemporaneità è suscettibile di tale incertezza. Se non ci sono più approdi fissi nella vita di tutti i giorni, una storia che pretenda di raccontare il contemporaneo non può che imitarne la tendenza e perciò terminare con un’apertura al caso, piuttosto che con una chiusura in un epilogo risolutore.