La Balena Bianca sospende, come sempre, le pubblicazioni fino a settembre. E anche quest’anno non potevamo mancare di congedarci con i consigli di lettura estivi di redattori e collaboratori. In agosto vi terremo compagnia sui nostri social, riproponendo alcuni tra i contenuti più significativi dell’ultima stagione. Ci prendiamo una pausa, ma siamo già al lavoro per settembre: la Balena Bianca sarà coinvolta, per il quarto anno consecutivo, nel programma del Festivaletteratura di Mantova. Ne approfittiamo per ricordarvi quanto sia fondamentale il vostro supporto per una realtà come la nostra: date un’occhiata qui per scoprire tutte le modalità con cui è possibile iscriversi all’Associazione Culturale La Balena Bianca. E buone vacanze!
Roberto Bolaño, Sepolcri di cowboy, Adelphi (Ambrogio Arienti)
Un ragazzo cileno che vive in Messico, attirato dal vento della rivoluzione, sbarca in Cile nel giorno del golpe di Pinochet e si unisce alla resistenza. In una calda e fatua notte d’eclissi «nera come un vecchio bolero impossibile», un giovane poeta sudamericano viene assoldato da un gruppo surrealista che vive in clandestinità nella rete fognaria sotterranea di Parigi… È bello pensare al cassetto magico di Bolaño, ai faldoni sporchi di caffè e smangiati dalla cenere ardente che aspettano una pubblicazione, incompleti proprio come lo sono gli abbozzi di romanzo pubblicati da Adelphi con il titolo Sepolcri di cowboy. Si è detto che questo non è il libro adatto per fare i conti per la prima volta con lo scrittore cileno, ed è vero. Ma chi sente il richiamo di un titolo senza dubbio invitante, magari senza troppi pensieri per la testa, si lasci guidare. Questi frammenti zoppi, questi piccoli labirinti disabitati e in rovina portano il segno del triste e brillante fascino di Bolaño, e in qualche modo compendiano le sue ossessioni, sono un catalogo scompigliato di quanto si trova nei suoi capolavori.
Angelo Floramo, Mauro Daltin, Alessandro Venier, Il fiume a bordo, Bottega Errante Edizioni (Paolo Caloni)
Angelo Floramo, Mauro Daltin, Alessandro Venier sono i narratori di due viaggi lungo le sponde del Tagliamento e dell’Isonzo, dalle rispettive sorgenti agli sbocchi nell’Adriatico. Nel loro libero peregrinare gli autori raccolgono e fanno rivivere i ricordi, gli aneddoti, gli eventi storici e le storie che emergono dai fiumi. L’avventura si snoda fra i paesi di montagna della Carnia e poi della pianura, che da luogo di calura abbacinante si tramuta in una metafora dal gusto classico di scoperta dei limiti del mondo. Fra Slovenia e Italia, la Soča rimanda, invece, a luoghi quasi sconosciuti di fuggitivi e viandanti, che attraversano limiti e frontiere prive di senso per chi non le conosce. E il racconto, in aperto contrasto con il fluire delle acque e il brontolio del vecchio furgoncino Molly, si sofferma sul verbo “stare”: la sosta che dà senso al viaggio.
Paolo Morelli, La postura del guerriero, Luca Sossella editore (Michele Farina)
Il denso pamphlet di Paolo Morelli raccoglie spunti di riflessione e proposte pratiche per affrontare alcune problematiche contemporanee, di solito percepite come gravami ineluttabili. Nel suo essere sincretico, demistificatore e volutamente asistematico il saggismo di Morelli ricorda il Debord di La società dello spettacolo: le (necessarie) tinte fosche del libro sono bilanciate dalla sua pars construens, l’addestramento etico cui allude il sottotitolo. Nel suo oscillare tra argomentazione, analogia e divagazione, nel suo rifarsi alla letteratura, al pensiero antico e orientale, l’autore ci suggerisce una postura mentale per provare a combattere, fra le altre cose, la scorporeizzazione dell’esperienza, la deriva attenzionale e le presunzioni di una cultura ridotta a spettacolo. Scomodo e militante, La postura del guerriero è ciò di cui non sapevate di aver bisogno in questa estate atipica. Libro aspro al primo assaggio, ma medicamentoso: da leggere, rileggere e consigliare.
