Titolo tra i più suggestivi degli ultimi anni, la parola Historiae ruota nel palato ancor prima che nella mente, si arriccia per poi schiudersi con al fondo una perla verbale. In essa luccica il nitore di un mondo scomparso, insieme alla robustezza di un genere letterario non più praticato ma di fascino intramontabile. Il potere di questo titolo investe anche l’immaginario dei lettori, condotti a interrogarsi sulle relazioni spezzate tra poesia e cultura umanistica.

Nel corso del Novecento si è verificato, con sgomento degli stessi protagonisti di questa vicenda, uno scollamento tra la cultura umanistica e la poesia, cioè una separazione che ha portato la poesia a specializzarsi in una nicchia non più dialogante con lo spazio circostante, scienza della parola autonoma, fino a diventare un monumento nel deserto, vano tamburello che scandisce un gioco spento da secoli. Rimasta senza lettori al di fuori di pochi addetti, non più moneta corrente tra gli intellettuali, condotta al proprio perpetuo funerale mentre esplode ogni giorno in una nuova primavera, la poesia si è ritirata in un limbo, da dove ancora molto, anzi moltissimo, ha da dare alla cultura umanistica, e da dove talvolta può essere stanata.

Proprio fin dal titolo del libro Antonella Aneddda trascina la poesia in un territorio ibrido e la risitua sotto la cupola della cultura umanistica. Richiamandosi a un classico latino, un’opera non poetica ma storiografica, Anedda tenta quella sintesi tra i saperi che la poesia per vocazione ha sempre ricercato fino a una certa soglia. La parola poetica, come ci ha insegnato l’ultimo secolo, non ha bisogno che di se stessa, eppure da una sua ricontaminazione con gli altri rami di quello che tradizionalmente si considerava l’umanesimo possono aprirsi potenzialità inespresse, con l’ulteriore beneficio di un giovamento reciproco tra poesia e diverse discipline.

Nel libro si incrocia una riflessione sui destini collettivi e individuali, con uno sguardo che abbraccia l’attuale momento storico, approfondito dai resti di epoche precedenti, insieme a una pacata osservazione dei paesaggi naturali, alternati a paesaggi urbani e domestici, in un lampeggiare di letture (l’Eneide, Dante, Tacito, Auden, Lamarque…) e di meditazioni, frammenti tra cui l’io avanza, sopportando un lutto personale e contemplando attonito “il nostro purgatorio”. Historiae non soltanto cita alcuni passaggi del capolavoro di Tacito, ma connette in uno sguardo unico diverse prospettive sul nostro presente, inseguendo lo scheletro di una storia generale. Il titolo indica non solo un modello ma anche un metodo, un paziente lavoro che immerge la cronaca nella storia, dandole un orientamento e un profilo.

Affrontando i drammi umanitari di questi anni, Anedda non sembra però alzare una voce di denuncia. Accostandolo alla routine di coloro che ne sono solo sfiorati attraverso le notizie, il dramma viene registrato nella sua oggettiva drammaticità e lontananza: esso appartiene al nostro tempo tanto quanto la nostra spaesata routine. Questo intreccio di fenomeni che non si toccano ma si coappartengono delinea il profilo di un’epoca e dell’angoscia che la attanaglia, fatta di impotente partecipazione e inevitabile indifferenza al male. Anedda non scrive un libro civile, perché non sposa una causa riducendo il mondo alla sua parzialità, ma un grande affresco, uno specchio di quello che sta avvenendo, in cui tutti gli avvenimenti sono rappresentati insieme ai loro nessi o alla mancanza di nessi.

Futuro I

Qualcuno a quest’ora avrà appena finito di sognare
mentre i popoli migrano,
qualcuno si sarà di nuovo messo a letto,
per qualcuno il mattino non diventerà mai sera,
qualcuno porterà fuori l’immondizia
e ascolterà lo scroscio della pioggia improvvisa.
Un gatto trotterà nel sentiero di ghiaia,
di nuovo sarà ancora notte,
con i platani chini sull’asfalto bagnato, le tende chiuse
e il corpo ancora in grado di obbedire.
In uno dei palazzi di fronte un cane resterà immobile
per ore vicino al suo padrone
nel suo futuro semplice di ciotola
in attesa di cibo che tintinna nell’aria.

L’iconografia del gesto, contornato come un rilievo su uno sfondo di altri gesti e superfici, spesso giustapposto a momenti drammatici o meditazioni filosofiche, è una delle marche di questa scrittura, nella quale non è tanto la precisione del dettaglio a colpire, quanto la capacità di sintetizzare in immagini potenti attimi di assoluta banalità: «quando i gesti si fermano | dentro il suono del traffico e dei tuoni»; «si scoperchiano i letti per dormire»; «il viso che traluce in un bagliore | tra i barattoli di vetro sui ripiani». E talvolta proseguendo con serafica placidità: «Guardiamo in basso insieme | per contemplare il nostro purgatorio: | resti da cucinare, immondizia, piatti da lavare | ma la luce che filtra dalle scale | basta per acquietare le nostre anime tremanti di animali».

Ma questo libro è dotato anche di un lucreziano senso per la materialità della natura, intesa come un sostrato sul quale la storia si appoggia provvisoriamente. Sono frequenti i richiami alla nostra corporeità, con una straniante glacialità anatomica (per esempio: «Eppure il cranio può colmarsi di lacrime»), arrivando a intravedere anche sotto questo aspetto i drammi umanitari (come in Esilii). E poi le stelle, parola obbligata per ogni poeta prenovecentesco, dosate in queste pagine con il loro fascino austero, toccando punte di meraviglia: «Di colpo allora questa tregua consola | anche noi scettici, come quando un inverno | affacciandoci per caso ad un balcone abbiamo visto | lo sciame delle Tauridi fendere a sorpresa il cielo buio».

Historiae colpisce per la trasparenza e per la dissimulata letterarietà: i testi fluiscono senza fare leva su spiccate scelte linguistiche: la discorsività dà forma a questa poesia, che risulta piana, modello di lingua e non idioletto. Se i lettori di oggi si riconosceranno facilmente in queste pagine, senza incontrare alcuna resistenza, i lettori di domani avranno la fortuna di scorgerle come lo specchio di un’epoca, similmente al miracolo compiuto dalla storiografia tacitiana.


978880623321GRAAntonella Anedda, Historiae, Torino, Einaudi, 2018, pp. 104, 11 €.