Tra i temi spesso trattati dai film presentati alla Berlinale 74 c’è quello dell’identità e del rapporto del singolo con la società, tra conflitti di natura politica, culturale e di classe. Del resto la città che ospita il festival, con la sua peculiare storia e la sua caleidoscopica comunità è il laboratorio ideale dove riflettere su questo tema.
Sarà stato della stessa opinione il regista Aaron Schimberg e della ormai arcinota casa di produzione A24 quando hanno proposto il loro A Different Man in gara per l’ambito orso d’oro.
A Different Man
Ambientato a New York, il film racconta la storia di Edward, attore affetto da una malattia rara che rende il suo volto deforme. Il suo sogno è condurre un’esistenza normale e gioire delle esperienze per cui vale la pena vivere, tra tutte l’amore. L’incontro con la sua nuova vicina di casa e una miracolosa cura sperimentale per migliorare il suo aspetto estetico riaccendono la speranza. Ottenuto un insperato volto “normale”, Edward decide pirandellianamente di ripartire da zero con una nuova identità. Ma quando tutto sembrerà andare per il meglio, scoprirà che la perdita del suo volto originale coincide con uno smarrimento più profondo.
Ambientato in una New York piena di squatter, freak e case fatiscenti – come nel recente Beau Is Afraid di Ari Aster, sempre targato A24 – il film viaggia tra molteplici registri. Nella prima parte sono rievocate le atmosfere tipiche di certi b-movie e film horror anni Ottanta, in particolare quelle dei lavori di David Cronenberg. Il maestro del body horror riecheggia in molte delle scene iniziali, dall’estetica retro futuristica degli studi del chirurgo, fino ai notevoli effetti speciali del tutto materici scelti dal regista Schimberg per mostrare la metamorfosi di Edward. Proprio come nel capolavoro La Mosca nel 1986, Edward, ottenuto il suo nuovo volto, si sente attraversato da una nuova misteriosa forza e si dirige nel più vicino bar per testare le possibilità offerte dal suo nuovo aspetto. Sia Edward che il Seth Brundle de La Mosca scoprono poteri che li pongono più in alto nella società: se Seth acquisisce una forza sovrumana, Edward ottiene quel tipo di bellezza standard in grado di sedurre il prossimo. La seconda parte di A Different Man ha un tono diverso, sicuramente più leggero e vicino a uno stile surreale degno dei Monty Python. Il film si pone diversi interrogativi: è preferibile accettare le storture che rendono la nostra storia personale unica o meglio omologarsi per piacere a più persone possibili? E poi, quanto è distante la nostra anima dall’epidermide? Emblematico nel film sarà infatti il calco di plastilina che Edward conserverà del suo vecchio volto: maschera grottesca dell’identità perduta.
Another End
Un altro film in concorso esplora il concetto di identità in chiave sci-fi ed è l’italiano Another End di Piero Messina. In un futuro ipotetico un’azienda permette ai clienti di congedarsi meglio dai propri cari defunti impiantando i ricordi di questi ultimi in corpi ospitanti di altri umani, al fine di realizzare una perfetta simulazione. Sal è un uomo che ha perso la compagna in un incidente stradale e vive nel ricordo dell’amata. Dietro insistenza della sorella Ebe, decide di partecipare all’esperimento e inizia a convivere con una donna che ospita i ricordi della defunta. Fin qui la trama suona più o meno come un episodio della serie di Black Mirror o ancora di più come Alps, l’opera più inquietante di Yorgos Lanthimos, dove una squadra interpreta dietro compenso il ruolo di persone trapassate. Il problema è che la sensazione di deja-vu non abbandona lo spettatore nemmeno per un istante, nonostante gli sforzi recitativi encomiabili degli attori Gael Garcia Bernal, Renate Reinsve e Berenice Bejo nel sostenere un’opera priva della benché minima idea originale.