Dopo anni di vuoto editoriale – anni durante i quali è stato difficilissimo se non impossibile reperire le sue opere, con poche eccezioni – il mese scorso, a ottobre 2022, a quasi trent’anni dalla sua scomparsa, Fausta Cialente è tornata ad essere stampata grazie al nuovo progetto di nottetempo, casa editrice indipendente fondata nel 2002 a Milano che (ri)propone opere di narrativa, saggistica e poesia edite e inedite. Un inverno freddissimo, quarto romanzo di Fausta Cialente, è il primo titolo scelto da nottetempo – che segue l’uscita di Cortile a Cleopatra per La Tartaruga nell’aprile di questo stesso anno e precede una serie di ripubblicazioni da parte di entrambe le case editrici.
Fausta Cialente è stata antifascista, femminista, giornalista e scrittrice di successo: candidata al Premio Strega tre volte (anche con Un inverno freddissimo), vince nel 1976 con Le quattro ragazze Wieselberger e arriva seconda nel 1961 con Ballata levantina. Apparso originariamente nel 1966, Un inverno freddissimo è ambientato in una soffitta milanese subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Qui Camilla si barcamena tra freddo e povertà nel tentativo di ricostruire (dentro e fuori di metafora) una casa per sé stessa, per i suoi tre figli Alba, Guido e Lalla, per il nipote Arrigo e la moglie Milena e per la “vedova” Regina e la sua bambina, figlia dell’altro nipote di Camilla – Nicola – morto partigiano. Camilla, che cerca di tenere unito il nucleo familiare eterogeneo e allo sbaraglio, è una donna libera che sembra incarnare lo spirito che Cialente stessa attribuisce alle donne italiane del dopoguerra, piene di «energia di immediato rinnovamento» (come si legge nell’intervista citata da Carbé nella Nota al testo). La costruzione di questa personaggia non è però monodimensionale, e alla forza speranzosa che la contraddistingue si oppone, in una equilibrata coesistenza, un certo senso di arrendevolezza e pessimismo. Un ossimoro reso anche dal susseguirsi fluido di frasi che si contraddicono o smentiscono, creando una prosa dai toni altalenanti, che cullano chi legge lasciando però anche un senso di spaesamento lungo quasi tutto il romanzo. Quando Camilla afferma netta «Una donna sola ecco quel che sono», la voce narrante subito specifica però che «quell’insopprimibile senso di vivere, di aspettare qualcosa dalla vita non l’ha mai abbandonata, ce l’ha al mattino svegliandosi, la sera andando a letto – è il vero compagno della sua solitudine […]» (p. 58), e i termini oppositivi si invertono quando invece si legge che «con vaga speranza guardavano in fondo alle strade cancellate dalla nebbia e non vedevano che il livido spettro di un lungo e feroce inverno stava già in attesa» (p. 18). Questo lungo e feroce inverno, spesso antropomorfizzato, è un vero e proprio personaggio, se non addirittura coprotagonista. L’inverno fa da cornice alla storia e torna a chiusura di gran parte dei capitoli o dei paragrafi, costituendo un efficace filo narrativo. Anche questa volta, come nel caso della casa, l’inverno è spesso descritto metaforicamente: il riferimento è all’inverno particolarmente rigido del 1946, ma anche alla durezza e alla povertà della vita dei personaggi, se non addirittura un vago richiamo alla Guerra Fredda.
