Agron Tufa (1967) è uno dei più importanti poeti albanesi contemporanei. Oltre all’attività poetica, Tufa è giornalista, volto televisivo, romanziere e traduttore, soprattutto dal russo, di Brodskij, Mandelstam, Cvetaeva, Pasternak, Achmatova e altri. Ha vinto nel 2009 il Gran Premio Letterario Nazionale per la sua opera. Dirige l’Istituto per lo Studio dei Crimini e delle Conseguenze del Comunismo Albanese – di cui è stato vittima assieme alla sua famiglia – e insegna Letteratura all’Università di Tirana. La sua scrittura si muove tra una sperimentazione linguistica molto audace e una poetica del lutto, simile all’interrogazione leopardiana del nulla, ma sempre in un’ottica di accensioni verticali che a un lettore italiano ricorderanno un certo De Angelis, l’enigmaticità della Campo e soprattutto Pasternak e Brodskij. Tra le sue opere più significative segnalo le raccolte poetiche Fiato sopra le acque (2007) e L’animale o il fantasma (2016). Alcune mie traduzioni di Agron Tufa usciranno a Febbraio su «Nuovi Argomenti».
Attivo già da giovanissimo sulla scena poetica e politica nazionale, Tufa è stato un importante protagonista del cambio di regime e rimane tuttora un intellettuale di primo piano nell’Albania contemporanea. Non potevo scegliere un interlocutore più consono, dunque, in grado di offrire una panoramica satellitare degli ultimi trent’anni di poesia albanese. Sebbene parziale e incompleta (non potrebbe essere altrimenti – trent’anni di produzione non possono, naturalmente, essere esauriti in poche facciate), la sintesi tracciata in questa intervista coglie nel segno alcuni rilevanti cambiamenti del periodo post-comunista albanese, dal 1991 a oggi. Ho tradotto i titoli di autori albanesi consigliati ma non esistono traduzioni italiane delle opere citate. La letteratura albanese, se non nei nomi dei romanzieri Kadare, Vorpsi, Ibrahimi – la cui opera è reperibile presso alcuni grandi editori – è ancora un mistero per il lettore di lingua italiana. Nelle chiacchierate con Agron Tufa, prima e dopo l’intervista, ho notato quanto la poesia italiana, dal ’70 a oggi, non abbia influenzato minimamente quella albanese (a differenza di quella americana, inglese, polacca, russa); per trovare una sponda tra le due lingue, bisogna risalire a Ungaretti e Montale. Un altro aspetto che mi ha impressionato è la carenza di saggi metrici e di uno studio approfondito della materia, da parte della critica e delle università albanesi.
Questa intervista è da considerare come il primo passo di un progetto trasversale a cui vorrei dedicarmi: fare da ponte tra la poesia albanese e quella italiana. Seguiranno ulteriori articoli di approfondimento, interviste e traduzioni in italiano.
1 – Cosa puoi dirmi sulla situazione poetica contemporanea albanese? Quali sono le correnti poetiche più importanti?
