Lasciata alle spalle l’edizione della cifra tonda, dei quarant’anni e della definitiva maturità, il Premio Bergamo inaugura il suo 41esimo anno con una serie di novità che preannunciano un’edizione originale, ricca e molto stimolante.
Ma andiamo con ordine.
Ieri sera, nell’elegante cornice della Sala Ferruccio Galmozzi, e in diretta streaming sulla pagina Facebook del Premio, si è tenuta la tradizionale presentazione della cinquina finalista selezionata dal Comitato scientifico, che quest’anno si rinnova con la presenza, al fianco degli ormai “storici” Andrea Cortellessa, Silvia De Laude e Michele Mari, del critico del “Corriere della Sera” e romanziere Paolo Di Stefano (il suo ultimo libro, uscito per Bompiani nel 2023, è Noi). L’edizione che si è aperta ieri si svolgerà attraverso gli incontri con il pubblico, previsti tra l’inizio di marzo e l’inizio di aprile, e si concluderà, a seguito della votazione della giuria popolare, sabato 3 maggio 2025.
L’introduzione ufficiale è stata del Presidente Massimo Rocchi, che ha sottolineato l’importanza di questi quarant’anni anni di attività che prosegue, con l’aiuto dei Soci e degli sponsor che sostengono il Premio nel suo compito di mantenere un appuntamento letterario di prestigio e di stimolo alla cultura. L’impegno con i lettori è costante per garantire la partecipazione alla lettura di testi importanti e la possibilità di conoscere gli scrittori. Quarant’anni, inoltre, ricordano come il Premio Bergamo sia uno dei più longevi d’Italia: “Innumerevoli gli scrittori coinvolti (per l’esattezza ne sono passati a Bergamo ben 195) che attraverso la nostra vetrina hanno poi raggiunto riconoscimenti importanti come lo Strega ma solo successivamente. Per citarne alcuni degli ultimi anni pensiamo a Nicola Lagioia, Walter Siti, Helena Janeczek, Sandro Veronesi, Emanuele Trevi…”.
Rocchi ha quindi passato la parola allo scrittore Hans Tuzzi, apprezzato autore – oltre che di saggi sulla storia del libro e sul suo mercato antiquario (Bestiario bibliofilo, Ronzani 2024) – dei celebri gialli ambientati a Milano che hanno come protagonista il commissario Norberto Melis e di molti altri romanzi noir (Colui che è nell’ombra, Bollati Boringhieri 2024), e, naturalmente, grande amico del Premio (come testimonia la lectio sul cibo in letteratura che aveva inaugurato l’audace progetto di Convivio. Il cibo nella cultura). È stato lui a presentare le cinque opere in concorso: Patologie di Antonella Moscati (Quodlibet 2024), Lagunalabirinto di Pietro Nicolaucich (Cong 2024), Muster. Una giovinezza fantastica di Bruno Pischedda (Zacinto 2024), Invernale di Dario Voltolini (La Nave di Teseo 2024) e I Santi Mostri di Ade Zeno (Bollati Boringhieri 2024). Una cinquina caratterizzata innanzitutto dalla predominanza di editori piccoli e anche piccolissimi, a sottolineare la capacità del Premio Bergamo di vedere oltre la proposta dei grandi marchi (e le tirannie della distribuzione) e di premiare – perché, come si dice sempre in queste occasioni, il vero premio è essere nella cinquina – una ricerca letteraria che forza i confini del romanzo o vi lavora in maniera molto originale.
Romanzo autobiografico e romanzo – verrebbe da dire – del postumano è Invernale di Dario Voltolini (La Nave di Teseo 2024). La storia, basata su materiale autobiografico, è quella del padre di Dario, il macellaio Gino che, metodico e preciso come un chirurgo, seziona, eviscera, spacca carcasse di animali, gestisce il banco del mercato in mezzo alla folla vociante, pesa la merce, dirige il lavoro con i gesti necessari di un direttore d’orchestra, fino al giorno in cui, per un errore di calcolo infinitesimale, il colpo indirizzato al corpo dell’animale si abbatte sul suo dito. Il grido del padre, al momento del colpo, pare concentrare gli urli non uditi, ma forse ancora racchiusi nella carne, degli animali così simili a noi che affollano il suo negozio; dall’altra parte, il dolore fisico di Gino si trasforma in pena esistenziale, fino a quel momento inascoltata per assecondare la routine di una vita in cui nulla devia dal cammino consueto. Romanzo dalla vena poetica, Invernale è stato finalisti all’ultima edizione del Premio Strega e certifica l’ottima salute di uno dei più notevoli scrittori del panorama italiano.
