L’ultima volta che vado a Edimburgo è perché mi devo beccare con Rents, Rentsez-vous, vedere come lo avevano trattato gli anni di Amsterdam, scrivere in realtà un pezzo per un giornale che si occupa di Fatti & Panzane. Non questo, un altro. Questo un filologo lo chiamerebbe Diario, e se lo stai leggendo smettila, non hai il permesso. Ma per tornare a noi. Dicevo che l’ultima volta che vado a Edimburgo è perché mi voglio beccare con Renton, unico della cumpa che mai sbragava, nemmeno dopo che ho fatto adieu – con le valigie – e me la sono battuta sul continente. Questo forse perché anche lui aveva giocato alla volpe, ciulato tra l’altro i soldi di tutti (io di soldi non ne avevo intascati a nessuno, anzi, al vecchio mondo tornavo per farne di miei), e swoosh, via con il suo battellino verso la terra grande e ferma, space cake ed erba decente. Così m’immagino, perché io appunto, a sentire Spud, cioè l’ultima volta che l’ho sentito, me la stavo battendo quando il mondo bruciava, per giunta per una puttanata borghese: avevo trovato lavoro a scrivere, e la skaglife non pagava. Chissà, forse aveva ragione. Però di fiamme io non ne ho mai viste.
Sta di fatto che l’ultima volta che vado a Edimburgo mandata dal giornale scendo sempre a Princes Street da dove me n’ero andata perché, anche in tre anni, lo shuttle aeroporto non ha deviato percorso. È una cosa dritta, questa via, in una città di curve e saliscendi. Le stazioni di una Via Crucis, fosse qui Mark scuoterebbe la zazzera rossa che si tinge di nero per non passare da local, lui degli scozzesi se ne vergogna perché sono carni bianche da macello, Scotland the brave my ass, Scatlin’s the scum of the Earth, dominata da baronetti di pianura effeminati – ecco, parole sue, non mie, così chiama gli inglesi – proprio lui insomma, Mark Renton, scuoterebbe il capo come quando si corre lungolargo la capitale per una dose di ero e direbbe: turisti e compranti, le maledizioni gemelle del capitalismo moderno. Io lo perculavo, dicevo ma piantala, ora un lavoro ce l’hai e sei pulito, scaricava molluschi giù al porto, choose life as they say! e gli facevo le virgolette, per farmi intendere. Questa è la vita. O forse no, non andrebbe così. Perché ora che sono qui per beccarlo e ritocco questa città dopo anni, Auld Reekie, vecchia olezzosa, ciminiera e sepolti lieviti birrai, Princes Street ha cambiato faccia: i lati adornati di senza fissa dimora, vetrine vuote, serrande abbassate. Solo il castello, cioè il castelletto, perché se paghi il biglietto entri e scopri che è vuoto e minuscolo, the horrors per dirla con Sick Boy, non si smuove, guarda la strada dall’alto. Per un po’ la cosa mi incanta, sempre bello sai, e io non credo più a niente. Ma questo era per dire che. Per dire che in fondo sarà Renton a darmi le risposte che cerco, e per la miseria, sarà anche meglio, sono qui per questo. Quindi per dire che, una volta che mi sono sistemata, esco e vado ai Meadows, uno pensa “parco” e invece no. I Meadows sono il brado in centro alla città, cammini e di fianco l’erba e altra erba, è una cosa che ti succede, in Scozia, sopraffarsi per mano di natura. Arrivo che la luna si disegna dietro la lavagna luminosa del cielo e Renton, che se si beve o si fuma non tarda mai, è già sulla distesa a sbracciarle contro una sigaretta, sì, alla luna, segue i contorni, la imprime bene su quella tela dove le nuvole viaggiano basse e veloci, come me, mi aveva pigliato in giro una volta, bassa e veloce su questa terra di Nord. È lontano, ma la testa è rossa e brillante anche nell’azzurro del pre-crepuscolo. Questo vuol dire che ha smesso con il bitume. Pare la sua figura persino più tonda, ingrassata, un po’. Si leva dal gioco, scuote il collo intorno. Eccoci.
Wee El. The sweetest cunt of alls.
Wanker Mark Renton mi corre incontro, spalanca le braccia.
Got to go for a wee bevvy huh?
Sì Mark, però non adesso. Ora devo scrivere un pezzo su di te e su come è cambiata Edimburgo da quando guardavi i treni, questo è il giro, poi andiamo, promesso.
