Questo testo fa parte del catalogo della mostra fotografica Abitare il silenzio edito da Moretti & Vitali. La mostra è a cura di Corrado Benigni e Mauro Zanchi, è stata realizzata nella Domus Magna della Misericordia Maggiore (via Arena 9, Bergamo), sede di BACO – Base Arte Contemporanea Odierna e resterà aperta fino al 30 aprile 2019.


 Luigi Ghirri, Porta Romana, Milano, 1987

Luigi Ghirri, Porta Romana, Milano, 1987

Che struttura ha il silenzio? È pieno, è vuoto? Sosta in entrambi gli stati del possibile o in nessuno dei due? È costituito da atomi o da altre strutture microscopiche? Noi sappiamo percepire la profondità del suo spazio evocativo? Tentiamo di ricreare uno spazio di silenzio, dentro di noi, un intervallo di pace, almeno per un attimo, dove i pensieri possano estendere liberamente le loro energie più sottili in una dimensione non disturbata dai rumori. Forse il silenzio aleggia nella pausa del tempo, nello stacco dalle dinamiche caotiche della realtà, amplia la concentrazione dello sguardo e dilata i tempi della contemplazione. In questi punti degli spazi evocativi le nostre riflessioni e emozioni possono cogliere qualcosa che sta al di là dei rumori di fondo, qualcosa che appartiene a una sfera più profonda e intima. Forse. Il silenzio è il luogo prediletto per celare ciò che si ritiene più prezioso? Ho la sensazione che non una parola, in nessuna lingua, sia stata ancora trovata o creata in grado di svelare il segreto del silenzio. Una muta invisibilità lo avvolge, e con lui la verità delle cose. La stasi, la sottrazione, il dissolversi del rumore, la sospensione sono suoi alleati. È al contempo dentro e fuori lo spazio e il tempo. E probabilmente sta anche “tra” lo spazio e le tre declinazioni del tempo. Io sto immaginando solo valenze positive legate al silenzio, perché vivo in un mondo molto rumoroso. Probabilmente se vivessi da anni in un luogo privo di rumori li andrei a reinventare attraverso sequenze ritmiche o sonore. Può essere anche il luogo della negazione assoluta. Invoca spesso la presenza dell’oblio: l’oblio del tempo e la perdita della memoria creano un’assenza e non danno più risposte. Quando si desidera fortemente entrare in contatto col mistero e cogliere la sua quintessenza silente, le immagini “mute” hanno un valore negativo o positivo per comprendere la verità delle cose? Le anime dei defunti dove dimorano? Nella terra della pace eterna, nel silenzio immoto? Possono rinascere immagini, forme nuove, idee ulteriori, dalla dimensione immota e silente? Non è improbabile che qualcosa diverso dal precedente possa prendere vita, essere scoperto, nuovamente compreso e riletto, dopo un periodo di riposo, di attesa, di tranquillità. In potenza la dimensione del silenzio è il luogo dove tutto, in potenza, può avere luogo. Il potere della mente e dell’immaginazione ha necessariamente bisogno di ripartire ogni volta dalle potenzialità del silenzio, per costruire nuove immagini (silenti anch’esse?), in grado di evocare significati profondi. Le storie sono una conseguenza e troveranno innumerevoli bocche per essere narrate. Oppure il silenzio cercherà di farsi comprendere solo con un cenno d’intesa, per chi sa capire senza che nulla venga detto o spiegato.

In principio era il silenzio, e stava attendendo da milioni di anni i rumori di ogni inizio e di ogni movimento. O in principio era rumore di fondo? Può darsi che il silenzio si sia sottratto dalle identità del rumore. Forse ora, a distanza di innumerevoli secoli, rivela il non detto della quiete, senza interferenze. O è tacito accordo tra forme opposte e complementari, in armonia per sfiancamento. Dove abita invece il silenzio nel corpo? Emette segni dalle ombre inesplorate? Il silenzio assoluto esiste o si può sentire solo da morti?

Come si sta nel silenzio assoluto di una camera anecoica? Chi ha provato a starci testimonia che l’esperienza risulta fastidiosa. Si sentono i bulbi oculari che si muovono nelle orbite, le ossa che sfregano sulle cartilagini, il pulsare del cuore, il rumore della deglutizione. La camera anecoica a Redmond, negli Stati Uniti, è un locale costruito in modo da ridurre il più possibile la riflessione di segnali sulle pareti, dove al suo interno il rumore di fondo percepibile raggiunge i -20,6 decibel (l’intensità del nostro respiro raggiunge i 30 decibel). Il silenzio assoluto può essere disturbante. Alcuni riescono a restarci solo per qualche secondo. Oltre un quarto d’ora causa claustrofobia, nausea, attacchi di panico, allucinazioni uditive. Il record di permanenza in una camera anecoica spetta allo scrittore George Foy, autore del saggio Zero decibel. È rimasto al suo interno per 45 minuti: «Dopo poco ho iniziato a sentire il rumore della mia respirazione, così ho trattenuto il respiro. Allora è diventato chiaro il battito del cuore – e per eliminarlo non potevo fare nulla. Via via che i minuti passavano, ho iniziato ad avvertire il sangue che scorreva nelle vene. Ho aggrottato le sopracciglia e ho sentito il mio scalpo che si muoveva sulle ossa del cranio».

