Edoardo Camurri (1974) lavora per la radio, la televisione e i giornali. Il suo ultimo programma è Alla scoperta del ramo d’oro su Rai 3. Per Adelphi ha curato Il reato di scrivere di Juan Rodolfo Wilcock, mentre, tra le altre cose, per Mondadori ha introdotto gli scritti psichedelici di Aldous Huxley. In occasione della recente uscita del suo Introduzione alla realtà (Timeo Edizioni), ha voluto concedermi un’intervista su questo libro, che nelle sue pagine dense ci offre pensieri, contatti e confessioni sul mondo in cui ci ritroviamo a esistere e su quali possano essere davvero le possibilità di abitarlo e farne parte.


Il tuo libro inizia a presentarci la realtà attraverso la resistenza che essa esercita su tutti gli esseri che la abitano. Cosa accade quando gli stessi esseri cominciano a reagire, resistendo a loro volta e ribellandosi a questa realtà che li contrasta?

Quando gli esseri viventi iniziano a ribellarsi alla realtà si accorgono che essa, inizialmente vista come un tiranno cui sono obbligati a prestare obbedienza pena l’espulsione dalla realtà medesima, è fatta anche di questa stessa protesta. La nostra sofferenza e la nostra lotta non sono meno reali della realtà stessa. Questa infatti include sia l’oggetto (ciò che fuori di noi rappresenta una resistenza), che il soggetto (chi lotta contro quella resistenza) e in questo senso vi ritroviamo quell’unica spinta che contiene in sé una contraddizione: dominarci e al contempo liberarci da quella dominazione. Così come nell’atto unico del respiro se ne manifestano due contrapposti, l’inspirazione e l’espirazione, allo stesso modo nella radice del movimento contraddittorio della realtà coesistono la volontà di obbedienza e il desiderio di liberazione. La realtà è dunque instabile, malata, sofferente e pretende ontologicamente da sé stessa, e dunque da tutti coloro che ne fanno parte, un processo di liberazione e guarigione da questo doppio vincolo schizofrenico, da cui ha origine la sofferenza degli esseri viventi.

Alla realtà si obbedisce, perché la realtà comanda. È una relazione di potere: lei è più forte di noi, da lei dipendiamo, a lei dobbiamo fedeltà. In questa relazione di subordinazione, la disubbidienza non è contemplata. Ma fai attenzione. E guardati dentro: nonostante tutto, tu sei un disubbidiente.


Da Aristotele ci perviene sia la visione dualistica del mondo come materia e forma, sia la teorizzazione del “Thauma” come miccia da cui scaturisce il pensiero filosofico. In che modo la filosofia antica occidentale si pone rispetto alla reintroduzione alla realtà?

Il dualismo si dà successivamente a quell’unico movimento che lo precede, che dualistico non è, e che  rappresenta la logica del nostro modo di essere al mondo in seguito all’incontro con il “Thauma”, utilizzato da Aristotele per spiegare l’origine della filosofia. Normalmente si è abituati a tradurlo come “meraviglia”, ma in verità concerne soprattutto il patimento di tale meraviglia, il traumatico sconvolgimento che ci ritroviamo a subire. Nel “Thauma” si gioca l’unione della contraddizione che restituisce un inizio profondo al senso della realtà, sia in termini interiori che esteriori. Tutto il libro prova a stare dentro, abitandolo ed estendendolo, a questo momento iniziale privo di parole, dunque di logos, dove si viene investiti da quell’esperienza che cambia ritmo e vibrazione al nostro respiro e al nostro modo di stare al mondo. Se consideriamo l’esperienza come il Minotauro e l’espressione come il labirinto, è proprio al Minotauro che il libro cerca di avvicinarsi il più possibile, provando a risignificare la realtà non attraverso un discorso tradizionale, ma andando alla radice del momento in cui, di volta in volta, nasce per ciascun essere vivente la realtà: questa radice è appunto il “Thauma”.

Thauma è un angosciante stupore, un terrore, un orrore provato dinanzi a un mistero tremendo e affascinante. Verrebbe da dire che è un patire la meraviglia. Ed è così che si dà l’introduzione alla Realtà nel momento in cui viene ripercorsa e ripensata dopo l’esperienza senza voce del venire al mondo.


