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Oltre i confini: Ecologia come testo, testo come ecologia di Timothy Morton

Tra le maggiori sfide che il pensiero occidentale deve affrontare di fronte alla questione ecologica vi è quella di pensare alle relazioni persona-mondo/cultura-natura in modo integrato. In altre parole, occorre imparare a non concepire ambienti naturali e sfere sociali come concettualmente separati, accantonando definitivamente la visione di natura e umanità come entità a sé stanti o giustapposte, indipendenti l’una dall’altra. A tal proposito, riconoscere la transdisciplinarità dei saperi potrebbe essere un modo per aiutare a immaginarci meno estranei alle circostanze ambientali: le interazioni tra le conoscenze fisiochimiche, biologiche, geografiche e conoscenze umanistiche, come la critica letteraria e la filosofia, possono diventare stimolo per una pluralità di modalità di lettura e di interpretazione, la cui portata si estenderebbe oltre il regno del linguaggio umano.

Nietzsche ha affermato che «non esistono fatti, ma solo interpretazioni»; forse si potrebbe riformulare questa frase dicendo che non esistono fatti che non possano essere interpretati. O ancora meglio, che non esistono fatti nudi, “puri”, privi di una loro logica interpretativa. La leggibilità del mondo è alla base del saggio “Ecologia come testo, testo come ecologia” di Timothy Morton, esponente della Object Oriented Ontology e fra i nomi più conosciuti nello studio del pensiero ecologico. L’opera, apparsa per la prima volta nel 2010 nella «Oxford Literary Review», è stata recentemente ripubblicata in traduzione italiana per Krisis Publishing (traduzione di Anna Eudosia Di Costanzo). Il progetto editoriale si compone di tre parti dialoganti tra loro: un’introduzione a cura di Francesco D’Abbraccio e Andrea Facchetti, entrambi attivi nel campo della ricerca visuale e curatori di Al & Conflicts. Volume 1, una raccolta sul tema dell’intelligenza artificiale e il suo impatto sulla cultura contemporanea; il breve saggio di Morton; la postfazione di MAIED, uno studio interdisciplinare di architettura e design fondato da Daniela Mitterberger e Tiziano Derme nel 2016, il cui progetto Magic Queen è stato presentato alla Biennale di Architettura di Venezia nel 2021. Magic Queen è un ambiente ibrido che incorpora sistemi biologici e materia organica con le macchine, dando vita ad un ecosistema di empatia e coesistenza.

L’edizione italiana di Ecologia come testo, testo come ecologia si presenta allora come effettiva combinazione di pratiche e di saperi, e cerca di esplorare il legame tra natura, tecnologia, sistemi viventi e soggetti interpretanti, diventando un habitat ibrido funzionale alla formazione di un pensiero reticolare. Il testo di Morton ne costituisce la base teorica: l’ecologia radicale e il pensiero decostruzionista possono contribuire alla formazione di una coscienza ambientale più consapevole delle interrelazioni tra umano e non-umano, tra linguaggio umano e mondo naturale. La doppia metafora del titolo vuole sottolineare come testo e ambiente sembrano avere una matrice comune che Morton rintraccia nella pluralità: sia l’ambiente che il testo appaiono come elementi relazionali, in cui è impossibile distinguere singole unità irripetibili, indipendenti e durature. Sarà utile ricordare che alla base del pensiero di Morton è la metafora del mesh, termine che in italiano potremmo tradurre “rete” o “maglia” e che trasmette l’idea dell’interrelazione sostanziale tra l’essere umano e un’ampia gamma di realtà non umane, dalle forme microscopiche come i batteri del nostro intestino fino agli Iperoggetti come il riscaldamento globale. Sempre Morton infatti scrive che «la crisi ecologica ci rende consapevoli di quanto tutto sia interdipendente»: non esiste un organismo isolato dall’ambiente in cui vive e, per far valere la metafora, non esiste neanche un testo staccato dal contesto. Vediamo come questa tesi viene articolata.