«Il più sottovalutato eppure tra i migliori romanzi» di Cialente (p. 10) è ora riedito a cura di Emmanuela Carbé, che firma anche l’introduzione e la nota al testo che rispettivamente aprono e chiudono il volume, offrendo a chi legge il contesto storico-politico nel quale inserire Fausta Cialente, ma soprattutto una puntualissima analisi filologica e tematica del romanzo. In questo modo il volume di nottetempo diventa preziosissimo sia per il grande pubblico che per gli addetti ai lavori, oltre che per il valore politico (e letterario) che l’opera di recupero di autrici altrimenti dimenticate comporta. Carbé introduce il profilo bio-bibliografico di un’autrice definitasi straniera dappertutto, e la cui vita ha già del romanzesco; colloca Un inverno freddissimo all’interno dell’opera omnia di Cialente spiegandone i richiami interni (Enzo che torna dopo essere stato protagonista di Ballata levantina; Marcellina nel quale si trovano già elementi che caratterizzerano Camilla, Alba, Matelda e Regina; Inverno a Milano che è quasi una prima bozza dell’inizio del romanzo) e ne analizza la genesi letteraria ed editoriale. Tramite una prosa metaforica (seppure tecnica) e lenta, il paratesto di Carbé si abbina perfettamente a quella letteraria di Cialente, la cui pacatezza non le impedisce di «sparigliare le carte all’ultimo momento» (p. 11), in una trama ricca di avvenimenti.
Ascoltiamo proprio la voce autorevole di Emmanuela Carbé, curatrice del testo, come si diceva, oltre che studiosa di Fausta Cialente da tempi non sospetti – Carbè ha conseguito il dottorato in Filologia moderna proprio con una tesi su questa autrice, che è poi diventata il libro La scrittura necessaria. Il diario di guerra di Fausta Cialente, pubblicato nel 2021 da Artemide.
Fausta Cialente è stata un’autrice fondamentale nel ventesimo secolo italiano, eppure ciclicamente dimenticata. Un inverno freddissimo è il primo titolo ristampato da nottetempo che inaugura il progetto più ampio pensato per ristampare varie opere dell’autrice. Cosa ti ha spinto in prima battuta a dedicarti a Cialente in un periodo che fino a poco tempo fa era di oblio? E ancora, cosa ti auguri che questo recupero editoriale possa portare?
Ho iniziato a occuparmene grazie a Clelia Martignoni, di cui sono stata allieva all’Università di Pavia, dove al Centro Manoscritti è custodito il Diario di guerra di Cialente, materiale molto delicato che nel 1998 la figlia Lionella Terni Muir ha donato insieme a un testo inedito intitolato Maria e a documenti e fotografie. Del diario già si sapeva grazie a Renata Asquer e al suo volume La triplice anima, uscito per Interlinea nel 1998, e grazie a una ricognizione di Simona Landino che nel 2004 lavorò a una bella tesi sotto la direzione di Martignoni. Ma in questi ultimi anni sono molti i lavori di scavo dedicati a Cialente: cito tra i molti studiosi Nunzio Ruggiero, a cui dobbiamo tra le altre cose un’aggiornata voce della scrittrice nel Dizionario Biografico degli Italiani (2017); e Francesca Rubini, che dopo la tesi di dottorato dedicata a Cialente ha pubblicato nel 2019 un’imponente monografia per la Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, con un lavoro paziente e molto ampio di mappatura dei materiali d’archivio, tra cui carteggi editoriali, che gettano una nuova luce sul percorso di Cialente. Senza quello studio oggi si avrebbero decisamente meno dati sulla genesi delle opere, compreso Un inverno freddissimo.
Sul piano editoriale le più recenti riproposte si devono alla Tartaruga, con la pubblicazione di Natalia, Cortile a Cleopatra, e Le quattro ragazze Wieselberger, volumi accompagnati da un saggio di Melania G. Mazzucco. Un tentativo di progetto molto ampioc’è stato con gli e-book di Vanda epublishing, ma i testi non sono più disponibili, immagino per questioni legate ai diritti. Per queste e per altre ragioni non si può dire che Cialente sia stata davvero dimenticata: è certamente vero pensare che sia necessario ancora molto lavoro, che forse determinerà un riposizionamento e una maggiore attenzione nei confronti di questa autrice, indagando ad esempio le zone meno conosciute della sua produzione.
