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Il nascondino letterario di Carmen Gallo

«Ci sono infinitamente più cose nella prosa e nella narrazione “reali”, oggi in Italia, di quante ne prescriva l’odierna filosofia del romanzo»: così recitava l’attacco dell’introduzione di Andrea Cortellessa all’imponente e gioiosamente faziosa antologia La terra della prosa (L’orma 2014), da lui curata. Dieci anni dopo, non so dire se Cortellessa avesse ragione o meno, ma è certo che il critico romano in quella sede avesse imperniato la sua proposta intorno all’idea di prosa che emerge dalla Notizia su Giorgio Manganelli (1965) di Italo Calvino, nella quale, cercando di decifrare l’oggetto-non-identificato Manganelli a un anno dalla pubblicazione di Hilarotragoedia, Calvino dichiarava che «la vera prosa italiana del nostro secolo è quella di quando Gadda spiega il risotto o la chirurgia o il cemen­to armato». Leggendo Tecniche di nascondimento per adulti (2024) della poeta e studiosa Carmen Gallo, l’ultimo titolo della «Biblioteca di letteratura inutile» dell’editore Italo Svevo, non ho potuto non pensare alle cartografie prosastiche di Cortellessa, ai trattatelli di Manganelli, al Calvino non antropomorfo e lettore di Ponge e Perec.

Tecniche di nascondimento per adulti è un libro che aveva molte frecce al suo arco per abbattere le mie già deboli resistenze: la forma del trattatello farcito di istruzioni ed esempi, il registro da consiglio serio-comico (penso ai Consigli inutili di Malerba o al Secondo diario minimo di Eco), il nitore della prosa e soprattutto il tema. Dalla lettura giovanile dei libri di Gianni Celati, infatti, mi viene un amore a sua volta giovanilista per apolidi, vagabondi, eremiti e “spariti” di varia natura; basti pensare in questo senso ad alcune di quelle Storie di solitari americani (Rizzoli 2006) che Celati ha tradotto insieme all’amico Daniele Benati: dal Wakefield di Hawthorne, all’Uomo della folla di Poe fino al Bartleby lo scrivano di Melville. Non guasta qui ricordare che Gallo è una studiosa di letteratura anglosassone: fra gli altri lavori, sua è una traduzione recente di The Waste Land di Eliot per il Saggiatore (2021). Si possono capire i motivi per cui ho cominciato la lettura di questo libello in stato di massima arrendevolezza. Scherzi a parte, in quest’epoca di interconnessione e sovraesposizione non bisogna sottovalutare quei libri che ambiscono a spiegarci come praticare discipline utili, direi essenziali, come l’arte del nascondimento. Non è solo per la loro curvatura giocosa e ironica, infatti, ma anche per il loro fondo sapienziale che questi manualetti di consigli e tattiche letterarie mi hanno sempre attratto in veste di lettore in cerca di balsami immediati.

Il libro di Gallo si divide in alcuni capitoli provvisti di titolo; ogni capitolo consta di una sequenza di capoversi brevi (quattro, cinque, sette righe…) di registro prescrittivo e dal tono gentilmente apodittico, che spiegano al lettore i segreti dell’arte del nascondersi. Questo, ad esempio, è il capoverso che apre la prima sezione, che funge da avvertenza: «Nascondersi non è un gioco da bambini. Bisogna stare molto attenti a dove ci si nasconde, ma soprattutto a come ci si nasconde. Ci sono molti modi e ognuno trova il suo, oltre alle sue ragioni, che qui non hanno alcuna importanza» (p. 9). Alla divisione esplicita proposta dall’indice, se ne sovrappone una seconda più dirimente, che vede il manualetto dividersi in una parte più teorica, che procede per ipotesi, distinzioni, piccoli avanzamenti e vicoli ciechi, e in una più pratica, dove Gallo propone una serie numerata di esercizi di decentramento, nei quali il soggetto prova a dissolversi essendo altro, ora nascondendosi in luoghi fisici e “infraordinari” (un soffitto, una stanza in disordine, un posto di treno a favore di finestrino), ora in luoghi per così dire “comuni” (una promessa, una coppia, un lavoro). Alcune fotografie in bianco e nero intervallano le sezioni del libro, ora con funzione di conferma didascalica – come le immagini di un libro di testo –, ora proponendo leggere anticipazioni e contrappunti visivi rispetto a quanto scritto.