Ocean Vuong, Brevemente risplendiamo sulla terra, La nave di Teseo (Giulia Marchina)
Incanta per la grazia del suo lessico familiare e per le immagini prodigiose la lunga lettera che Little Dog scrive a sua madre: Brevemente risplendiamo sulla Terra è insieme l’esordio romanzesco di Ocean Vuong e la prosecuzione della sua opera in versi. Attraverso il genere dell’autofiction, in una prosa meditativa che procede per ricordi ed epifanie, questo giovane autore ricostruisce la storia di due generazioni: quella sradicata e silenziosa di sua nonna Lan e di sua madre Rose, entrambe sopravvissute alle violenze della guerra del Vietnam, emigrate quindi ad Hartford, nel Connecticut e quella dello stesso narratore che, preso possesso della lingua inglese, per primo legge, traduce, interpreta per sé e per la sua famiglia i codici e le illusioni del vivere americano. A rendere davvero completo questo romanzo è l’equilibrio di due aspetti: scritto nel solco della moderna tradizione della saga familiare che onora il vivere comune della working class, è al contempo un racconto di formazione che scorcia in modo commovente e originale i temi di immigrazione, razzismo, scoperta della sessualità e identità omosessuale; non da ultimo celebra con forza la letteratura come scelta di vita.
Sandro Campani, I passi nel bosco, Einaudi (Giacomo Raccis)
Si tende a dirlo sempre meno, quasi vergognandosene un po’, ma uno dei principali motivi per cui si leggono i romanzi è perché ci consentono di conoscere mondi più o meno lontani da quello in cui viviamo quotidianamente. Sembra che sia una giustificazione fin troppo banale, e quasi infantile, per aprire un libro. E invece, in una società come la nostra, sempre più urbana e globalizzata, I passi nel bosco di Sandro Campani dice innanzitutto che esiste anche un’altra realtà, rurale, montana, fatta di uomini e donne che cercano di rivitalizzare piccoli borghi diroccati, che si prendono cura degli alberi, che trovano nella natura (anche antropizzata) i propri cardini esistenziali, che combattono quotidianamente contro la solitudine e il senso di abbandono. Niente che ciascuno di noi non sappia già, quantomeno in astratto. Ma Campani ci cala bruscamente in questo mondo, ricostruendone a poco a poco la storia – la vita, le opinioni, i segreti – e ricorrendo a un gergo che, anche quando si fa particolarmente oscuro, aiuta a definire con precisione i contorni di questo universo così distante eppure così trasparente. Perché l’umanità che lo abita è afflitta dagli stessi mali e dagli stessi dolori che toccano anche la nostra vita: amori, invidie, rimpianti, piccoli e banali misteri. Arrivati alla fine in realtà non sappiamo molto di più di quando abbiamo cominciato a leggere, ma per qualche ora, per qualche giorno, abbiamo sentito di far parte di un altro microcosmo, di capirne tutto, di poter continuare a viverci a lungo. Poteri della letteratura.
Adriano Carnevali et al., I Ronfi e la superamicizia (Giulia Sarli)
Ve li ricordate I Ronfi? Sono quei simpatici roditori dalle orecchie lunghe e lo sguardo buono, protagonisti di una serie a fumetti ideata dall’umorista Adriano Carnevali per il «Corriere dei piccoli». Inseriti in un’ambientazione fiabesca, i sonnacchiosi Ronfi sono però solo apparentemente innocui. Perché sono dei «disadattati della natura», di quella vita nel bosco creata appositamente per loro. Sono un’eccezione che mette in crisi la teoria evoluzionistica di Charles Darwin: non hanno nulla che li difenda dall’estinzione, tranne forse quel loro sonno insanabile che li porta a essere refrattari per indole. E verrebbe quasi da pensare che dietro al loro RONF RONF si nasconda la sentenza più refrattaria di tutte: I would prefer not to. Dal 1981 al 1995, anno in cui il Corrierino ha smesso di esistere, le loro storie semplici e intelligenti hanno accompagnato giovani e meno giovani lettori che non hanno mai smesso di amarli, come prova la bella raccolta autoprodotta di recentissima uscita, I Ronfi e la superamicizia, che propone la rivisitazione dei personaggi e delle storie di Carnevali da parte di cinque tra i più importanti fumettisti italiani contemporanei, che svelano così la loro discendenza: Dottor Pira, LRNZ, Maicol & Mirco, Ratigher e Tuono Pettinato. Difficilmente si dimentica l’incipit di un famoso racconto di Michele Mari, I giornalini: «Quando seppe che sarebbe diventato padre, il professor *** si chiuse a lungo nel suo studio per riordinare le idee. Nell’incertezza del futuro uscì dalla sua stanza con una certezza: i giornalini, i cari giornalini della sua infanzia dovevano essere messi in salvo». Anche Adriano Carnevali e i Superamici vogliono salvare i Ronfi; non nascondendoli però ma diffondendo il loro irriverente e irriducibile sonnecchiare. Vista la bellezza del libretto, sembra proprio che ci siano riusciti. Il volume è acquistabile qui.
