Il romanzo accademico o campus novel è ambientato, secondo prospettive e punti di vista differenti, all’interno dell’università, oppure narra le vicende di persone che vi lavorano, per le quali tale professione si rivela fondamentale. Nel contesto anglofono, in cui il campus novel si è sviluppato e diffuso maggiormente, prima di assumere negli anni Settanta i toni da commedia delle opere di David Lodge, a fare scuola sono stati romanzi fermamente incentrati sulla rappresentazione delle dinamiche interne al contesto universitario, come The Groves of Academe della statunitense Mary McCarthy o The Masters dell’inglese C.P. Snow, pubblicati quasi in contemporanea nel 1951, o ancora Lucky Jim di Kingsley Amis e Pnin (1957) di Vladimir Nabokov, più che gli esperimenti in salsa fantascientifica della trilogia sul filologo Elwin Ransom scritta da C.S. Lewis tra il 1938 e il 1945.
Le narrazioni accademiche in Italia sono state, fin dai primi esempi rilevanti e nonostante testi più complessi come Il ponte dell’accademia (1968) di Pier Maria Pasinetti o La scomparsa di Majorana (1975) di Leonardo Sciascia, saldamente connesse alle diverse forme del realismo. E tali sono rimaste anche nel periodo di maggior sviluppo del genere, avvenuto tra gli anni Novanta, con opere auto-finzionali come la trilogia Il dio impossibile (1994-2006) di Walter Siti, e i primi anni Dieci, come declinazione delle narrazioni sul lavoro e sul precariato.
Certo, già le tre opere di ambientazione accademica di Vincenzo Latronico presentavano tutte, con diversa intensità, l’uso di espedienti appartenenti alla tradizione fantastica: La cospirazione delle colombe, pubblicato per la prima volta nel 2011, ambientato tra la Bocconi e la Statale di Milano, proiettava i protagonisti nel futuro prossimo del 2015, mentre in Due o tre o cose che ho da dirti sul mondo – racconto pubblicato nel 2009 nell’antologia di Agenzia X Voi non ci sarete e ricco di suggestioni poi confluite nel romanzo – si narrano gli infruttuosi tentativi di diversi scienziati e ricercatori per risolvere una pandemia di natura virale. Nel pamphlet narrativo La mentalità dell’alveare, uscito in risposta agli esiti delle elezioni amministrative del 2013 – pubblicato in una nuova versione nel 2023 – Latronico esplorava invece in chiave distopica e ucronica le possibili conseguenze di una democrazia diretta realizzata via web. Al netto di queste eccezioni, quando si coniugava alla letteratura di genere, la versione italofona del campus novel si legava più spesso al giallo, a partire da Morte a Palermo di Silvana La Spina (1987), guadagnandosi un posto nel catalogo Sellerio con I delitti di via Medina-Sidonia (1996) di Santo Piazzese e con La morra cinese (2023) di Marco Malvaldi.
Proprio nella linea del giallo vanno ricercate le prime interazioni, se non già propriamente fantastiche, almeno vicine al connubio col weird emerso – ed esploso – in tempi più recenti. Al 1996 risalgono sia Lo zoologo, un racconto pubblicato da Ammaniti nella raccolta Fango, in cui un giovane studente ucciso da tre naziskin risorge come zombie per concludere il percorso di studi e iniziare una promettente carriera accademica, sia Alonso e i visionari, la cui atmosfera onirica offre ad Anna Maria Ortese la possibilità di trattare con distacco la stagione degli anni di piombo e di dipingere con dei tratti quasi esoterici tanto l’ambiente accademico quanto quello politico, con un’intuizione destinata a farsi ricorrente nella produzione degli ultimi anni.
Anche in Ufo 78 (2022) dei Wu Ming e in La ricreazione è finita (2023) di Dario Ferrari, infatti, la descrizione dei movimenti di sinistra come spazi dominati da personaggi carismatici e incentrati su gerarchie fondate su misteri e prove iniziatiche risulta tra i motivi fondamentali. Ferrari peraltro innesta nella sua trama realistica più di un elemento del romanzo gotico e della storia di fantasmi, come farà anche Enrico Terrinoni nel suo romanzo su Joyce e sul dispatrio A Beautiful Nothing (2024).