Apprezzato professore di Letteratura italiana contemporanea, Bruno Pischedda ha pubblicato importanti studi sull’industria editoriale italiana (La competizione editoriale. Marchi e collane di vasto pubblico nell’Italia contemporanea (1860-2020), Carocci 2022), sulle “terze pagine” dei quotidiani (“Corriere della sera”, “l’Unità”), sull’opera di Salvatore Satta e Umberto Eco, ma ha anche un profilo – forse meno noto – di romanziere, avviato nel lontano 1996, con Com’è grande la città (Tropea) e portato avanti con Carùga Blues (Casagrande 2003). Romanzi in cui la dinamica città-provincia ha un ruolo determinante nella formazione – anche politica – dei personaggi. E la provincia, associata a un percorso di Bildung, ritorna anche in Muster. Una giovinezza fantastica (Zacinto 2024), che completa una trilogia che permette di osservari luoghi, personaggi e – più in generale – “caratteri” attraverso i decenni della storia italiana recente. Così Muster, eroe di Cesate, rissoso borgo alle porte di Milano, ci porta nell’hinterland dei nostri giorni, in cui sopravvivono antiche abitudini, e dove sopravvive soprattutto l’uso di affibbiare soprannomi capaci di durare ben più delle amicizie, più delle relazioni che li hanno innescati. E i soprannomi, si sa, nascono da episodi memorabili, come le figuracce che inanella questo protagonista, destinato a rimanere anche nella memoria dei lettori, per la sua Bildung davvero sgangherata (sebbene professionalmente molto ben qualificata).
Anno 1923: a Essen il ventunenne borghese e colto Gebke Bauer conosce il ventiseienne Joerg Brandt, che vive recluso nella casa dei ricchi genitori, spesso assenti perché impegnati a Berlino. In questo mondo di gente normale essi sono due mostri, in quanto visibilmente diversi: Gebke ha mani con sei dita, Joerg è l’uomo scimmia. Le avventure dei Santi Mostri, che tali sono soltanto a livello fisico, si svolgono in una società governata da mostri morali, quelli che si apprestano a dare il loro consenso ad Adlof Hitler e che a breve osserveranno, fra le tante atrocità, l’attuazione del piano Aktion T4, il cui fine è sopprimere le “vite indegne di essere vissute”. I Santi Mostri (Bollati Boringhieri) è un romanzo che non cade nel tranello dei facili schematismi, perché l’autore, Ade Zeno – che già con L’incanto del pesce luna aveva dato prova di dolce spietatezza e di mostruosità surreale – rifiuta ogni facile scorciatoia; e ci riesce innanzitutto affidando il racconto a una voce esterna e anonima, che privilegia tuttavia lo sguardo di Gebke, permettendo al lettore di simpatizzare con i Santi Mostri e trovare lungo strade sempre meno praticate – quelle della solidarietà – la risposta all’atavica domanda: “chi sono i veri mostri nella nostra società?”