All’editore nottetempo vanno a mio parere due grandi meriti: il primo è quello di riportare finalmente in libreria alcune delle opere meno ricordate. Il secondo è l’allestimento scelto per questi volumi, che offrono un breve invito alla lettura, affidato di volta in volta a una firma diversa, e una nota finale di servizio con qualche dato di inquadramento per contestualizzare il testo, insieme ai criteri di edizione: criteri molto semplici per Un inverno, anche perché esiste solo una prima edizione insieme a due ristampe anastatiche del 1976, ma che invece hanno un certo peso per altre opere di Cialente.
Come sarà strutturato il progetto editoriale di recupero di Cialente di nottetempo?
Dopo Un inverno freddissimo sarà pubblicato il romanzo Il vento sulla sabbia, edito per la prima volta nel 1972. Saranno dunque riproposti i racconti, che Cialente aveva pubblicato nel volume Pamela o la bella estate (Feltrinelli 1962), e poi in Interno con figure (Editori Riuniti 1976), dove sono confluiti anche i racconti della prima raccolta; con nottetempo si pubblicherà Interno con figure, ma si offriranno anche alcuni recuperi tra i numerosi racconti apparsi su riviste e giornali, offrendo una nota al testo per una contestualizzazione anche delle scelte editoriali. Chiuderà il progetto la riedizione del più noto romanzo Ballata levantina (Feltrinelli 1961). L’ordine di uscita non segue quindi un criterio cronologico, rispetta invece l’esigenza di dare priorità alle opere oggi meno reperibili.
Una domanda molto vasta, ma la cui risposta da parte di una studiosa competente fornirebbe il pretesto per presentare a chi ancora non la conoscesse questa straordinaria autrice: perché proprio Fausta Cialente e perché iniziare da Un inverno freddissimo?
Fausta Cialente ha attraversato il Novecento con una vita straordinaria, caratterizzata da un certo tipo di formazione letteraria (e musicale) e da esperienze in luoghi molto diversi, che hanno senz’altro influito sulla sua visione del mondo e della letteratura. Trovo non solo di grande interesse la sua scrittura in sé, ma anche quel carattere nascosto nelle pieghe della scrittura, quel suo modo di porsi certo garbato eppure mai docile e convenzionale, che non rinuncia a una visione complessa delle cose, ed è un carattere che non si ritrova solo nell’opera (anche se ciò è meno rilevante). Le sue risposte alle interviste, a volte anche lapidarie, sono in questo senso folgoranti. Di Un inverno freddissimo si potrebbero dire molte cose, ma c’è un aspetto tematico che forse non ho sottolineato abbastanza, anche per non rischiare di ridurre il romanzo a un bel messaggio educativo preconfezionato che non renderebbe giustizia né a Cialente né alla sua opera. Ad ogni modo Camilla è una donna abbandonata dal marito, e c’è chiaramente il tema dell’indipendenza morale ed economica delle donne. Nel romanzo questo aspetto non passa tramite un’eroina, ma attraverso una figura complessa, non esente da fragilità e paure, anche perché la sua condizione è stigmatizzata dall’ambiente circostante, come se Camilla fosse colpevole di non essere riuscita a “tenerselo”, questo marito. Nel contempo Camilla deve far quadrare i conti per assicurare la sopravvivenza della sua famiglia, e certamente rimpiange il passato e quel marito che ha amato molto, nutrendo forse qualche cauta speranza in una possibile storia d’amore che in realtà non si avvia. C’è insomma un lutto amoroso che pur non essendo recente (Camilla è sola da molti anni) è ancora in fase di rielaborazione e ha risvolti interessanti nella psicologia del personaggio anche nel rapporto con altri uomini. E c’è un percorso di formazione verso l’indipendenza, che include esperienze di sessualità non legate ad affetti stabili, e che giunge infine alla ridefinizione di Camilla non tanto come “donna sola”, ma come donna e basta.