È però Marco Malvestio, sempre nel 2024, a portare a compimento il dialogo con il New Weird e con la diffusione della subcultura della Dark Academia, a sua volta collegata al ritorno in auge di The Secret History (1992) di Donna Tartt, tradotto in italiano da Idolina Landolfi. In La scrittrice nel buio, due giovani dottorandi si contendono una ricerca che promette inediti risvolti sulla tormentata relazione tra Vittorio Ferretti e Maria Zanca – scrittori di invenzione che avrebbero frequentato i circoli intellettuali romani degli anni Sessanta e Settanta insieme a Ortese, Morante e Moravia – per trovarsi coinvolti in un movimento che aumenta rapidamente l’intensità della suspense e la frequenza di elementi del gotico e del fantastico, fino ad assumere una forma dichiaratamente horror nella conclusione.
Ma di esempi in questo senso potrebbero essercene molti: da La finta di Martino Marazzi (2015), che già spostava oltreoceano il lato weird della narrazione accademica italiana, al racconto Quel luogo da cui tutte tornano (2024) nella raccolta Il diario delle mie sparizioni di Daniele Comberiati, anche la diaspora intellettuale viene raccontata attraverso la specula del fantastico, che ben si presta a descrivere le trasformazioni della migrazione. Nella Bologna del racconto I giorni del vuoto (2024) di Silvia Tebaldi, addirittura, dell’università non sembra rimanere altro che qualche ricordo riaffiorato nella mente dell’ex ricercatore di fisica protagonista.
Diventa a questo punto interessante ragionare sui possibili motivi per i quali un paradigma essenzialmente realista – almeno nel contesto italiano – mostri negli ultimi anni evidenti tendenze verso le narrazioni fantastiche. Tra l’altro, il romanzo accademico non è che un caso di studio specifico all’interno del quale sono presenti tendenze riscontrabili altrove. Pensando alla produzione italiana ipercontemporanea, non può passare inosservato il lavoro critico e creativo che autori come Vanni Santoni, Francesco d’Isa ed Elena Giorgiana Mirabelli – per non citarne che alcuni – stanno portando avanti da vari campi, come la collana “Romanzi” di Tunué e la nuova direzione del Saggiatore a cura di Andrea Gentile. Gli autori parlano di “New Italian Weird” o “Novo Sconcertante Italico”; probabilmente è proprio la nozione di weird, qui impiegata in una funzione innovativa, ad attirare la nostra attenzione per le possibilità di impiego all’interno del campus novel contemporaneo.
Una prima influenza può essere ritrovata nei modelli stranieri che soggiacciono al corpus in questione: senza scomodare la definizione commerciale e inesatta del “realismo magico”, è innegabile notare l’impatto di un autore come l’argentino Ricardo Piglia, capace di far entrare il fantastico all’interno della struttura del romanzo poliziesco in El camino de Ida (2013, ma la traduzione italiana di Nicola Jacchia è del 2017, con il titolo Solo per Ida Brown). Il romanzo, così come alcune narrazioni di Roberto Bolaño, anticipa tra l’altro diversi elementi del campus novel italiano attuale, come la rappresentazione del patriarcato, le strutture di potere anchilosate, l’emigrazione intellettuale, il punto di vista marginale. Gli altri due grandi modelli di riferimento – quello di area francofona e di area anglofona – emergono nell’impiego del “meraviglioso” e nei riferimenti impliciti alla Gothic fiction contemporanea, a partire dalle narrazioni di Bret Easton Ellis di fine anni Ottanta per giungere ad autrici più recenti e dalla produzione varia come Helen Oyeyemi e Kate Morton.