Judith Schalansky, Inventario di alcune cose perdute, Nottetempo (Marcello Sessa)
«Et le fece ruinare». Con queste parole esatte le fonti tardoquattrocentesche riportano la reazione di Ludovico il Moro di fronte alla prima versione delle tarsie lignee del coro della Certosa di Pavia: del tutto insoddisfatto, il duca le sfregiò istintivamente a colpi di spada. L’ultimo libro di Judith Schalansky (Inventario di alcune cose perdute, scritto nel 2018 ma stampato in italiano da Nottetempo al principio di quest’anno) non è solo un’antologia di racconti attorno a fatti e oggetti letteralmente “ruinati”, ma anche la registrazione del rapporto che chi scrive, in generale, ha con le cose che non esistono più, oppure con quelle che viceversa riaffiorano dal nulla. Che si tratti di esperienze quotidiane o straordinarie, questi confronti innescano una profonda meditazione sullo statuto della rovina (richiamando perciò una costellazione teorica che va da Diderot a Simmel a Kiefer) e – in ultimo – su come la scrittura si riveli un analogo della memoria e per giunta più prensile: può sospendere il tempo e la morte e obliterare l’opposizione fra presenza e assenza soltanto “dicendo” di ciò che non c’è (ma che continua a essere).
Javier Cercas, Terra Alta, Guanda (Damiano Sinfonico)
Con Terra Alta Javier Cercas cambia genere restando però il grande scrittore che è. Dopo alcuni romanzi dedicati alla memoria storica (Soldati di Salamina, Anatomia di un istante, L’impostore, meno brillante Il sovrano delle ombre, tutti pubblicati da Guanda), il nostro autore ritorna sui suoi primi passi cimentandosi in un piacevolissimo noir. La vicenda, ambientata nella Terra Alta (una comarca catalana lontana dalle luci di Barcellona e depressa), è quella di un caso orrendo e di un poliziotto con un oscuro passato da malvivente, personaggio dalla doppia identità sulle orme espresse de I miserabili di Hugo. Alternando capitoli al passato e al presente, il narratore ci porta nelle due esistenze del protagonista, ma anche nella sua passione per la lettura scoperta in carcere e nel suo rovello intorno al dramma di Jean Valjean, poi condiviso con la moglie. Non mancano cenni alla guerra civile spagnola e una conversazione casuale tra anziani origliata ai tavoli di un bar catapulta il lettore nel mondo di Cercas. L’abilità narrativa è indubbia, la forza romanzesca però brucia insieme alla storia e il libro, perfetto nel suo genere, si chiude su se stesso. Un ottimo esempio di uno scrittore che prende una vacanza dalla sua arte per divertirsi e appassionarci con il suo talento.
Stanislaw Lem, Febbre da fieno, Voland (Michele Turazzi)
Un noir con un primo capitolo adrenalinico, un secondo capitolo decontestualizzato, un terzo capitolo che per la gran parte non è altro che un dialogo lunghissimo, quasi infinito. Ambientato in un futuro prossimo, talmente prossimo che per noi è quasi passato (ma con un complicato sistema di scale mobili anti-terrorismo a Fiumicino), Febbre da fieno, uscito in Polonia nel 1975 e per la prima volta tradotto in italiano grazie a Voland, è prima di tutto un sofisticato gioco intellettuale. Che però non disdegna né l’azione né i colpi di scena. Da Napoli a Parigi, passando per Roma, Stanislaw Lem rispetta gli stilemi del genere noir (assassino, movente, protagonista che rischia la vita), ma allo stesso tempo li straccia con inesorabile razionalità, gettandoli in un frullatore di teorie scientifiche, idee filosofiche, suggestioni futuristiche: dopo quasi duecento pagine inarrestabili, questo mix dà un’unica risposta: tutto nella nostra vita è dominato dal caso.