L’attesa è stata lunga, anzi lunghissima, ma ne è valsa davvero la pena. Dopo dodici anni di quasi latitanza, e dopo l’incostante Ma Fleur (2007), i Cinematic Orchestra ritornano con un album, To Believe, dal perfetto equilibrio compositivo, apollineo, una sinfonia nu-jazz/pop che dietro una sorta di cristallina, disarmante classicità, nasconde una notevole complessità armonica e strutturale.
Contrariamente a una serie di album usciti di recente, come il bellissimo Negro Swan di Blood Orange o l’interessante When I Get Home di Solange, che giocano con l’improvvisazione, l’eclettismo e la forma incompiuta, To Believe si distingue per la sua forma finemente cesellata, dove il caso lascia decisamente il posto alla necessità, dove ogni elemento armonico sembra trovare una sua perfetta collocazione all’interno di una raffinata e rigorosa orchestrazione sinfonica dal carattere suggestivamente visuale.
L’album si apre con un malinconico arpeggio di chitarra appena accennato. Un tappeto sonoro d’archi, la voce quasi in falsetto di Moses Sumney. Pochi elementi essenziali e il tono dell’opera è subito dato: una malinconia sognante, nostalgica, ma allo stesso tempo serena e riappacificante, dall’andamento delicatamente riflessivo. E così, pezzo dopo pezzo, gradualmente, si costruisce l’universo sonoro di questo nuovo opus dei Cinematic Orchestra, procedendo per aggiunte e variazioni, ma sempre mantenendo un’unità di tono perfettamente controllata, dove l’emozione non straborda mai, ma è al contrario magistralmente trattenuta.
A Caged Birds/Imitations of life, il secondo pezzo, accelera il ritmo, il beat si fa quasi martellante. Alcuni accordi di pianoforte, in minore, sui quali si dispiega il flow maturo e virile del rapper britannico Roots Manuva. Poi, la canzone si apre su un toccante ritornello pop sinfonico che recita:
Why would you hide from yourself
Belief is here to find you
Why would you hide from yourself
Belief is here to find you
Parole che esprimono il nucleo riflessivo intorno al quale ruotano tutti i testi dell’album: la necessità o la possibilità, in un mondo invaso dall’incertezza e dalle fake news, di credere in qualcuno o qualcosa.
Il terzo pezzo, Lessons, anche se mantiene un coinvolgente ritmo uptempo, abbandona le note hip-hop del titolo precedente per lasciare spazio ad una serie di melodie minimaliste che si sovrappongono su una batteria in controtempo e un giro di basso potente e incisivo. È forse la composizione più cinematografica dell’opera, una visione panoramica e aerea che si dispiega in tutta la sua profondità di campo. Lo sguardo sembra perdersi in spazi smisurati, sorvolare paesaggi maestosi, orizzonti lontani e onirici.
Sbagliano profondamente quelli che relegano la musica dei Cinematic Orchestra a semplice musica di sottofondo. È esattamente il contrario. E To Believe ne è una vigorosa conferma poiché è uno di quegli album da ascoltare dall’inizio alla fine, con attenzione, senza fare nient’altro, a occhi chiusi o, ancora meglio, al buio, a volume alto. Solo così se ne percepiscono tutte le sfumature e la perfetta qualità sonora della registrazione.
To Believe procede alternando pezzi strumentali e titoli cantati, come la toccante ballata Wait for Now/Leave the World con la voce cristallina e potente della cantante neosoul Tawiah o Zero One/This Fantasy, dagli accenti indie sui quali si adagia, elegante, la voce di Grey Reverend.
Fino ad arrivare alla conclusione con la splendida A Promise, undici minuti e trentacinque secondi di crescendo, accompagnati dalla voce calda e profonda di Heidi Vogel. Il pezzo sintetizza perfettamente l’intero album. Un mix di jazz, elettronica e indie che si concede qualche scappatella verso il soul, la musica sinfonica e l’hip-hop.
Jason Swinscoe, il leader del collettivo inglese, fondato nel 1999 e a geometria variabile, ha definito To Believe una «contemplation on belief in the age of Brexit», conferendo così all’album una forte componente intellettuale e riflessiva. Fortunatamente la riflessione non diventa mai astrazione e la perfezione formale non scade mai in freddo distacco. Se è vero che To Believe non apre nuove strade alla sperimentazione, è altrettanto vero che raggiunge una sicura maturità compositiva e sonora. Un classico, insomma.
The Cinematic Orchestra
To Believe
Ninja Tune (2019)