Nella generazione di poeti albanesi venuti dopo la caduta del comunismo, è stato dominante un gruppo di tipo avanguardistico, raccolto attorno alla rivista «E përshtatshme» [L’adattamento]. Quel gruppo ha costruito una società letteraria alla fine del 1990, parallelamente alla nascita del primo partito d’opposizione anticomunista. I poeti del gruppo “E përshtatshme” (così venivano chiamati) avevano appena esordito con il loro primo ciclo di pubblicazioni, nel biennio 1989-1990, e la loro poesia si distingueva nettamente da quella della generazione del ’70 e ’80 per la lingua utilizzata, la semantica e le figurazioni. Era un gruppo d’avanguardia a causa del procedimento sul tessuto linguistico: lo spezzamento della totalità linguistica formata sul dettame del realismo socialista. Ma anche per le metafore inusuali, paradossali e alogiche, e per la libertà formale nella versificazione e nella struttura del testo poetico. I principali poeti di questo gruppo (Rudian Zekthi, Agron Tufa, Ervin Hatibi, Eneida Topi, Rudi Erebara, Ilir Belliu e altri) e un gruppo di poeti altri, vicini per posizioni estetiche, (Luljeta Lleshanaku, Lindita Arapi, Virion Graçi, Gentian Çoçoli, Parid Teferiçi, Romeo Çollaku) avevano la consapevolezza della contrapposizione, a più livelli, con la tradizione dei poeti precedenti, afferenti al realismo socialista. Tutti percepivano una profonda allergia verso qualsiasi cosa avesse a che fare col vecchio strumentario poetico, ma non avevano piena consapevolezza della loro natura avanguardista. In un certo modo, questi autori collegavano la loro origine poetica con la poesia albanese degli anni ’30, pressoché sconosciuta al pubblico, ma questo legame non veniva evidenziato nei loro testi. Le loro poesie tendevano alla destabilizzazione delle strutture sintattiche albanesi, proponendo un’altra logica nella costruzione del verso, basata sul paradosso, sull’oscuramento semantico e sull’enigma. Spesso questo nuovo genere non veniva recepito dalla comunità letteraria, se non da una piccola élite di lettori. Così anche la rivista citata in precedenza, «E përshtatshme», durata solo quattro uscite.
Il gruppo ha pubblicato un’antologia con 9 autori, dal titolo O moj Shqypni dhe lirika të tjera [O Albania e altre liriche]. Nel biennio 1993-1994, gli stessi poeti si riunirono attorno alla rivista«Zëri i Rinisë» [La voce della gioventù] e, negli anni 1997-2002, attorno al progetto della rivista «Aleph». Dominavano gli stessi autori, nonostante il nome “E përshtatshme” non venisse più nominato. Col passare del tempo, ciascuno degli autori sopra citati ha sviluppato la propria poetica, differenziandosi dagli altri. Nel periodo 2002-2007, ritroviamo una grande parte di questi autori nel settimanale di cultura «Fjala» [La Parola]. Il modello poetico e la versificazione in uso non avevano molto a che fare con la poesia albanese precedente alla Seconda Guerra Mondiale, né con l’epoca del realismo socialista, a cui viene contrapposta una lirica meditativa, speculare alle tematiche metafisiche. Sono presenti i giochi emotivi di un paesaggio psico-emozionale, intrecciati con la cultura nazionale e internazionale. Alcuni elementi ulteriori della nuova poesia albanese sono stati: le citazioni, l’ironia, la parodia, la stilizzazione dei cliché, tutta quella gamma che offre il postmodernismo. Non penso che ci sia una corrente precisa oggi nella poesia albanese. Ci sono presupposti estetici aperti e individualità forti, che da un libro all’altro formano il loro profilo autoriale. Ci sono molte influenze, soprattutto dalla poesia americana, che ha portato una rifioritura di uno stile narrativo nella poesia contemporanea. Rispetto a quanto conosco oggi della poesia europea, la poesia albanese non ha motivi per ritenersi inferiore. Anzi.
2- Esistono legami importanti tra la scena poetica albanese e la poesia italiana ed europea di questi anni? O è più presente l’influsso della poesia balcanica e russa?
Se un tempo la poesia italiana ha avuto una certa influenza, questa è legata al lavoro del più grande poeta albanese, Martin Camaj (1925-1992). Essendo stato allievo di Ungaretti, si nota in Camaj la sua influenza, nella versificazione e nella strofa, sebbene la sostanza, il pensiero e la sensibilità poetica rimangano decisamente di matrice albanese. Influenzati dalla poesia italiana, dall’ermetismo di Quasimodo, raramente da Montale, sono stati alcuni poeti di Scutari [una città dell’Albania settentrionale, n.d.r.], come Zef Zorba, con l’unico libro edito lasciato Buze te ngrira nga gaz [Labbra gelate dal gas], Primo Shillaku, Shpëtim Kelmendi, Ledia Dushi etc. Non penso che nemmeno la poesia russa abbia avuto grande influenza e posso dirlo con cognizione di causa, perché conosco bene la poesia russa: la traduco. Comunque alcuni poeti delle generazioni precedenti, come Agolli, Qirizi, Bllaci, Vyshka, continuano a essere influenzati dalla grande tradizione della poesia classica russa. Nel frattempo, la stessa poesia russa vive oggi un periodo di crisi, che si evidenzia nella messa in discussione dei dettami classici. Tornando alla situazione albanese, si riscontra l’influenza della poesia inglese e americana, i modelli della poesia narrativa polacca, conosciuti attraverso l’inglese (Szymborska, Herbert, Zagajewski).
