Certe storie cominciano alla fine. Quella de Il coraggio verrà, di Sara Poma (Harper Collins, 2023), comincia quando tutto è già successo. La rivoluzione è passata; Mariasilvia Spolato, che nel 1972 portò involontariamente la parola “omosessuale” alla ribalta dei quotidiani nazionali mostrando un cartello con scritto “Fronte di liberazione omosessuale” alla marcia romana dell’8 marzo, è passata. Nel 2018 precisamente, giorno di Halloween, ultimo trucco di una strega contemporanea che – forse più fata madrina – aveva il potere di comparire quando meno ce lo si aspettava, quando più ne si aveva bisogno. Mariasilvia Spolato era di Padova, 26 giugno 1935. Cancro, come tutti gli impossibili dello zodiaco. Insegnante di matematica prima, attivista per i diritti LGBT poi, quando lo Stato le impedì di esercitare la professione in quanto irrimediabilmente “altro”, inconciliabile con il costume, la morale, e probabilmente la fede politica di un Paese preso alla sprovvista dal wind of change sessantottino, britannico e statunitense. Alcuni giurano di averla vista, sempre nel ’72, alla manifestazione al Casinò di Sanremo, organizzata per rifiutare le tesi omofobe e conservatrici espresse in quei giorni dal primo Congresso internazionale di sessuologia del CIS (Centro Italiano di Sessuologia), che prendeva come fulcro di discussione i “comportamenti devianti della sessualità umana” aka omosessualità e simili; altri, di averla spottata mentre dormiva in un’automobile malconcia con il fidato compagno canino John John. Ma la verità è il mestiere del tempo, e Il coraggio verrà arriva, per quanto dopo, prima di tutto questo. Comincia, infatti, a un certo punto del 2020: Poma ha licenziato da poco il suo primo podcast come autrice e narratrice, Carla, dove ha raccontato un pezzo di storia del Novecento per come la nonna (da cui il podcast prende nome) l’aveva vissuto e compreso. Una storia che, nella sua intima semplicità, ha saputo raccontare quelle di molte altre donne e nipoti alle prese con i ricordi sepolti che ogni famiglia conserva gelosamente. A quel punto, però, serviva un altro sguardo. Uno ancora più radicalmente parallelo alla direzione della Storia, per dare senso al presente attraverso un passato nuovo. E, naturalmente, Mariasilvia ha saputo presentarsi al momento giusto.
Eppure, a dire che Il coraggio verrà è la storia di Mariasilvia Spolato si sarebbe grossolani, e riduttivi. L’onor di cronaca merita, a ogni modo, la sua parte. Le cose sono andate così: Mariasilvia nasce in una famiglia per bene di Padova. Ha due genitori ligi alle tradizioni e una sorella minore che sembra fare di tutto per conformarsi all’idea di perfezione propugnata da mamma e papà. Mariasilvia, invece, no, originale come solo gli alieni – vengono in mente le “Morgane” raccontate nel bel podcast di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, icone controcorrente per natura più che pianificazione – sanno essere. Fosse nata all’estero, Parigi, Londra o New York, Mariasilvia sarebbe stata una Nan Goldin, Vivian Maier, forse la Vivienne Westwood della matematica. Non è andata così, e Mariasilvia ha finito per assomigliare a una figura retorica: quella protagonista di Synecdoche, New York di Charlie Kaufman (2008), dove un preziosissimo Philip Seymour Hoffmann, drammaturgo, insegue la chimera dello spettacolo definitivo e finisce per sciogliersi nelle trame della propria mente. Ecco: a un certo punto, invece che trovare la nuova equazione definitiva del reale, anche Mariasilvia si perde, in sé prima che nel mondo. Dal di fuori, è come se sciogliesse. Se si caricasse, parte per il tutto, la storia di ognuno sulle spalle.