Robert Mapplethorpe, Ken and Tyler, 1985, KunstHaus Wien

Robert Mapplethorpe, Ken and Tyler, 1985, KunstHaus Wien

Nel 1952, John Cage mette in scena il brano 4.33, un’opera musicale basata sul non suonare alcuna nota. Cage ha provato a entrare nella camera anecoica dell’università di Harvard, e quando è uscito dallo spazio silente ha comunque sentito due rumori, uno basso e uno acuto: quelli dei suoi apparati cardiocircolatorio e nervoso. Anche Karlheinz Stockhausen aveva dato spazio al silenzio organico in una sua composizione. Il silenzio sublime è qualcosa che si può ascoltare? Esiste? È assenza di suono, di rumore, un vuoto? È un distacco da qualcosa che si può udire? Favorisce l’espressione di una intimità poetica, un dialogo interiore tra varie molteplicità? Quanto silenzio scorre tra gli atomi e quante scariche elettriche nel vuoto?

Il silenzio non rivelerà il suo enigma con suoni o parole, ma al limite con ulteriore silenzio, anche solo per rispettare la legge di non contraddizione. Questa assenza di rumore è necessaria per stare in sospensione dentro di noi. Chi apprezza il silenzio impara anche a saper ascoltare, riflettere, capire. Silenzio ad libitum, allora, per comprendere senza l’ausilio delle parole e delle immagini l’invisibile che palpita nella nostra interiorità e in quella della natura.

La poesia più interessante ha versi e parole che riescono a dare sostanza ai vuoti, alle pause, alle cose sottaciute. Fin da piccoli ci hanno insegnato ad ascoltare le parole ma non a sentire con creatività il silenzio e la sottrazione delle parole superflue o in sovrappiù. Per la maggior parte del tempo siamo stati abituati a guardare immagini senza immaginare. E ancora non riusciamo, se non per pochi istanti e a sprazzi, a metterci in ascolto del silenzio per legare insieme, inscindibilmente, contenuto e forma, descrizione e interpretazione. Le storie accadute realmente, narrate o immaginate, sono un’apertura sul mondo e il silenzio è uno specchio dell’esistenza e della nostra anima? Che rapporto hanno col silenzio i percorsi della storia, la sedimentazione dei ricordi degli anni, le sensazioni non vissute?

Irene Fenara, Termia, 2014, polaroid and cast, cm.14x14

Irene Fenara, Termia, 2014, polaroid and cast, cm.14×14

Non è difficile comprendere il potere evocativo di alcune opere d’arte quando si riesce a modularsi alla stessa frequenza del silenzio che il pittore ha dipinto all’interno del quadro. Il silenzio esiste davvero, o è una presenza ideale che abbiamo immaginato, un rumore di fondo più difficile da essere percepito? Il silenzio ci insegna qualcosa senza utilizzare alcuna forma di linguaggio? È un’arte sottile. Chi lo sa mettere in atto, lascia che siano gli altri a sbilanciarsi con parole vane o altro.  Gli artisti amavano rappresentare sacre conversazioni silenti, dove nessun santo proferiva parola ma comunicava probabilmente per via empatica. In questo silenzio spirituale forse è più facile entrare nella dimensione del sacro in sé, o ricreare un’atmosfera atta ospitare la dimensione che immaginiamo essere divina.


Artisti in mostra:
Vincenzo Agnetti | Francesco Arena | Terry Atkinson | Roger Ballen | Letizia Battaglia | Janet Biggs | Gunter Brus | Maurizio Buscarino | Sophie Calle | Mario Cresci | Jos de Gruyter and Harald Thys | Haris Epaminonda | Mitch Epstein | Irene Fenara | Franco Fontana | Joan Fontcuberta | Vittore Fossati | Carlo Garzia | Luigi Ghirri | Mario Giacomelli | Paolo Gioli | Emily Jacir | Robert Mapplethorpe | Pepi Merisio | Maurizio Montagna | Ugo Mulas | Hermann Nitsch | Nam June Paik | Joanna Piotrowska | Taryn Simon | Kiki Smith |  Will Stewart | Michele Zaza


L’immagine di copertina è Stigliano,1982, da Viaggio in Italia di Mario Cresci,