3- Quali conseguenze ha avuto la poesia albanese nel passaggio dal regime comunista a quello pluralista, sul versante tematico, formale e sulle influenze internazionali?
La poesia albanese postcomunista è un paesaggio complesso dove convivono diverse poetiche, a causa della compresenza di molteplici generazioni. I poeti che esordiscono negli anni 60-70 paiono sbiaditi e vengono presi sul serio poche volte, se non sul versante nostalgico. Sicuramente una fetta di questi autori sono studiati a scuola, e possiamo fare l’esempio delle liriche migliori di D. Agolli, I. Kadare, F. Arapi, Frederik Rreshpe, Xhevahir Spahiu, e altri. Il più fresco di quella generazione, Federik Rreshpe, continua a essere letto e a provocare stupore in tutti gli schieramenti, senza per questo diventare intoccabile o incontestabile. La poesia degli anni 80 continua a essere pubblicata, in particolar modo nei nomi di Mimoza Ahmeti, Preç Zogaj, Besnik Mustafaj, Hamit Aliaj, come quella dei poeti proibiti dal regime: Primo Shllaku, Jamarbër Marko, Visar Zhiti. Il discorso patriottico o sociale esiste, ma solo come orizzonte di meditazione, o ironico, oppure come metafora dell’impotenza e dell’alienazione.
4- Esiste una rete di festival in Albania per la promozione dei libri?
Ci sono stati dei tentativi ma col tempo sono diventati marginali e ininfluenti. Rimangono le organizzazioni di tipo pubblico, promosse dal Ministero della Cultura, come l’”Istituzione dei Premi Letterari Annuali”, per concorsi di traduzione poetica. Le organizzazioni private hanno perso il prestigio, o meglio, forse non l’hanno mai avuto. Durante il mese di ottobre ci sono una serie di eventi letterari, per promuovere e incrementare la lettura di libri. Tuttavia, le iniziative pratiche dello stato per promuovere le lettura non riescono a trasformarsi in appuntamenti annuali e duraturi.
5- Oggi in Italia sono molto diffusi i reading e le performance del testo poetico. Queste modalità rendono più accessibili i versi a un pubblico non abituato a passare una serata ad ascoltare poesia. Da questo punto di vista, come si configura in Albania il rapporto poeta-pubblico?
No, non esiste niente di tutto questo. Tempo fa c’erano delle iniziative private che se ne occupavano e ogni tanto ritornano. Per esempio, nel Caffè- Libreria “E Përshtatshme” (Tirana), ho tenuto un ciclo di “Serate autoriali” per tre anni consecutivi. Ogni venerdì invitavo un poeta che leggeva per un’ora poesie, con una grande partecipazione di pubblico. A seguire il pubblico (70-100 persone) faceva domande al poeta e la discussione si protraeva più o meno per altre due ore.
6- Che ruolo hanno la scuola e l’università, nell’alfabetizzazione poetica dei giovani?
Omicida. Penso che gli studenti delle superiori e quelli dell’università vengano terrorizzati: i rapporti con la poesia si raffreddano definitivamente proprio in queste aule. Sfortunatamente, lì la poesia viene ammazzata ogni giorno. Tale omicidio è perpetuato da insegnanti e docenti universitari con diverse forme di imposizione della poesia.
7- Quanto ha influito sulla tua poetica e sui tuoi risultati testuali la letteratura albanese del ‘900? Che tipo di influenza, invece, ha avuto la letteratura straniera? Seguendoti, ho notato che una delle tue attività principali è la traduzione. Non penso di sbagliarmi sottolineando l’importanza della poesia russa e tedesca sopra le altre.