Ma prima è lotta e rivolta, anni di Roma e Frascati, e presto la notizia della sua omosessualità a estrometterla dalla professione che le dava il pane; e dunque le comparse e comparsate tra i ranghi della militanza, alternate a iati sempre più lunghi di vuoto e silenzio. È in questi interstizi, spazio di dialogo tra presenza e assenza, che la leggenda di Mariasilvia prende forma: ognuno la ricorda in modo diverso, le versioni si contraddicono. Come se l’avesse fatto apposta, di nascondersi chissà dove, strega che non era altro. Persino le testimonianze di nomi quali Dacia Maraini e Angelo Pezzana (quest’ultimo tra i fondatori e i principali animatori del F.U.O.R.I., Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano), che hanno variamente intersecato il percorso di Mariasilvia, non sono che parziali. Su una cosa, però, tutti concordano: Mariasilvia era un fuoco fatuo, appariva, bruciava, e appena ti voltavi l’avevi già persa. Un mezzo miraggio, composto di libertà indomita ed equilibrio sulla (letterale) follia. Ma in fondo, parafrasando un ricordo di Pezzana, alcuni geni sono matti, fattualmente matti, e la nostra padovana apparteneva, con tutta probabilità, alla categoria.
Quello che è certo è che, dopo un periodo trascorso sui treni a lunga percorrenza, Roma-Bolzano e ritorno è la sua tratta prediletta, è proprio nel capoluogo altoatesino che Mariasilvia decide più o meno di fermarsi. Prima, come ospite di Casa Margaret, “un posto sicuro, protezione e calore umano per donne senza dimora”. Poi, quando troppo in là con gli anni per la struttura, alla Residenza per anziani Villa Armonia, dove, qualche anno più tardi, si interromperà la sua fuga costante e rocambolesca. È grazie al vecchio articolo di un sito di notizie del Südtirol che Sara Poma la “conosce”, due anni dopo la sua morte. Quando tutto era già successo. Ma non importa: Mariasilvia, l’abbiamo detto, contiene tutto in quella piccola parte che è se stessa. Da quell’incontro nasce un podcast, Prima (2022), Originale Spotify prodotto da Chora Media. “Un viaggio”, si legge nella sinossi, “che parte da una domanda personale: come sarebbe stata la vita dell’autrice [Poma, nda] se non ci fosse stato il coraggio di Mariasilvia e di tutte quelle e quelli venuti prima?” Un viaggio preciso e documentato, tra universale e personale come Poma sa perfettamente equilibrare, e che trova, con Il coraggio verrà, prosieguo fattuale e spirituale. La domanda, però, arriva questa volta con una tonalità minore, più intima: che cosa dice, della mia vita, la vita di Mariasilvia Spolato?
Il risultato è un piccolo miracolo, flusso in cui Poma narra e si scopre, scaldando l’algidità del narratore; dove verità e finzione si intrecciano, gioco mimetico di incroci per portare alla ribalta quello che è forse il senso ultimo di ogni storia: darci discendenza e ascendenza, anche nel mezzo della nebbia più fitta (in questo caso si tratterebbe di quella di Pavia, città natale di Poma). Accomunarci, e mandarci a memoria ogni volta un capitolo diverso del Manuale della nostra Educazione Sentimentale. L’invito è dunque alla lettura, ma ancora di più all’interrogarsi, e all’interazione con le molte domande che la scrittura di Poma presenterà, direttamente o indirettamente. Perché forse, come sembra sussurrare il titolo, la risposta non è, in fondo, quello che cerchiamo. Il coraggio di essere, parlare, vedere, amare, ricordare, alla fine, verrà. Quando sarà tutto finito. Allora, sarà possibile scriverci sopra una storia.
Ma, prima di andare, c’è un altro motivo per cui il volume di Harper apre valorosamente – vorremmo dire, coraggiosamente – le pubblicazioni del 2023: di libri (nello specifico, narrativa pura o ibrida) legati al mezzo del podcast ne leggeremo, con buona probabilità, sempre di più. Saranno spin-off, prequel, sequel, approfondimenti, adattamenti. Soprattutto, però, saranno qualcosa che cambierà la fruizione della nostra dose quotidiana di cultura. Se saranno tutti come Il coraggio verrà, be’, spero davvero di vedere quel mondo.