Da una prospettiva critica, invece, il fulcro del nuovo interesse verso il weird si deve in larga parte a Mark Fisher e alla sua particolare ricezione in Italia. Fisher agisce sulle nuove formulazioni del romanzo accademico italiano attraverso due movimenti diversi, che si sovrappongono per cercare di fornire originali forme letterarie a quella che rimane, in fondo, una specifica contraddizione del capitalismo: le università come fabbriche (è proprio il caso di dirlo) del sapere che si propongono nella maggior parte dei casi non come luoghi di ricerca e riflessione critica sulla società, ma come templi in cui le strutture di potere non solo si riproducono, ma vengono intellettualmente giustificate e “naturalizzate”. Fisher opera attraverso due movimenti, si diceva: il primo, più ovvio, è rappresentato dal saggio The weird e the eerie. Lo strano e l’inquietante nel mondo contemporaneo, uscito in traduzione italiana, a cura di Vincenzo Perna, nel 2018, due anni dopo l’edizione originale. Fisher ripensa alla funzione di weird e eerie, dando alle due nozioni un senso prettamente politico di destrutturazione e ricostruzione del reale, che ci allontana definitivamente da una visione del fantastico come isolamento e fuga dalla realtà. L’inquietante diventa al contrario – come è visibile in molte delle narrazioni più recenti del campus novel italiano – il grimaldello attraverso il quale scandagliare questa realtà e provare a rinarrarla. Il secondo movimento riguarda la sua analisi lucida delle contraddizioni tardo- e post-capitaliste dell’università, presenti soprattutto in Spettri della mia vita (traduzione di Perna del 2019) e Desiderio postcapitalista. Le ultime lezioni (traduzione di Perna del 2022). Fisher destruttura il mondo accademico da una posizione interessante proprio perché ambigua: né totalmente al di fuori (insegna in un college e Le ultime lezioni sono la trascrizione e gli appunti di un corso tenuto alla Goldmiths University di Londra), né totalmente interna, visto che non è strutturato. Una posizione “di mezzo” non di rado presente nelle narrazioni accademiche più recenti, che non possono essere semplicemente catalogate in testi interni o esterni all’università, ma mostrano le sfumature, le porosità e i diversi gradi di potere che l’accademia costruisce, fornendo però anche punti di vista nuovi e meno scontati.
Un fantastico che quindi si innesta nella realtà, seguendo l’esempio di Fisher e che al tempo stesso diventa la lente d’ingrandimento più efficace per comprenderla, questa realtà, mostrandone l’illogicità, la costruzione artificiale e non naturale, le forzature attraverso le quali è stata costruita e rappresentata. Proprio come conseguenza di questi due movimenti, è possibile osservare come la consacrazione delle poetiche realistiche che avevano animato la letteratura dagli anni Novanta in poi, mostri un parziale esaurimento o lasci comunque spazio ad altre tipologie narrative.
Se in La ricreazione è finita Ferrari risulta particolarmente attento a riprodurre le gerarchie e l’organizzazione del lavoro interne dell’istituzione universitaria, in una Pisa già presente in molte delle opere citate e con una trama che confronta il presente con gli anni di piombo – rifacendosi così a un’altra tradizione letteraria recente, per cui vale la pena citare almeno La seduta spiritica (2021) di Antonio Iovane –, Malvestio, pur non trascurando gli aspetti più “impegnati” della storia raccontata, si limita a evocare l’atmosfera di aule e studi dei docenti e dei circoli intellettuali per esacerbarne, nel lessico e nella struttura narrativa, i tratti più inquietanti. La storia di una relazione abusante non culminata in un femminicidio solo in virtù di un espediente magico appare come una risposta decisa alla precisione con cui Ferrari riannoda i fili della storia interna ed esterna a La ricreazione.
In tal senso, anche l’esoterismo e il rapporto mistico con la letteratura al centro delle peregrinazioni dell’anonimo protagonista di Terrinoni, possono essere letti come un controcanto straniante alle lucide riflessioni sull’espatrio al tempo della Brexit affidate da Cecilia Ghidotti alla forma auto-finzionale di Il pieno di felicità (2019).
Non deve insomma stupire se il successo – non solo letterario – che ha consacrato con L’amica geniale (2011-2014) un immaginario di tradizione neorealista sia controbilanciato anche da un’apertura all’esplorazione di altri modi per raccontare l’accademia, alcuni dei quali ispirati non solo da modelli stranieri, ma anche da specifiche tradizioni italiane, come il gotico meridionale, il fantastico degli anni Sessanta, le produzioni fantascientifiche più recenti. Quel che appare certo, è che un insieme di fattori – la circolazione delle idee di Fisher, alcuni testi ispanofoni, francofoni e anglofoni, l’esigenza per alcuni autori di andare “oltre” la realtà – ha trasformato la narrazione accademica, prettamente realista, in un oggetto letterario più complesso, che, pur partendo da un’aderenza alla realtà, mostra sempre più spesso la tendenza e la necessità, per meglio descriverla, di rappresentarla in chiave weird.
Loris Magro e Daniele Comberiati