La poesia del ‘900? Se con questo intendi la poesia della Rinascita Albanese, ossia il romanticismo albanese di Naim Frasheri, A. Z. Çajupit ecc, allora non penso di avere subito alcuna influenza diretta. Dalla poesia albanese ufficiale, no. Dalla poesia popolare, forse. Anche se, nulla si esclude… La poesia russa penso abbia contribuito ad ammorbidire i miei rapporti conflittuali con la tradizione, la strofa e la rima. La musicalità della tradizione poetica russa ti entra nel sangue, a poco a poco, soprattutto se la traduci. Non penso ci sia un legame diretto con un canone prestabilito della poesia tradizionale o con qualche autore russo in particolare, nella mia poesia. Se prendiamo l’aspetto dell’armonia e della musicalità, gli effetti del ritmo e della rima, penso ci siano alcuni poeti russi che mi hanno affinato l’orecchio: E. Baratnski, A.S. Puskin, F. Tjutcev, Lermontov, Blok, Annenskij, Mandelstaam, Achmatova, Pasternak, Cvetaeva, Brodskij, Sedakova. La lirica tedesca ha un ruolo minore ma importante, con Trakl, Benn e soprattutto Celan.
8- Quanto è importante la musica nella composizione delle tue poesie?
Fondamentale nella spinta a scrivere. Il primo impulso che mi viene è un’immagine mentale, che galleggia come un’onda sonora. Se si conserva l’armonia del primo verso, o dei primi due, la poesia diventa una struttura indistruttibile, a causa della magia della dinamica musicale, anche se l’idea, il messaggio o la filosofia che le appartiene rimangono qualcosa di greve. In questi casi l’accento è deciso dall’esecuzione vocale: la musica dei versi, infatti, rassomiglia a un concerto di strumenti pesanti (rame o tungsteno come in Fan Noli) o di strumenti leggeri e trasparenti come il vetro, è il caso di Mjeda o Poradeci.
9- Cosa pensi della poesia in prosa (formula che abbiamo ereditato da Baudelaire) e della prosa in prosa, teorizzata da Jean-Marie Gleize?
Spesso mi rapisce e ne scrivo. Dentro la letteratura albanese abbiamo una tradizione di prosa poetica, sia antecedente a Baudelaire (Lumo Skëndo, per esempio) sia successiva (Koliqi con Gli specchi di Narciso, Migjeni). Ma i confini dei generi che hanno anche teorici di riferimento non risolvono granché né chiariscono molto. Un equivalente di Baudelaire con le sue prose poetiche (non simboliste) sono state le poesie in prosa di Turgenev. Ma poema viene definito anche Le anime morte di Gogol, sebbene lo leggiamo in prosa come romanzo con personaggi, situazioni e avventure. D’altro canto, viene chiamato romanzo Eugenio Onegin di Puškin, nonostante sia diviso in canzoni, strofe e versi ritmici.
Penso che se un autore ha le stesse capacità di manovra in poesia e prosa, allora la questione del genere rimane secondaria e si riduce semplicemente alla scelta degli strumenti espressivi.
10- Domanda difficile: i cinque poeti albanesi più importanti di questi anni?
Primo Shillaku, Luljeta Lleshanaku, Agron Tufa, Parid Teferiçi, Linditë Ahmeti.
11- I tre libri che consiglieresti a un poeta o lettore italiano per presentare la poesia albanese?
Vargjet e Lira [Versi liberi] di Migjeni, Njeriu me vete dhe të tjerë [L’uomo da solo e con gli altri] o Palimpsest [Palinsesto] di Martin Camaj, Vetmi [Solitudine] di Frederik Rreshpja, Nata e papagajve [La notte dei papagalli] di Azem Shkreli, per tre periodi storici diversi.
12- Che consiglio daresti a un poeta giovane? Albanese e italiano, poco conta.
Conoscere bene la tradizione poetica nazionale e straniera, per conoscere meglio la propria poetica.