Il pantarèi, romanzo di Ezio Sinigaglia recentemente ripubblicato da TerraRossa, sarà presentato nell’ambito di Book Pride – Fiera nazionale dell’editoria indipendente. L’appuntamento è per domani, sabato 16 marzo, alle ore 18 in sala George Eliot. Nell’occasione l’autore sarà accompagnato da Alessandro Gazoia.
Ezio Sinigaglia pubblica Il pantarèi nel 1985. Il libro non riscuote il successo sperato dell’autore che, deluso dalla risposta dell’editoria italiana, tornerà sugli scaffali solo nel 2016 con Eclissi (Nutrimenti). Il clima dell’epoca, come ben avvertito nella prefazione alla nuova edizione (pubblicata da TerraRossa), era dominato dalla sensazione condivisa della morte del romanzo. Nella raffigurazione agonica cui questo è sottoposto, lo spunto narrativo del Pantarèi è una sorta di necrologio. Al protagonista, Daniele Stern, viene infatti commissionato dalla dottoressa Ghiotti, redattrice di una casa editrice con cui lui collabora, la scrittura della voce sul romanzo del Novecento all’interno dell’ultimo volume (Cultura Generale) dell’Enciclopedia della Donna. Ognuno dei nove capitoli del Pantarèi inizia proprio con le pagine scritte per l’enciclopedia, che si riferiscono a otto romanzieri: Musil, Joyce, Proust, Svevo, Kafka, Céline, Faulkner, Robbe-Grillet.
Come il padre di Zeno si innalza di fronte al figlio alzando la mano prima di morire, e quello di Georg in Kafka appare prima della morte come un gigante che sfiora con la mano il soffitto, così davanti a Stern si innalzano i padri-colossi del romanzo morente. Viene riportato il contributo fornito da ciascuno di loro alla trasformazione del genere nel corso del Novecento: moventi e azioni, appunto, di un avvenuto omicidio. Musil colpisce i personaggi e l’ambientazione, oltre a “collaborare” con Joyce per quanto riguarda la distruzione dell’intreccio; il tempo, invece, è insidiato da Proust. Costoro, trattati per primi, sono “le tre corone” della rivoluzione del romanzo, avvenuta in concomitanza ai movimenti avanguardistici delle altre arti, la cui alterazione è forse più esplicita ma non più radicale. Le “rivoluzioni tecniche” (p. 150) sono portate avanti dagli altri cinque autori trattati. Svevo mette in scena l’uomo senza qualità, l’anti-eroe che subisce il mondo esterno e preferisce la contemplazione all’azione. L’opera di Kafka è, secondo il titolo di un suo racconto, la descrizione di una battaglia, combattuta contro forze schiaccianti, macchine astruse, poteri arcani, nemici sfuggenti, viscidi, ubiqui, contro persino se stesso (p. 178). Dopo il passaggio dei cinque giganti che smontano l’apparecchio romanzesco per rimontarlo con criteri differenti, Céline mette in scena personaggi “sorpassati”; l’“infernalità” permette a Faulkner di attraversare la realtà angusta e parcellare mediante personaggi che sono reincarnazioni di Oreste, incalzato dalle Erinni del suo rimorso (p. 235); infine gli “oggetti magri” di Robbe-Grillet sono l’esito dello scrostamento degli strati di realtà accumulati in secoli di letteratura (p. 270).
Da un lato la storia del romanzo avvia la narrazione, dall’altro Stern incarna i tratti propri della rivoluzione del genere nel corso dello scorso secolo. Una duplice azione che confluisce nell’architettura del Pantarèi. Le vicende di Stern sono un alternarsi di fatti (pochi) e azioni (molte). A questo livello si legge la tesi per cui Sinigaglia volle e vuole smentire ciò che all’epoca sembrava ormai certo e che il tempo ha contraddetto: la morte del romanzo. Nelle pagine narrative infatti l’azione è manifesta nella capacità che il romanzo ha di contaminare, di inserirsi nel contenuto e nella formulazione dei pensieri di Stern. Le sintetiche pagine saggistiche si dispongono come progressive cartine tornasole per la vita del protagonista. Ciò non avviene sempre in modo esplicito, i riferimenti possono alludere ora allo stile, ora alle tematiche, ora a vicende dei romanzi trattati; e per di più ciò non avviene nemmeno secondo una calcolabilità fredda e dimostrativa, ma si insedia come un virus, secondo dinamiche sotterranee e disomogenee. L’influenza di Proust e Svevo, rispetto soprattutto alle tematiche della memoria, del tempo e della malattia, è trasversale a tutti i capitoli, e ancor più quella di Joyce verso il quale, non a caso, Stern rivolge una invocazione (p. 96). L’egida joyciana è infatti la più dichiarata, come accade anche per la creazione di “certe invenzioni linguistiche” (p. 103), proprie dell’autore irlandese, con cui Stern si cimenta. In modo analogo il matrimonio di Stern viene definito “senza qualità” nel capitolo su Musil o ancora i lillà, che nella citazione della Recherche simboleggiano la tematica della memoria, divengono l’accendino, regalo di Anna, e il letto che ne conserva i segni della partenza. E proprio gli oggetti, così centrali per Robbe-Grillet, costellano Il pantarèi. Non sono disumanizzati e privati di contenuti lirici, come vorrebbe il nouveau roman, ma simboli densi e carichi di potenzialità. Un oggetto su tutti, che peraltro campeggia in copertina, torna in tutti i capitoli: la macchina da scrivere.