Patologie di Antonella Moscati (pubblicato per la prima volta in Francia nel 2020 e riproposto in Italia da Quodlibet) è un libro ancipite, composto da due testi tra loro diversi per registro e impostazione, che però – come scrive la stessa autrice nella postfazione – si interrogano sulla stessa cosa: «come nasce il ricordo, chi è che ricorda, quando, come e se possiamo dire che un ricordo è vero». Il primo – intitolato, appunto, Patologie – è un “lessico famigliare” composto attraverso i nomi delle malattie – reali, presunte o immaginate – dei suoi membri, in cui un io ipertrofico scivola continuamente nel “noi” in un gioco pronominale che indaga le stratificazioni della memoria. Nonostante l’esattezza nomenclatoria, la prosa sottile e però vivace, a tratti divertita di Moscati si posiziona agli antipodi della lingua asettica e neutra del referto medico, trovando il proprio baricentro stilistico ideale tra Ginzburg (con fluidità e ritmo più colorito) e Ramondino (con una semplicità sintattica molto meno barocca). Nel secondo testo – dal titolo Agt (acronimo di “amnesia globale transitoria”) – il tono si fa più trattenuto e serio, il precedente idioletto famigliare “semicomico” di ricette e prescrizioni lascia spazio a una nervatura filosofico-saggistica molto più spessa ed esibita e il racconto, che prende le mosse da un fatto personale – l’improvvisa perdita di memoria dell’autrice dovuta, appunto, all’amnesia globale transitoria –, diventa il pretesto per un’acuta riflessione sul valore della memoria, sulla percezione di sé stessi e sullo statuto di realtà del ricordo.
Affascinato dall’opera di Hugo Pratt, Pietro Nicolaucich offre, con Lagunalabirinto (Cong 2024), un’opera di fantasia che è anche una dichiarazione d’amore – per Pratt, per Corto Maltese, per Venezia, per il mondo senza tempo del delta del Po –, poiché utilizza in un gioco di specchi tutti i rinvii segreti contenuti e disseminati nell’opera stessa del fumettista. Il libro è composto da un dittico di racconti, due storie apparentemente dissimili ma unite da una indissolubile cerniera, che si chiama appunto Hugo Pratt, i cui disegni ci accompagnano in un doppio labirinto: quello di Venezia, una Venezia topograficamente precisa pur nel variare dei secoli; e l’opera omnia di Pratt, che già di suo si nutre di Qabbalah e di quegli autori, più o meno noti, che hanno abitato il mistero, da Bessarione a Borges passando per il fatuo Casanova. E noi lettori seguiamo consenzienti l’autore lungo questa strada, operando la necessaria sospensione d’incredulità. Anche se queste scene sospese tra allegoria e fantasia sembrano suggerirci che forse, in quella dimensione, ci cela una verità che possiamo adottare anche nel nostro concreto mondo quotidiano.
Al termine della presentazione sono seguite le comunicazioni del Segretario Generale Flavia Alborghetti riguardo le modalità di voto (15/24 aprile), il ritiro dei libri per i giurati (da venerdì 31 gennaio) e la composizione della Giuria Popolare: 66 gli adulti (53 estratti fra oltre 300 richieste pervenute + 13 giurati storici e onorari), 34 giovani, 20 gruppi culturali (fra cui due del carcere) e 13 scuole. Infine, con sorteggio in diretta, è stata ufficializzata anche la composizione della Giuria Popolare con più di 25 anni (tutti gli elenchi della giuria saranno pubblicati nel sito a breve): i 53 lettori giurati estratti da tutta Italia, riceveranno via mail la lettera ufficiale di nomina e i residenti fuori provincia riceveranno per posta i libri finalisti.
Prima della cerimonia di premiazione, in programma sabato 3 maggio al Teatro alle Grazie (viale Papa Giovanni XXIII 13), gli autori finalisti avranno modo di presentarsi al pubblico del Premio negli incontri individuali che si terranno nella Sala Galmozzi e che saranno condotti dal giornalista Carlo Dignola. Questo il calendario:
- giovedì 6 marzo, h. 18: Dario Voltolini, Invernale,
- giovedì 13 marzo, h. 18: Bruno Pischedda, Muster. Una giovinezza fantastica,
- giovedì 20 marzo, h. 18: Ade Zeno, I Santi Mostri,
- giovedì 27 marzo, h.18: Antonella Moscati, Patologie,
- giovedì 3 aprile, h. 18: Pietro Nicolaucich, Lagunalabirinto.
Tutti gli eventi sono a ingresso libero senza prenotazione. Per ogni aggiornamento si raccomanda di seguire il sito istituzionale del Premio, www.premiobg.it, e le pagine facebook e instagram.