Alta Fedeltà ritorna con la musica di questo terzo trimestre del 2018. Regolare come sempre, la ciurma e i suoi collaboratori vi propongono una serie di consigli variegati per un ascolto multi-stile che possa coprire ogni esigenza musicale in qualsiasi parte del mondo vi troviate, in qualsiasi stagione viviate, ma soprattutto se state vedendo arrivare – inesorabile – l’autunno.

Buon ascolto!


Low, Double Negative (Michele Turazzi)

Poche volte un disco ha avuto una data d’uscita più azzeccata: Double Negative è un album perfetto per inaugurare l’autunno, undici tracce da ascoltare mentre le foglie ingialliscono e cadono al suolo. Fin qui, niente di strano, per chi conosce i Low: la band statunitense, fin dagli esordi slow-core, venticinque anni fa, ha abbracciato una quieta e mistica malinconia. Ma in questo nuovo lavoro ci troviamo di fronte a un autunno dai colori esasperati, una stagione apocalittica squarciata da un’elettronica spesso dissonante. Ed ecco che le voci eteree di Alan Sparhawk e Mimi Parker devono adeguarsi, distorcersi, e seguire questo ritmo allucinato ed esasperato, degno interprete dei tempi che ci troviamo a vivere. (E un bel regalo da parte della band, nonché un modo privilegiato per entrare in contatto con Double Negative, è il primo video promozionale, che fonde in una suite di quindici minuti, le tre tracce iniziali.)

 

Istituto Italiano di Cumbia vol. 2 (Giacomo Raccis)

Questa non è musica che incontrerete facilmente nelle rassegne sulle nuove uscite musicali; non è neanche musica che troverete nelle classifiche o – dove esistono ancora – nelle vetrine dei negozi di dischi. Questa è musica che si scopre per caso, durante una serata in un magazzino occupato a cui vi ha trascinato il vostro amico sbronzone o nel dj set di un festival estivo che non avevate mai sentito nominare (così è successo a me). Ma la musica dell’Istituto Italiano di Cumbia dovrebbe essere trasmessa in filodiffusione negli uffici, nei supermercati, negli autogrill, oltre che naturalmente in tutti i locali notturni. Si tratta di cumbia rivisitata in salsa italiana (ed elettronica) da un collettivo di musicisti che in questo secondo disco si espande ulteriormente rispetto al volume 1. La parte del leone – almeno a parere di chi scrive – la fanno la voce di Davide Toffolo (vero e proprio frontman dell’Istituto), i suoni ipnotici e malinconici dei Cacao Mental (quelli della celeberrima El Pescador) i Jungla EST (che con Cumbia sencilla riprendono la base di Ayahuasca Sublime) e gli Operação Trópico, che con Non mi piace rispolverano la verve anticapitalista già portata in auge da La grana.
Al ritmo del mantra «tutto il giorno a riposare, tutta la notte a lavorare», possiamo affrontare serenamente l’inverno che arriva, sapendo che all’uscita ci sarà la cumbia ad aspettarci: e a farci ballare.

 

Alice in Chains, Rainer Fog (Davide Saini)

A fine agosto è arrivato Rainer Fog, sesto album degli Alice in Chains e terzo della loro “seconda vita” da nuova vecchia band sempre sotto la lente di ingrandimento per la storia che si portano in giro e naturalmente per il “nuovo” cantante. Lasciando perdere le polemiche, credo si debba inevitabilmente constatare che anche in questo nuovo album la band continua coerentemente la sua evoluzione: non si sono fermati a ripetere o a scimmiottare se stessi, ma invece proseguono il loro percorso producendo musica viva. Un percorso di dialogo col metal e con i temi tradizionali del grunge, certo, ma anche un itinerario che nasce dal percorso umano e professionale della band evolvendosi, mutando e avanzando. Nel complesso ne è uscito un album dall’incredibile qualità musicale, misurato e potente, sofferente ed energico, cupo ma anche positivo. Da ascoltare.

 

Beastmaker – 8 EP (Paolo Caloni)

Per chiudere la fase compositiva culminata con l’ottimo Inside the skull, Trevor William Church sceglie di rilasciare in 8 EP, usciti a pochi giorni l’uno dall’altro nel giro di meno di un mese su Bandcamp, il materiale inedito dei Beastmaker accumulatosi negli anni. Ogni EP raccoglie quattro brani, quasi un distillato di retro-doom (consigliato durante l’autunno), accompagnati da un artwork ricercatissimo in stile horror movie di pessima qualità. I 32 brani hanno strutture piuttosto semplici, la durata è molto contenuta, per questo scorrono piacevoli e variegati: le melodie sbilenche alternano ritmi ipnotici e cadenzati ad andature più sostenute e aggressive, con un riffing sempre inspirato e introdotto spesso da campionamenti orrorifici o da sintetizzatori da b-movie. Il disco precedente testimoniava l’ottimo stato di salute del gruppo, ma questa raccolta indica chiaramente il fermento vulcanico di Trevor (animatore anche degli interessanti Haunt di Burst into flame, che però suonano come se gli Iron Maiden dei primordi venissero fiondati nell’epoca del digitale e degli hipster) e il suo amore incondizionato per il doom dalle tinte più occulte e sinistre. È difficile individuare un EP migliore degli altri, meglio farsi guidare dalle bellissime copertine. Insomma, un buon modo per entrare nell’esplosivo processo compositivo dei Beastmaker: immediato e frammentario, ma ricco di intuizioni. Ascolteremo cosa accadrà nel 2019 con il disco nuovo.

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Mogwai, Kin (Michele Farina)

Ennesima prova convincente dei Mogwai, che tornano a cimentarsi nella composizione di una colonna sonora. La formazione di Glasgow ha dimostrato negli anni una certa predisposizione naturale a interpretare il genere, talora con risultati eccellenti, se si pensa ad esempio alle sonorizzazioni del docu-film Zidane: A 21st Century Portrait (2006) e della serie televisiva francese Les Revenants (2012). Questa volta, decidendo di accompagnare Kin, sgonfissima pellicola americana di science-fiction, i Mogwai riescono nella proiezione di un universo elegante e selvaggio, sempre credibile, che alterna le consuete tempeste elettriche a sonorità più morbide e ambient (Flee, Guns Down). I dischi dei Mogwai sono viaggi per mondi lontani, dove l’uomo non è il centro di ciò che accade: Donuts, uno dei due singoli che hanno anticipato l’uscita del disco, vale da solo il prezzo del biglietto.

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