In consonanza con alcune poetiche contemporanee, un principio fondante del game design letterario di Gallo è quello di estendere il dominio dell’arte del nascondimento a specie diverse da quella umana, istituendo confronti con il mondo animale. La cornice enunciativa  del libro è quella di un manuale che vorrebbe spiegare le regole di un gioco (un game, appunto) a un lettore che deve affrontare (to play) la propria partita in solitaria, cercando di non essere sbranato – questo il termine scelto da Gallo – da nemici sempre in agguato, pronti a sanzionare un movimento sbagliato o la scorretta applicazione di una regola: «Sebbene i nemici non siano tutti uguali, sembra quasi che ogni nemico impari dal precedente il modo di braccarci meglio. Come se, anno dopo anno, il nemico ci conoscesse più di quando noi conosciamo noi stessi. E questo complica il gioco, e rende più difficile vincere la partita» (p. 35).

In questo libro Gallo mostra una comprensione profonda della psicologia dell’assedio e del nascondimento, una materia informe e viscosa che la forma trattatistica permette di congelare, perimetrare e mettere alla giusta distanza per poter essere studiata (come un demone sigillato in una teca da museo). Qui in Italia, oltre agli esempi già citati, mi sono venute in mente leggendo l’Alice Ceresa più scientifica o certe prose di Raffaella D’Elia. Pur trattandosi di un’operazione raffinata ed editorialmente elitaria (non per programma, certo), Tecniche di nascondimento per adulti è un libro che non si nasconde a sua volta in una prosa geroglifica da iniziati o in uno scacchismo letterario tutto testa, ma va incontro al proprio tema col candore di chi sa, da fuggitivo, di poter diventare vittima da un momento all’altro e con la consapevolezza di chi sa che anche per vincere una partita di nascondino serve coraggio. Tutti ricordiamo almeno una volta quando, da bambini, dal nostro nascondiglio si intravedeva la tana sprovvista di guardie– io credo all’epoca la chiamassi toppa – e i nostri compagni di gioco intrappolati in un’immaginaria prigione, in attesa di una tana per tutti. Anche il più codardo a un certo punto doveva trovare la forza o l’incoscienza per lanciarsi e correre, alla faccia dei fantasmi e dei predatori.

Se dovessi esprimere una riserva rispetto a questo libro, è che il gioco di Gallo per funzionare presuppone una divisione tutto sommato netta fra vittime e carnefici, predati e predatori, fatto che comporta per i lettori in cerca di consolazioni il rischio di identificarsi sempre e comunque col cerbiatto tra le fauci dei lupi cattivi. Da “giocatore” ormai affezionato del libro di Gallo, se si può dire così, vagheggio per il futuro un nuovo livello, diciamo un’espansione del gioco, dove anche i cerbiatti ogni tanto si trasformino in lupi da un momento all’altro, come nella realtà, o dove sia possibile considerare il fatto che, talvolta, anche il nascondersi può essere un fatto predatorio e il predare una forma di fuga. Sarebbero opzioni molto complesse da gestire, me ne rendo conto, soprattutto per il game designer, ma credo che l’esperienza dei giocatori potrebbe diventare ancora più affascinante e vicina alla vita vera. Altro che escape room il sabato sera coi colleghi.


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C. Gallo, Tecniche di nascondimento per adulti, Trieste-Roma, Italo Svevo, 96 pp., € 15.