Continuando la sua sensibilizzazione verso un’«ecologia senza natura», Morton ci ricorda come il concetto di ecologismo abbia ancora senso solo se depotenziato della sua matrice antropocentrica, che assolutizza la Natura (con la N maiuscola, in questo caso) ad un “altrove” da preservare. Morton mette in atto un vero e proprio decostruzionismo ambientale, in cui si susseguono una serie di immagini suggestive che vanno a formulare un’ermeneutica della materia intesa come intreccio di nature plurali, umane e non umane. Inserendosi all’interno dell’ampio discorso teorico nonhuman-oriented (Nuovo Materialismo, Eco Materialismo, Postumano), Morton rifiuta la distinzione cartesiana tra res cogitans e res extensa, ed elabora un profondo messaggio ecologico. Già filosofe come Jane Bennet e Stacy Alaimo hanno parlato rispettivamente di vibrant matter e di transcorporality, stimolando il riconoscimento di un reale complesso in cui ogni elemento naturale, artificiale, non-umano esercita un’azione che si combina con le altre e le determina. In maniera simile, Morton espande «drasticamente ciò che l’ambientalismo deve pensare e fare, perché non esiste una nicchia distinta dall’organismo». Per Morton l’esterno non è uno «sfondo (ambiente, clima, Natura e così via) contro il quale l’attività umana possa differenziarsi», ma appare dettato da infinite agentività non umane: l’ordine logico delle foreste, la funzione genomica racchiusa in un fiore, il palinsesto ibrido e insieme unico del DNA sono alcuni degli esempi riportati da Morton.

Attraverso la metafora dell’ecologia come testo, Morton scardina definitivamente l’idea edenica di natura per abbracciare una visione complessa dei singoli fenomeni e delle loro interrelazioni. La materia, sia organica che non organica, appartenente alla biosfera e fuori da questa, funziona seguendo un proprio linguaggio fatto di informazioni, riscritture e adattamento proprio come un testo. I due curatori D’Abbraccio e Facchetti suggeriscono l’immagine della “risonanza” per evocare questo processo comunicativo di ricezione ed elaborazione tra materialità. Quando le corrispondenze convergono in un movimento collettivo funzionale (al pari della visione già proposta da Bruno Latour della materia come “attante” e “collettiva”) si ha una «convergenza armonica (…) all’interno di un dominio linguistico» che si estende ben oltre il linguaggio umano. Dunque appare chiaro perché l’ecologia come testo: l’ambiente non è solo attraversato, bensì formato da vettori comunicativi tra materie che non hanno come scopo solo l’equilibrio e la regolarizzazione, ma anche l’“agire stimolando” attraverso riscritture e corto-circuiti.

Questa teorizzazione trova una manifestazione pratica perfetta nel giardino robotico di Magic Queen: in grado di ripristinare e nutrire se stesso, alterando e ridefinendo la regolarità del sistema, il progetto appare senza limiti tra dentro e fuori, e la figura dell’autore diventa inscindibile dai nuovi muschi, dalla flora micologica e dal braccio robotico. Se in questo caso possiamo parlare di architettura performativa come ecologia, la stessa cosa non si può dire con la medesima agilità riguardo al testo come ecologia.

Fin dalla prima immagine proposta nel saggio, il lettore è incoraggiato ad accogliere una modalità di pensiero alternativa, pronta alla coabitazione di conoscenze differenziate: la tessitura frattale dei fiordi del Mare del Nord, i cui «confini si aprono verso l’illimitato», richiama secondo Morton l’estensione testuale. Il testo «smantella le distinzioni tra un di dentro e un di fuori» e nel farlo diventa letteralmente un sistema di relazioni tra testo ed extratesto. Attraverso una serie di accostamenti di immagini e concetti provenienti da campi d’indagine diversi, Morton rilegge la formula decostruzionista di Derrida Il n’y a pas d’hors-text alla luce di un profondo empirismo. I testi, ci dice Morton, si situano all’interno di ambienti, composti di segni, ma poiché “uno di questi ambienti è proprio l’ambiente” – che abbiamo detto essere esteso, mutevole e relazionale –, allora la distinzione tra materia e segno, tra dentro e fuori, crolla e all’umano non resta che indagare i rapporti tra le cose (e quindi anche tra testo e ambiente). L’idea di intertestualità teorizzata dalla psicanalista Julia Kristeva nel 1978, e intesa oggi come la relazione che un testo intrattiene con testi dello stesso autore o di altri che con modelli letterari impliciti o espliciti, è qui sostituita dalla totale dissoluzione della dualità tra testo e contesto per l’inserimento di un «fenotesto esteso» che non si limita alla dimensione letteraria e poetica ma si espande nella materialità organica e non.

