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Esplorazioni della fragilità: La meccanica dei corpi di Paolo Zardi

La meccanica dei corpi di Paolo Zardi, uscito nel novembre del 2023, è allo stesso tempo un ritorno e una conferma. Un ritorno, perché a dare alle stampe il volume è nuovamente Neo Edizioni, casa editrice abruzzese che di Zardi ha già pubblicato cinque opere, tra cui le due prime e notevoli raccolte di racconti Antropometria (2010) e Il giorno che diventammo umani (2013). Una conferma, perché ne La meccanica dei corpi l’autore riflette, attraverso cinque racconti, di lunghezza variabile tra le quindici e le quarantacinque pagine, sugli argomenti a lui più cari. E cioè la presenza del male e dell’inconoscibile nelle vicende umane; e i corpi, che di quel male e di quell’inconoscibile sono bersaglio e veicolo.

La meccanica dei corpi si apre con ‘L’era della dignità borghese’, in cui la mite giornalista Lucia indovinerà un articolo virale (ma del tutto inventato) che scatenerà il paese di provincia dove è cresciuta contro un presunto pedofilo.

‘Fantasmi’ mostra invece la solitudine di un uomo anziano e tormentato, Armando, quasi un sopravvissuto alla morte, che tuttavia nella scena conclusiva troverà la sua redenzione, e con essa il perfetto compimento della propria parabola esistenziale.

L’atmosfera fantastica del finale di ‘Fantasmi’ innerva ‘Non passa invano il tempo’, il terzo racconto, in cui due vecchi amici si rincontrano dopo ventisei anni, e durante una cena riescono nientemeno che a evadere dall’ordine spazio-temporale.

Ma sono gli ultimi due racconti a condensare le tematiche più care a Zardi, muovendo da una matrice comune. Con la differenza che nel primo dei due, ‘Il risveglio’, la tragedia si consuma subito, e nello sviluppo se ne indagano le conseguenze; mentre nel secondo, ‘Il signor Bovary’, la tragedia è annunciata fin dalle battute iniziali ma non si compie che all’ultimo.

Andrea, protagonista de ‘Il risveglio’, si precipita in strada per difendere una donna malmenata da un uomo, il quale reagisce sparandogli. Gravemente ferito, Andrea poco per volta si rimette, ma si ripresenterà al mondo (e soprattutto alla moglie Silvia) come una persona del tutto diversa da prima. Non c’è rapporto, sembra qui dirci Zardi, che non possa essere messo a repentaglio dall’imprevedibile. Perché ogni relazione è basata su un reciproco riconoscimento, e un episodio che modifica la presunta fissità dei ruoli assegnati – in questo caso passando addirittura attraverso una modificazione fisica – dissolve ogni certezza accumulata. ‘Il risveglio’ ricorda ‘Non del tutto, non per sempre’, racconto contenuto in Antropometria, in cui una donna cade improvvisamente in stato vegetativo, e una fine peluria che le cresce sul corpo altera la percezione che di lei ha il marito.

In ‘Il signor Bovary’, in cui sembra lecito rinvenire un omaggio a Domani nella battaglia pensa a me di Javier Marías, un direttore di banca che sta per diventare padre per la seconda volta intreccia una relazione con la giovane donna che fa le pulizie negli uffici dove lui lavora. Il gioco, esaurito lo slancio iniziale, diventa sempre più rischioso, sino a condurre gli amanti a un doppio terribile epilogo. Vale la pena di citare l’attacco di questo racconto, esemplare della capacità di Zardi di mostrarci con minimi tratti la fragilità morale dei suoi personaggi:

Si era fatto l’amante in febbraio, mentre sua moglie era al settimo mese della seconda gravidanza e la figlia maggiore aveva finalmente abbandonato il pannolino. Sebbene non si fosse organizzato per averne una, non poteva neanche dire di essersi opposto a quella relazione: mancava il dolo, ma c’era la colpa, o una stupida mancanza di accortezza, o, forse, la tracotante convinzione di essere impermeabile ai sentimenti (p. 125).

