Il decennio che volge al termine è stato di certo tra i più difficili della storia del cinema. L’avvento di piattaforme di servizio streaming come Netflix costringono a ripensare al modo in cui produrre e fare film, mentre le sale cinematografiche sono sull’orlo dell’estinzione. Nel frattempo un’ondata di personaggi in costume e dotati di superpoteri monopolizza la programmazione. Eppure non sono mancati titoli importanti, che rimarranno anche negli anni a venire. Ho cercato di selezionare le 10 pellicole più importanti, tra quelle che hanno segnato lo spirito del tempo e quelle che hanno saputo proporre nuovi modelli di narrazione.
Capolavoro delirante di Leos Carax, tra i cineasti più misteriosi del cinema mondiale, con all’attivo solo 5 pellicole in trent’anni, Holy Motors è una metafora del cinema stesso e allo stesso tempo della vita come inesauribile messa in scena. Denis Lavant, attore feticcio del regista francese, interpreta un super-attore che attraversa Parigi su una limousine bianca, interpretando i ruoli più disparati, dal mendicante all’assassino, fino al padre di famiglia. Opera densissima da vedere e rivedere.
Non erano in molti a credere che David Lynch avrebbe davvero ripreso in mano la sua più famosa creatura – quella che ha dato il via alla grande stagione della serialità televisiva contemporanea – e che lo avrebbe fatto in un modo così eclatante. Siamo di fronte a un film lungo più di 18 ore, dove il regista del Missoula ha modo finalmente di approfondire e sviluppare le vicende dell’agente Cooper, Laura Palmer e della Loggia Nera dal punto in cui eravamo rimasti nel lontano 1991. Il risultato è un oggetto affascinante che sfugge alle categorizzazioni della tv odierna e che vede nell’episodio 8 una delle vette assolute della cinematografia del ventunesimo secolo.
Christopher Nolan è forse più di tutti il regista simbolo di questa decade, con il suo estremo interesse per l’evoluzione tecnica del mezzo cinematografico, e al contempo per il recupero del senso originario di fare cinema. Con Dunkirk si cimenta per la prima volta in un film di guerra, restituendo la purezza del genere attraverso sequenze aeree maestose e quell’ossessione per il tempo che ha scandito tutti i suoi più grandi film. Howard Hughes, leggendario regista di Hell’s Angels, sarebbe stato fiero di lui.
Non potendo assegnare una posizione a una casa di produzione, ho scelto uno dei suoi film simbolo. La A24 è infatti uno dei fenomeni dell’industria cinematografica più interessanti del decennio, caratterizzata da scelte coraggiose e per ora vincenti. Nata nel 2012 a New York, questa casa di produzione indipendente, che punta su registi di talento e pochissimi titoli l’anno, ha dimostrato come si possano riempire le sale con il cinema d’essai nell’epoca dei supereroi Marvel. The Witch di Robert Eggers è un horror ambiento nel New England del 1630 dove si abbandonano i trucchi usurati del genere, per approfondire aspetti più psicologi e ed esponenzialmente più inquietanti.
Forse il film più importante della filmografia di Tarantino. Crudo, brutale, irriverente, il Django di Tarantino è un supereroe da fumetti in salsa Western che sgomina bande di suprematisti bianchi nell’America di metà 800. La pellicola tratta temi estremamente attuali con un’efficacia che è mancata a film contemporanei che si sono presi molto più sul serio.
Difficilmente i fratelli Coen hanno sbagliato un colpo, ma nel caso di questo film hanno dato persino prova di un lirismo impareggiabile. La storia di un menestrello folk di New York negli anni elettrizzanti e confusi della beat generation si trasforma in un viaggio analogo a quello di Leopold Bloom nell’Ulisse di Joyce.
Che cos’è il cinema se non movimento? In questo ultimo capitolo della saga di Mad Max, il regista George Miller ce ne dà una prova magistrale, riducendo i dialoghi a quelli esclusivamente funzionali e lasciando che l’azione sviluppi un linguaggio completo e autosufficiente. L’intero film può essere riassunto in un unico lungo inseguimento, dove fotografia, musiche e un ritmo infernale concorrono alla realizzazione di un capolavoro inaspettato.
Giunto dopo un lungo silenzio da parte del regista Terrence Malick, il film è una sinfonia di potenza inaudita, che ha l’ambizione di condensare nell’arco di tre ore l’esperienza dell’esistenza. La cinepresa danza attorno ai protagonisti con la grazia del vento, quasi simulasse lo sguardo di un dio sul creato. Le vicende minime di una famiglia della middle-class americana negli anni ’50 diventano lo spunto per riflettere su grandi misteri universali come la nascita, la morte e cosa ci aspetta oltre l’estrema soglia.
In questa speciale classifica entra di diritto questo piccolo gioiello del cinema indipendente americano, presentato al Sundance Festival nel 2017. Diretto da David Lowery e magnificamente interpretato da Casey Affleck e Rooney Mara, A Ghost Story racconta le vicende di un fantasma con tanto di lenzuolo e cerchi neri ad altezza occhi, che infesta la casa in cui ha vissuto con la compagna, rimanendone legato per anni, decenni, secoli. Quello che all’apparenza può sembrare un film basato su una trovata indie low budget, si rivela una pellicola tra le più struggenti del decennio.
Il film che ha fatto riscoprire il cinema italiano nel panorama internazionale. Poco importa se lo fa attraverso la rivisitazione più o meno esplicita di un capolavoro come La Dolcevita. Paolo Sorrentino impone al mondo la sua cifra stilistica, fatta di sequenze barocche, interpretazioni mai banali e una certa propensione alla contaminazione dei registri. La Grande Bellezza risulta un’opera estremamente moderna, pur rimanendo di facile fruizione. Non resta che aspettare il nuovo capitolo di The Young Pope per godersi nuovamente le dottissime stravaganze del regista napoletano.