Per le autrici del Novecento italiano è un periodo relativamente prospero: per citare solo alcuni esempi, Laudomia Bonanni è stata ristampata da Cliquot (Il bambino di pietra) e verrà riproposta da Textus (Il fosso e La rappresaglia), Alba de Céspedes è tornata finalmente in libreria per i tipi di Mondadori, Sandra Petrignani ha visto ristampato recentemente il suo Le signore della scrittura, Giulia Caminito ha di recente pubblicato il volume Amatissime. nottetempo stessa vanta nel suo catalogo nomi come Elsa Morante, Fabrizia Ramondino, Patrizia Cavalli, Lidia Ravera, Rosetta Loy, e ora Fausta Cialente. Come si colloca l’uscita di Un inverno freddissimo in questa nuova ondata di riscrittura del canone novecentesco italiano, da un punto di vista accademico ed editoriale?
C’è certamente nel panorama editoriale e accademico italiano una maggiore attenzione alle scrittrici, spesso totalmente e ingiustamente dimenticate, e questo è com’è ovvio un dato molto positivo, ma è anche parte di un processo graduale non certo partito oggi, che si accompagna a una riflessione più ampia su che cos’è per noi la buona letteratura. Nel caso di Cialente non c’è ora una scoperta, né accademica né editoriale, ma un lungo lavoro che si deve a tante studiose e studiosi, alla critica letteraria e anche al mondo del giornalismo e a quello editoriale, che ha più volte proposto recuperi importanti. L’editore nottetempo ha giustamente notato che alcune opere di Cialente molto interessanti erano state dimenticate (Un inverno freddissimo non era in libreria dal 1976), e dunque ha deciso di avviare questo progetto che è semplicemente naturale, ovvio, corretto, se pensiamo all’assoluta qualità della scrittura di Cialente. Così sta accadendo ed è accaduto per altre scrittrici. Io in generale per carattere temo la ricerca del clamore, perché procura operazioni culturali e commerciali dubbie, sulla scia di mode che poi passano e non lasciano nulla, amplificando la corsa al ripescaggio selvaggio e acritico di editi e inediti. Ben vengano tutte le meritorie e necessarie iniziative, evitando però di ridurre le varie scoperte, riscoperte e recuperi a una paccottiglia di cliché. Ad esempio proverei un certo disagio se questa edizione venisse accolta come una sorta di miracolosa riscoperta di Cialente: spero certo che venga letta da un numero ampio di lettrici e lettori, ma per quanto mi riguarda non c’è nulla di clamoroso, era un atto dovuto e sono molta contenta che nottetempo abbia pensato a questo progetto.
Un inverno freddissimo ha una trama spiccatamente neorealista, nonostante il romanzo sia stato scritto e pubblicato vent’anni dopo la sua ambientazione e l’apice della stagione neorealista. Pensi che oggi i temi e la corrente letteraria reinterpretata da Cialente si collochino più o meno facilmente nel panorama del romanzo contemporaneo e del suo recupero del reale (in contrasto con lo sperimentalismo degli anni di Cialente)?
C’è forse un ripensamento, un riattraversamento del neorealismo, rivisto con soluzioni molto diverse che guardano al realismo e al modernismo europeo. In quegli stessi anni, nel 1964, usciva la notissima prefazione di Calvino alla nuova edizione del Sentiero dei nidi di ragno, in cui si faceva il punto sull’esperienza della stagione neorealista. Il romanzo di Cialente non è solo uno spaccato della Milano del dopoguerra e della ricostruzione post-bellica, ma una narrazione da collegare da un lato al periodo in cui è stata scritta – nella prima parte degli anni Sessanta in Italia, protagonisti peraltro di esperienze letterarie completamente diverse e sperimentali come quelle del Gruppo 63 – dall’altro allo specifico percorso letterario di Cialente, dai primi racconti e da Natalia fino alle Wieselberger. Non saprei dire se e quanto tutto questo si accordi al panorama del romanzo contemporaneo, ma forse è un aspetto più marginale.
