È difficile non voler bene a Gipi; non affezionarsi alla sua epica di provincia, ai suoi paesaggi ad acquerello, soprattutto alle orecchie a sventola e al profilo aguzzo dei suoi avatar fumettistici, come tutti alle prese con gli agrodolci smarrimenti del vivere. Molto difficile, non volergli bene. L’aveva capito lo stesso Gipi, del resto, che nel suo penultimo La terra dei figli (2016) era tornato su uno dei temi cardine della sua narrativa disegnata – appunto l’essere figli, con ciò che ne consegue in termini di colpa, rimpianti, complessi – calandolo in uno scabro scenario post-apocalittico che, assieme al bianco e nero integrale, sembrava annunciare un esplicito cambio di rotta rispetto alla precedente ricerca, approdata al soffertissimo unastoria (2013): via quella voce narrante così riconoscibile, che dalla sfacciataggine tragicomica di LMVDM (2008) si era riscoperta pudica e dolente; via il trademark dell’autobiografismo a tuttotondo; via, di conseguenza, quella “sincerità” che poi (come sa ogni buon autobiografo) è sempre la base di un sofisticato “ricatto” retorico, la mossa con cui si sale alla ribalta mostrandosi nudi e indifesi, e perciò confidando nell’affettuosa indulgenza del pubblico. Lo aveva capito eccome Gipi, scegliendo di cimentarsi con onestà (e meritato successo) in una fiction dal respiro allegorico, che sacrificava la struttura ardita di unastoria per una sperimentazione linguistica, tra immagini e parole, decisamente interessante.

Ora, tornato al fumetto dopo un secondo film e una fortunata serie di cortometraggi per la trasmissione televisiva Propaganda Live, l’ultimo lavoro di Gipi segna, per più aspetti, un significativo passo indietro, una “ricaduta” nella drammatizzazione dei traumi vissuti in prima persona dall’autore (i cosiddetti «cazzi miei») nonché, in una, nel pluristilismo dei libri precedenti: Momenti straordinari con applausi finti (2019) si presenta in primo luogo come la storia delle ultime ore trascorse al capezzale della madre dall’alter-ego Silvano Landi (già protagonista di unastoria, di cui Momenti straordinari vuole essere una sorta di sequel), e dell’incapacità di quest’ultimo di affrontare il lutto imminente, la fine di un rapporto che si indovina irrisolto. Alla vicenda principale, attraverso un montaggio serrato e ritmicamente efficace, si alternano così una serie di episodi “di genere” (una “storia di guerra”; una spedizione di cosmonauti in b/n; scene di vita preistorica…); visioni, simboli e fantasie ancestrali che corrispondono a ben note ossessioni del fumettista-regista, e con cui Landi, che di mestiere fa il comico e si illude di poter esorcizzare i propri fantasmi (sterilità compresa) ridendone in scena, cerca disperatamente di relegare sul fondo della propria coscienza l’unica storia che ora meriti di essere vissuta e raccontata seriamente. Accettare l’ineluttabilità della perdita, insomma, in uno dei tanti riti di passaggio dell’esistenza per cui Gipi, ancora una volta, offre una goccia del suo personale, universale balsamo lenitivo: la narrazione.

Ma Momenti straordinari con applausi finti, pubblicato in un momento di definitiva consacrazione del suo autore nel panorama mediatico italiano (come sottolineato da Davide Scagni su Fumettologica), narra necessariamente anche di questo, del delicato rapporto tra l’uomo Gipi, il materiale autobiografico delle sue storie a fumetti e il loro vorace apprezzamento da parte del pubblico – e il titolo, tra l’ironico e il polemico, non potrebbe essere più eloquente.

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Che quest’opera rappresenti insomma una tematizzazione (auto)critica dell’ispirazione fondamentalmente privata delle storie di Gipi – così come, se è lecito, una resa dei conti con quel narcisistico bisogno di essere amati incarnato dalle sue controfigure – lo suggerisce esemplarmente la mise en abyme di pagina 95, nel cuore della vicenda, là dove il protagonista, al termine di uno show improvvisato in cui ha trasformato la condizione della madre in un tormentone di pessimo gusto (che evidentemente funziona perché, alla fine, «ridevano tutti»), al telefono con la moglie riassume entusiasta il contenuto dell’intero spettacolo, con ciò passando in rassegna tutti i piani narrativi del fumetto che abbiamo tra le mani, e facendoci sentire colpevolmente parte di quella platea giuliva.

«Sei sicuro che questo li abbia fatti ridere?», chiede la donna con una domanda che apre il capitolo successivo e sulla quale si gioca tutta l’ambiguità degli applausi finti a titolo… Di fatto, grazie allo stratagemma dello “show nello show”, Gipi sembra almeno in parte prendere le distanze dalla propria maschera autobiografica, stendendo sugli sketch di questa un’ombra di pubblica abiura o autodafè (e si sa che nell’antichità gli applausi, più che altro, avevano la funzione di coprire lo strazio del condannato).

Applausi “finti”, cioè registrati, sono quelli su cui questi momenti, a conti fatti tutt’altro che “straordinari”, tutt’altro che divertenti, si avvieranno alla conclusione, lasciando spazio a un finale che nella sua laconicità sembra quasi implorare un istante di raccoglimento intimo, prima che si spengano i riflettori e, nell’imbarazzo generale, qualche ingenuo delle ultime file (che a Gipi continua a voler molto bene) faccia partire un applauso fragoroso.


 

9788876185236_0_0_472_75Gipi, Momenti straordinari con applausi finti, Coconino Press, Roma 2019, 167 pp. 24,00€