In cosa si discosta il processo di reintroduzione alla realtà da quello del ritorno all’ordine verso le cose reali e dunque che ruolo può svolgere il richiamo al realismo nelle scelte di tutti gli individui che con la realtà devono relazionarsi quotidianamente?

Noi siamo solitamente abituati a chiamare “reale”, ciò che non è altro che una delle possibili risonanze che esso restituisce dopo il contatto col “Thauma”. Nell’esatto momento in cui nasciamo ognuno di noi comincia a risuonare di una propria musica, tentando di rispondere al reale con un atto di sottomissione. Abbiamo paura di uscire dalla realtà e dunque, uscendone, di morire; perciò facciamo di tutto per restare dentro, dandole forma, a una realtà che ci consenta di non morire, ma che in verità è solo l’insieme delle tracce e delle strategie (“Torna in te stesso”, “sii realista”…) tramite cui l’intelligenza strumentale umana cerca di dare voce e corpo a questa paura. Se tutta la nostra cosiddetta realtà è frutto della paura di morire, soltanto ritornando all’incontro con il Minotauro possiamo affrontarla e mutare di conseguenza la musica che suoneremo all’interno del reale. Il libro dunque rappresenta anche un grande elogio della morte stessa: solo nel momento in cui riusciremo a cambiare il ritmo del nostro respiro, iniziandoci all’attraversamento della soglia della morte e della relativa paura, potremo risignificare interamente la realtà.

La “Realtà” ci sta chiedendo di rimodulare la nostra vibrazione personale sulla frequenza media su cui viene trasmesso il gran programma del mondo. È una richiesta di conformismo, ma è anche, e soprattutto, l’invito a un sacrificio. “Devi essere più realista”, ti diranno.


Per potere essere introdotti alla realtà è quindi richiesto un impegno, una disciplina, un esercizio metodico oppure diviene cruciale l’abbandono a un’occasione epifanica, una disposizione del sé che nella sua estrema apertura potrebbe essere sperimentata come psichedelica?

Come scriveva Jean-Pierre De Caussade nel suo straordinario Abbandono alla provvidenza divina, gli esercizi spirituali richiedono una disciplina che non è in contraddizione con l’abbandono. Il primo passo è decidere consapevolmente di diffidare di tutte le strategie intelligenti attuate per stare all’interno della realtà e darle una forma, ma che invece, essendo scaturite dalla nostra paura di morire, generano sistemi di potere e oppressione e rafforzano quella sofferenza da cui dobbiamo invece provare a liberarci. Potremmo al contrario iniziare a vivere anche in una maniera più sbadata, meno interessata a dare voce e corpo a quelle strategie. Entrando poi in prossimità con la morte, si avrà la possibilità di dare nuova risonanza alla realtà attraverso ciò che rappresenta l’opposto di quella paura: la gioia dell’amore, ovvero quel sentimento che ci fa perdere la testa e non ci fa più essere noi stessi. In questo senso l’incontro con il sacramento psichedelico, accolto con umiltà e fiducia, rappresenta la straordinaria e sconvolgente esperienza che, attraverso la morte dell’io, ci restituisce all’amore e all’interconnessione profonda di tutto ciò che esiste.

È un’espropriazione psichedelica. Ci si spoglia provvisoriamente di sé per condividere, connettersi e aprirsi all’universo che ci contiene. È amore, compassione, generosità piena e mai mancante. È lo sconvolgente che sperimenta sé stesso come sconvolgente.


Cosa puoi dirci infine dell’esperienza editoriale con Timeo Editore, con cui ha lavorato per la realizzazione di questo tuo libro il quale, oltre alle parole di molti pensatori fra le sue pagine, ospita anche le immagini dell’artista britannico Louis Wain in copertina.

È stata un’esperienza straordinaria e sono molto felice di aver lavorato con questa casa editrice e di far parte del loro catalogo. L’editor è stato Federico Campagna, uno dei filosofi più validi che abbiamo oggi in Europa, con cui ho avuto la fortuna di ragionare e confrontarmi nel corso di questa collaborazione. Mentre l’elaborazione delle immagini in prima e quarta di copertina sono merito del grafico Federico Antonini, che ha incontrato la mia proposta sull’opera di Louis Wain e i suoi gatti, animali che per eccellenza, nel loro caratteristico indugiare, ci insegnano l’importanza dei passaggi di stato fra una soglia e l’altra.


E. Camurri, Introduzione alla realtà, Palermo, Timeo, 2024, 110 pp., € 14.