L’Olivetti non è soltanto lo strumento di lavoro di Stern, ma un oggetto che permette di leggere in successione i diversi livelli di rapporto tra la storia del romanzo e la vicenda del protagonista. Essa porta con sé l’atto stesso della scrittura, che nella filigrana intertestuale conduce alla presa di coscienza del padre di Morte a credito di essere un “sorpassato”, mentre in Svevo si staglia come un’operazione di igiene mentale che Stern stesso vuole intraprendere. C’è però un ulteriore livello, più sottile e implicito. La macchina da scrivere torna nel sesto capitolo, quando il geometra Sambò bussa durante la notte alla porta di Stern, intento nella scrittura delle pagine su Kafka, poiché il suono del campanello che strilla alla fine di ogni riga tiene sveglia la moglie. Proprio in Kafka compare una vicenda simile. Nel racconto Il vicino, uno sconosciuto di nome Harras prende in affitto l’appartamento limitrofo a quello del personaggio principale, voce narrante del racconto, che cade per questo in un vortice di inquietudine. A separare le due abitazioni c’è un muro, di fianco al quale è collocato il telefono del protagonista, che diviene il mezzo con cui Harras “prende controllo” della sua vita, ascoltandone le telefonate e violandone l’intimità. Il telefono si trasforma, così, da semplice strumento di comunicazione a un mezzo di rivelazione, facendo assumere a Harras i panni di un nemico.
La consonanza con la pagina di Sinigaglia, che pure non arriva alla deriva alienante cui mira Il vicino, permette di cogliere un motivo sotteso a tutto Il pantarèi: il tema dell’identità. Il primo indizio della centralità di tale dinamica è rintracciabile nella scelta della terza persona che cede spesso alla prima, in un costante rispecchiarsi dell’autore nella figura di Stern, diviso a sua volta nell’autore dei saggi e nell’autore del romanzo che occupa le ultime pagine del Pantarèi. L’altro Sax, titolo del romanzo di Stern, ha come protagonista un autre di Daniele, Sax, che oltre alla somiglianza del nome, lo richiama in diversi tratti biografici. Come “Marcel finit par devenir écrivain” (Genette, 1972), così Stern, tra saggistica e memoria, amore e riflessione, riconquista alla fine il desiderio di scrivere. Si riannodano in questo modo i filamenti di un romanzo complesso che vuole dimostrare sulla propria pelle la vitalità di un genere: la ristrutturazione attraversata non ha lasciato un cadavere, ma un organismo vivo, nella misura in cui questo è capace di agire, di farsi interprete della realtà.
Non solo, quindi, il romanzo non è morto: è attraversare la sua storia che fa nascere il romanzo di Stern. Letteralmente, dunque, il romanzo è vivo, nella misura in cui lo è il protagonista stesso. Viene alla mente l’incipit di Eclissi, che ricorda sorprendentemente l’immagine del “buco nero” con cui Stern viene identificato: «[i]l suo progetto puntava dritto all’oscurità per cogliervi una luce. Era inesplicabile a lui stesso. Eppure era il progetto più forte e preciso che avesse mai formulato in vita sua». Stern attraversa le novità dei romanzi, cedendo all’oscurità, all’ambiguità, alla vaghezza di queste rivoluzioni per appropriarsene nella propria esistenza, e in questo progetto egli tocca la vita con mano e rinasce.
Ezio Sinigaglia, Il pantarèi, TerraRossa 2019, pp. 318, € 15.50