Dunque, il testo come ecologia. Morton nel penultimo paragrafo del saggio, “Ecologia della scrittura”, inizia la sua riflessione dalla poesia di Charles Bernstein, co-fondatore del movimento d’avanguardia americano Language poets tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio dei Settanta. La poetica del movimento aveva come obiettivo quello di enfatizzare il ruolo del lettore nella costruzione del significato del testo, e di ridimensionare la sfera intima del poeta (aspetti che potenzialmente potrebbero diventare strategie ecologiche ma non vengono approfondite in questo caso da Morton). «Questa poesia è lasciata vuota intenzionalmente», scrive Bernstein in mezzo al bianco della pagina per burlarsi della burocrazia americana; a tal proposito, Morton ci dice che la relazione tra la combinazione di parole e lo spazio della pagina apre ad un cominciamento di relazioni che non hanno una fine e di cui è difficile decretare l’inizio, scardinando l’asse classico della narrazione (cominciamento-sviluppo-fine). Sempre Morton aggiunge che «tutte le poesie sono ambientali perché includono gli spazi in cui sono scritte e lette – spazio vuoto intorno e tra le parole, silenzio dentro il suono».

Benché sia interessante il fatto che Morton prediliga un testo poetico rispetto a quello narrativo come mezzo per la trasmissione di un pensiero ecologico (e che fa pensare alla proficua riflessione di Laura Pugno sulla poesia come Terzo paesaggio e «spazio comune del futuro»), la suggestiva formula di testo come ecologia resta in realtà poco convincente. Occorre riconoscere come l’ambiguità e la creatività siano alla base dei testi di Morton, il quale sostituisce ad un’analisi scrupolosa immagini evocative e speculative (come le caratteristiche degli Iperoggetti, o l’ecognosi in Ecologia Oscura) per evocare i desideri e i timori degli esseri umani, e insieme le espressioni del sistema in cui viviamo.

Come già riconosce Niccolò Scaffai in Letteratura e ecologia, il testo narrativo può essere riletto sotto una nuova luce attraverso la lente ecologica capace di attirare l’attenzione verso soluzioni che possono guidare il pensiero fuori dall’antropocentrismo. Ciò avviene attraverso scelte narrative e stilistiche precise, quali l’ibridazione delle forme e dei temi, la scelta di determinati dispositivi narrativi (fra i principali, Scaffai evidenzia lo straniamento e l’ipercausalità) o l’allargamento a nuovi soggetti. Dunque per comprendere un’opera letteraria e le sue caratteristiche sembra necessario mantenere una distinzione tra dentro e fuori. Ma, possiamo spingerci ancora oltre?

Pur con i suoi limiti teorici, la provocazione di Morton a superare un dentro e un fuori dal testo può valere come spunto per un rinnovamento critico-letterario che ponga il testo all’interno dei rapporti di complessità che legano ogni aspetto del vivere sulla Terra. In Paesaggio civile, Serenella Iovino mette in atto un vero e proprio embodiment cognitivo e colloca i lettori e il testo direttamente nei luoghi porosi di Napoli, Venezia, delle Langhe che diventano storie materiali. Per essere ascoltate al meglio, queste storie hanno bisogno di una collettività di saperi – biologia, geologia, filosofia, critica letteraria – che ne mostri la complessità. È vero, è fondamentale che l’opera letteraria sia tutelata ed ascoltata per fare emergere le sue qualità distintive, ma talvolta pensare di potersi muovere su terreni nuovi con la consapevolezza degli strumenti giusti può aiutare ad acquisire inedite prospettive e nuovi linguaggi. Ecco perché la versione italiana di Ecologia come testo, testo come ecologia è particolarmente interessante; i curatori non si sono limitati alla pubblicazione del testo di Morton, ma lo attualizzano in una edizione che mette in pratica l’auspicio di Morton: andare oltre i confini e creare continue relazioni.


Tim Morton, Ecologia come testo, testo come ecologia, a cura di Francesco D’Abbraccio e Andrea Facchetti, postfazione di MAEID (Daniela Mitterberger e Tiziano Derme), Krisis Publishing, Brescia, 2023, € 13, 96 pp.