In caso di smarrimento / riportare a, uscito nel maggio 2019 nella collana Evoè della casa editrice genovese Il Canneto Editore, è il penultimo libro di Alessandra Carnaroli, che nello stesso anno, in autunno, ha pubblicato Poesie con katana per Miraggi Edizioni nella collana Voci.
Il libro è la cronaca poetica di una malattia degenerativa e riporta la registrazione della voce divenuta frammentata, illogica e dissipata di una donna, una madre, affetta da Alzheimer, cui si aggiungono le voci di chi si prende cura di lei, come la figlia e la badante. I sintomi del morbo e il morbo stesso che, colpendo il sistema nervoso centrale, riduce le capacità mentali e, infine, conduce alla demenza il soggetto colpito, si diramano senza sosta sia a livello tematico sia grammaticale nei 64 componimenti che compongono il libro, sprovvisti di titolo e introdotti da un asterisco. Questa disseminazione unitaria rende il testo particolarmente coeso: i cambiamenti di umore, l’incapacità di prendersi cura di sé, il disorientamento, la depressione, l’afasia sono i motivi che permeano la scrittura nello stesso momento in cui le parole si spezzano, e così le catene di senso e i versi.
*
di do (dì-do)
è ca sa
di quando
bambina
ora è bar-ritrovo
freccette di ragazzi:
chi
riporta la vecchia a cuccia? (p. 10)
Già dal primo testo sono evidenti alcune delle costanti di In caso di smarrimento / riportare a, così come le loro funzioni, che concorrono al regresso verbale e al raggiungimento del grado zero della scrittura. Le separazioni indebite dei componenti di parola, la sintassi disarticolata, la ripetizione fonica e, in altri componimenti, le concrezioni come «qualcosaodoradi» (p. 12) «femorerotto» (p. 43), «dovecazzo» (p. 46), lo stile nominale come in «camicia | leggera | una mano sopra la | spalla | della tunica | una candela | accesa (p. 73), e gli scambi di suono come «maestra matimatica» «budigno» (p. 76) riconducono a uno stato pregrammaticale della lingua, e rivelano la rimodulazione di una mente sfilacciata, mentre le enumerazione caotiche, come «quale auto | contro/flipper/calcinculo/giostrine», «panda grigie | dacia lancia gt alfetta» (p. 13) mostrano l’incapacità di definire e di scegliere una parola, e un’immagine, piuttosto che un’altra.
Dal punto di vista grafico, invece, l’incapacità del soggetto di gerarchizzare le informazioni è resa con la mancanza di maiuscole e di punteggiatura, mentre l’asterisco e gli spazi bianchi s’incaricano di indicare visivamente le lacune. Il primo, un segno paragrafematico che serve, a seconda del contesto, come separatore di componimenti o come richiamo a note marginali o a piè di pagina, suggerisce la mancanza di qualcosa che non solo non possiamo più trovare ma che non possiamo tradurre foneticamente, mentre i secondi, nell’assenza, incarnano gli smisurati vuoti in cui si aggira una mente che non afferra più i significati dell’esistente. In 13 casi gli spazi bianchi sono riempiti da disegni: si tratta di figure umane o animali, ridotte all’osso e catturate in posizioni simboliche ad illustrare iconicamente il volume, come una persona che porta a spasso, appunto, un cane, una donna che tiene in mano una testa spiccata da un corpo, due donne dai capi semicancellati che lottano. L’alternanza delle voci, della «vecchia» e di chi, in qualche modo, si prende cura di lei, ci guidano attraverso l’esile plot narrativo in cui si sviluppa la ricostruzione, anche qui sconnessa, della malattia. Carnaroli non si limita a raccontarla ma la rappresenta con sincerità, fermezza ed ironia, senza dare adito al patetico:
*
come ti cascano i coglioni
quando vedi
tua madre
aprire il tonno
con le banane (p. 81)
Se l’Alzheimer, come scrive Carnaroli, appena appare potrebbe far sorridere, sembra infatti solo una dimenticanza, un non sapere più perché si è andati all’Auchan (p. 13), il dramma della mancanza e dell’isolamento sociale si dipana poi nella mimesi del tragico disorientamento e nell’incapacità di riconoscere le persone, di ritrovarsi nel tempo e nello spazio: «mamma io sono tua figlia | se c’è la guerra mi porti | nella piega della gonna | come un chilo | di patata | ma sono tua figlia | lasciate | subito | la casa | correte | nei rifugi | chi ha | messo qui | una sala?» (p. 16). La madre si perde anche nel luogo che più di tutti dovrebbe rappresentare la sicurezza: la casa; non trova più il tovagliolo che sta cercando perché l’ha davanti a lei, ma fatto a pezzi. E se i dialoghi, o quel che ne rimane, con la figlia si fanno via via più angoscianti, come quando la madre non si ricorda di lei perché la associa a un’altra donna, non solo non amata, ma anche ladra, una che ruba la pensione, gli scambi verbali con la badante sono rappresentati senza indulgenza, nel turpiloquio: «non chiamarmi troia | signora mia | la calza | la mettiamo uguale | brutta befana» (p. 41). L’Alzheimer massacra e in questa icastica sequenza mangia «come le tarme | alla lana | il cervello» (p. 54).
Il soggetto non si riconosce più guardandosi allo specchio (p. 22), si fa bambina «bubu settete | tornano i tedeschen | kartoffen» (p. 43) e il suo passato riaffiora e si confonde nella paura della grande guerra con i «carri sulla strada armata | fino ai denti» (p. 23) in cui il composto spezzato, insidiato dal sintagma inserito, si risemantizza metaforicamente.
Le parole di Carnaroli, in questa raccolta, sono reperti ritrovati dopo la devastazione, l’eco di un grido, povere schegge che sopravvivono alla malattia: meta-letterariamente la scrittura si ottiene da «questo segmento | di osso | che produce | suono quando lo | butto a terra | e scrive» (p. 30). Ma anche i reperti sono importanti, e proprio perché marginali o semplici segni di lacune in certi casi non più riproducibili. Tramite essi gli uomini hanno ricostruito le ere, le epoche, le stagioni e, in piccolo, le pratiche e le vite delle persone, perfino degli ultimi. Anche di chi, come In caso di smarrimento / riportare a, è ormai solamente una madre che nemmeno sa più di esserlo.
Alessandra Carnaroli, In caso di smarrimento / riportare a, Genova, Il Canneto Editore, 2019, pp. 83, € 12.