Lo stile e il lessico di questo romanzo sono ricercati ed eleganti: le descrizioni particolareggiate, i ritratti vividi, l’andamento lento ma cadenzato impreziosiscono la lettura che pure non si dimostra sempre semplice. Ma ancora di più sembrano contrastare con quanto tu spieghi nel paratesto riguardo la riluttanza nei confronti della scrittura, che Cialente “ripudia” negli anni della guerra e dell’attivismo politico perché percepita come frivola. Un inverno freddissimo è un unicum o esemplifica bene la poetica e lo stile dell’opera di Cialente?
Il percorso narrativo di Cialente è vario e attraversa una buona parte del Novecento, anche con diversi anni di silenzio letterario. A ciò si aggiunge il suo intenso lavoro giornalistico, le sue traduzioni, ma anche il suo impegno politico. Nella nota al testo si fa riferimento al periodo in cui Cialente collaborava alla propaganda antifascista con la trasmissione radiofonica “Siamo italiani, parliamo agli italiani” (1940-1943). Si tratta di una semplificazione, perché in quegli stessi anni Cialente fece molto di più, organizzò ad esempio delle trasmissioni radiofoniche da Gerusalemme, affidate poi a Renato Mieli e alla compagna Isa Blattner, che agivano sotto i nomi di battaglia Ralph e Ivy Merryll. Nel 1943 Cialente fondò il giornale “Fronte Unito”, per un breve periodo, nel 1946, diventato “Il Mattino della Domenica”. Ma lei e il suo gruppo si occuparono di moltissime altre iniziative, che nel diario di guerra conservato a Pavia sono meticolosamente registrate. Maria Serena Palieri ne ha parlato nel volume di Donzelli Radio Cairo. L’avventurosa vita di Fausta Cialente, uscito nel 2018.
È proprio nel diario che Cialente rifletteva sull’impossibilità, di fronte alla guerra, di pensare alla letteratura e alla scrittura, e anche questa è in una certa misura una semplificazione, anche perché il diario stesso è sintomo e esito di una necessità e una vocazione che non l’hanno mai abbandonata. Ogni opera di Cialente ha com’è ovvio delle sue peculiarità, ma ci sono delle costanti stilistiche e tematiche, e un timbro che rende la sua scrittura sempre riconoscibile. Un inverno freddissimo è il romanzo successivo a Ballata levantina e precede Il vento sulla sabbia. È tematicamente un abbandono temporaneo del paesaggio levantino e un’immersione nella realtà italiana. Le “scritture del dispatrio” sono però presenti anche qui, soprattutto attraverso il personaggio dell’antifascista Enzo, vissuto in Egitto e prelevato da Ballata levatina, che nel romanzo milanese, con i suoi sensi di colpa e il disagio della disappartenenza, diventa un dispositivo esterno per una lettura della società italiana di quegli anni. Oltre a elementi di discontinuità tematica va rilevata la discontinuità dello stile ma anche strutturale, perché il romanzo è molto diverso rispetto a Ballata e ancora di più al precedente Cortile a Cleopatra, pubblicato per la prima volta nel 1936 e riproposto, con varianti, nel 1953, con una splendida prefazione di Emilio Cecchi: «noi invidiamo quelli che lo leggeranno ora per la prima volta». E a proposito di invidia, non ho risposto a una parte della prima domanda, in cui si chiedeva cosa mi auguro per questo recupero editoriale. Molte lettrici e lettori stanno leggendo il romanzo, che sta ricevendo attenzione e interesse più di quanto si potesse sperare: per qualcuno è un ritorno a una scrittrice che già amavano e conoscevano; per altri è invece una prima lettura assoluta. Alla sua uscita, speravo che il volume potesse arrivare soprattutto a chi non ha mai conosciuto la scrittura di Cialente. Non è d’altra parte un recupero per addetti ai lavori, che sanno benissimo dove e come leggerla, ma è un modo per far tornare in circolo e vive le sue opere: con questo spirito, pensando soprattutto ai più giovani, insieme a nottetempo ho curato con piacere il volume e i prossimi che verranno.
Fausta Cialente, Un inverno freddissimo, nottetempo, Milano 2022, 288 pp. 18,00€