In poche righe abbiamo la vivida descrizione di una situazione ambigua, della quale il direttore di banca non ha pieno governo. Per questo è appropriato parlare di fragilità e non di abiezione morale: i protagonisti dei racconti di Zardi appaiono quasi sempre come vittime, anche quando commettono gesti squallidi o meschini pur di ravvivare la loro quotidianità.

Emblematico, in questo senso, è il dialogo in cui il direttore di banca confida a un collega la propria relazione, illustrando i dettagli erotici degli incontri e, allo stesso tempo, lasciandosi andare a formule autoassolutorie come: «“Non sono mai stato così vicino alla famiglia”» (p. 134). E quando il collega prova a spiegargli l’inopportunità di una simile avventura, la reazione del direttore ne palesa l’avventatezza e la contraddittorietà: «Lui ascoltava, annuiva, e gli veniva da piangere, ma dentro di sé rideva, sentendo che era proprio di lui che il collega parlava quando diceva che non era possibile vivere scopando» (pp. 139-140, corsivo nel testo).

A questo punto occorre soffermarsi sull’aspetto della visuale. È proprio negli ultimi due racconti della raccolta che Zardi si concentra più volentieri su quanto di imprevedibile, non amministrabile (e spesso soverchiante) sta nelle relazioni. Si tratta dunque di una prospettiva psicologica, che ha la sua corrispondenza nei corpi. I quali sono origine del dramma (ne ‘Il risveglio’ attraverso un ferimento, ne ‘Il signor Bovary’ attraverso un’irresistibile attrazione fisica), ma anche suo punto terminale (e qui preferiamo non sottrarre ai lettori il piacere della sorpresa). 

Zardi invece risulta meno persuasivo, perché meno originale, quando allarga l’obiettivo sugli ambienti, specie su quello cittadino. In questi casi si accenna a un generico presente (che in realtà somiglia piuttosto a un futuro prossimo, al peggior futuro prossimo possibile) composto da spazi disumanizzanti, popolato da individui appartenenti a una delle due categorie, quella dei dispensatori o quella delle vittime di violenza. Come leggiamo nelle righe che aprono il volume:

La città era cresciuta in fretta. Cinquant’anni di espansione inarrestabile, fino a diventare un mostro tentacolare, un minestrone informe sulla cui sommità bollivano i resti confusi di case cadenti, magazzini dismessi, grattacieli e centri commerciali abnormi; nel sottobosco, invece, brulicava un coacervo di uomini incattiviti, cingalesi ai semafori, donne molestate nei vicoli, ragazzini che spacciavano roba ad adulti frustrati (p. 9).

È un elenco di suggestioni visive che potrebbe essere stato tolto da qualunque narrazione distopica pubblicata nell’ultimo giro di anni.

Al contrario, la migliore virtù di Zardi, quella che già avevamo apprezzato nelle prime due felici raccolte di racconti uscite per Neo, è la sua capacità di indagare non gli abomini sociali ma quelli intimi, personali, più simili a debolezze che non a vizi morali. Debolezze come quelle di chi, e torniamo così ai protagonisti degli ultimi due racconti, si illude che l’intimità familiare possa fare da argine all’imprevedibile: che può sopraggiungere dall’esterno, come ne ‘Il risveglio’, o (almeno nella scintilla iniziale) provenire da sé, dal desiderio ancestrale di sfidare l’ignoto, come ne ‘Il signor Bovary’.

E come arginarlo, questo imprevedibile? Ne La meccanica dei corpi nessuna personalità, così come nessun legame, è abbastanza stabile da garantire un rifugio sicuro. Se esiste una salvezza (come sembra intravedersi in ‘Fantasmi’ e ‘Non passa invano il tempo’) questa è affidata all’irrazionale, al fantastico. Potremmo dire: ai momenti in cui l’inimmaginabile, cambiando di segno, ci fa visita non per decretare la nostra fine ma per soccorrerci.


Paolo Zardi, La meccanica dei corpi, Castel di Sangro, Neo Edizioni, 2023, 170 pp, 15 €.