Rents capisce, grazie a Danny (Boyle, ça va sans dire) è pur sempre una celebrità, è abituato, scalda l’ugola. Lo fa con suono solenne, ed è perché vuole attaccare la pezza su qualcosa di serio, lo faceva sempre nei locali insegaturati di Cowgate, pre-game prima di calare lo skag, lo faceva ed eccolo che tira fuori Belfast, l’Irlanda, come il neocolonialismo inglese non sia mai diventato “nuovo” e Bonnie Scotland lo faccia capire, ma no, lo blocco, Mark, non è di questo che dobbiamo parlare, la politica di questi tempi è terreno accidentato, non mi passano l’articolo. Ah. Shite. Lui è dalla Thatcher che cerca qualcuno per vomitare la bile, però capisce e butta giù, la prossima volta, Mark. Allora sei stato a Leith, gli chiedo, per sviare il discorso. Parliamo di Leith, questo interessa alla gente, parlare di Leith e della merda, vedere qualcuno che cuoce, overdosi, HIV per scambio di aghi. Ma forse ho sbagliato perché si rabbuia.
It ain’t no Leith no more.
E io che, a me, Leith piace parecchio anche se è in culo, io che ero salita la prima volta dopo il film con Ewan, che avevo trovato lo spin perfetto per questo pezzo che già puzza di marcio, ci rimango male. It ain’t no Leith no more ripete, ora ci sono le new money di Stockbridge e dei suoi mercati, le old money della parte Sud, appena più in alto Newington dove si ammassano studenti, il Quartermile che è torri di vetro che se fosse Italia sarebbero state costruite a mazzette e che è il distretto finanziario, la parte sulle mazzette l’ho aggiunta io, che ne sa Rents dell’Italia, è stato ad Amsterdam, mica a Milano; forse nel West End, continua, qualcosa ancora ci trovi a prezzo decente, Haymarket Fountainbridge anche se le case fanno cagare e sono degli sgabbiotti in condivisione, ma il punto della questione è che, naw, a Leith sono toccati in questa ripartizione gentrificata i berretti rossi di Steve Zissou, hipster e aragosta chicchettina, proprio per il film con quella cunt (questo non lo scrivo poi davvero nel pezzo) di McGregor. Un bloody disaster. E Renton, rientrato dal passato, si è fatto il sangue amaro. Lui infatti, scrivi tutto, anche che lui ora è a Nord, verso il fiordo, se interessasse a qualcuno, al Firth of Forth dove ancora un po’ di trainspotting, per dirla come la diceva il padre di Franco Begbie, ol’ bastard of a Beggar, squagliato prima che potessi conoscerlo, ancora si può fare. Continua, so long scarpinate notturne per la Walk, giù e su, dai Links prima del porto all’odiosa Princes Street per ficcarsi in un pub di Grassmarket, lasciarci tre quid al bicchiere e ricominciare, armamentario sempre dietro che una bomba non sai mai quando ti viene la voglia. Ora il pish costa cinque alla pinta, le bollette per la Brexit sono alle stelle, i pomodori sanno di plastica e a pagarsi una casa si è già contenti. Questo mi dice Rents nel suo accento roccioso, che quando sei sotto ti dài sempre del romantico e pensi sia la merda che ti sei calato, però passa, ed è peggio di prima. Perché è così, conclude, è sempre peggio di prima. Senza eccezioni.
It’s all just e puff towards the great gig in the sky. It’s all just e bad trip El, ye ken?
Voglio dire di sì però esito. Vorrei dire di sì perché penso fosse questo, che Spud intendeva, quella volta là, il mondo che brucia. L’affitto che sale, il contatore che scatta i numeri, dopo Leith forse New Leith, per altri motivi, per simili morti, li hai visti quelli ammassati nel tempio dei soldi, a Princes Street? Avevano detto che era sacrilego mercanteggiare nel tempio ma loro scambiano della vita lì in mezzo-
El? Ye ooright their?
Non lo so, Rents, che cazzo ne so. Aspetta che ripasso che ho perso il filo, dov’eravamo, volevo chiederti delle cose ma poi mi hai inondato, e allora ho pensato a un incendio. Tipo in Mirror, ken?
Eh. Tarkovskij’s tough shite.
Sì. Ho pensato che non so che cosa dovrei scriverci, su quel giornale di Fatti & Panzane. Che alle news dicono, domani inizia lo sciopero dei bin people- ah sì, netturbini, e gli angoli straborderanno merda. Dovrei assemblare un attacco tipo Tout va bien sul fronte di Edimburgo, ammiccantino, attira tutti. Pensavo e non ritrovo l’appiglio che mi ha portato qui, perché, come diceva Spud, stanno appiccando del fuoco.
Don’t mention it El, ah got ye. Ah knows the drill. It’s just- the blues, this place. That’s why us goat the smack in the faerst place.
Così mi lancia un Ewan Sguardo e come un Lord delle sue corti bastarde, grassi inglesi delle terre calde, e io che so che questo pezzo ispirante, conciliantino che mi hanno chiesto non mi uscirà mai lo aggancio e sono già nel tunnel quando tira fuori un cucchiaio lo lecca se lo appiccica sul naso come i bambini e mi chiede, ma come Rents, porco mondo ti eri pulito,
Care for a shot?
E comunque smettila di leggere, ché te l’ho detto all’inizio: non hai il permesso.